Maria Helena Vieira da Silva

Maria Helena Vieira da Silva alla Collezione Peggy Guggenheim di Venezia

Visitabile fino al 15 settembre 2025, la mostra è dedicata a una delle voci più originali dell’arte del XX secolo

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Sono circa settanta le opere che raccontano la carriera di Maria Helena Vieira da Silva, provenienti da prestigiose realtà museali internazionali, tra cui il Centre Georges Pompidou di Parigi, il Guggenheim di New York, la Tate Modern di Londra e da gallerie altrettanto importanti. Una narrazione che va dagli anni Trenta agli anni Ottanta, arco temporale in cui l’artista sperimenta con forme astratte e illusioni ottiche, mantenendo però un dialogo continuo fra astrazione e figurazione negli spazi architettonici che da Silva crea offuscando la distinzione tra paesaggi urbani reali e immaginari.

Curata da Flavia Frigeri, storica dell’arte e curatrice presso la National Portrait Gallery di Londra, dopo Venezia, l’esposizione si sposterà al Museo Guggenheim di Bilbao, dal 17 ottobre 2025 al 22 febbraio 2026. 

Maria Helena Vieira da Silva
Maria Helena Vieira da Silva, Autoritratto (1930), Comité Arpad Szenes – Vieira da Silva, Parigi
Fonte: finestresullarte.info

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Nata a Lisbona, Maria Helena Vieira da Silva entra in contatto con l’arte, il teatro e la musica in giovane età. Studia pittura e disegno all’Escola de Belas Artes di Lisbona e nel 1928 si trasferisce a Parigi per continuare i suoi studi artistici, città in cui incontra il pittore ungherese Arpad Szenes, suo futuro marito.

Le sue opere, astratte e complesse, vanno oltre i movimenti d’avanguardia dell’epoca, come il Cubismo e il Futurismo. Il suo lavoro è inoltre indipendente dal movimento Informale e, piuttosto, sono da ritenere fondamentali le sue esperienze fra Parigi e Rio de Janeiro, città in cui si rifugia con il marito durante la seconda guerra mondiale. Le sue tele sono tappezzate da strutture labirintiche, ritmi cromatici e prospettive frammentate, che creano movimento, dinamismo e raccontano un mondo in continua trasformazione. Ed è proprio in queste composizioni che emerge l’interesse per l’architettura: in opere come La camera piastrellata (1935) e Figura di balletto (1948), la distinzione fra figura e sfondo non è chiara, ma è proprio questo che dà vita a una visione personale dello spazio.

Maria Helena Vieira da Silva
Maria Helena Vieira da Silva, Figura di balletto (1948), Galerie Jeanne Bucher Jaeger, Parigi-Lisbona
Fonte: finestresullarte.info

Il percorso espositivo

Ad aprire il percorso è una sezione dedicata al legame tra l’artista e il marito, un legame anche artistico raccontato attraverso una serie di ritratti reciproci. Si prosegue poi con il tema dello studio-atelier, ritenuto non solo un luogo di lavoro, ma anche di riflessione sullo spazio. Protagonisti della terza sala sono invece ballerini, giocatori di scacchi e di carte, in cui il gioco diventa metafora dell’esistenza, di azione e reazione

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Maria Helena Vieira da Silva
Maria Helena Vieira da Silva e Arpad Szenes nel loro studio (1937), Parigi
Fonte: finestesullarte.info

La parte centrale della mostra è rappresentata dalla sezione dedicata al periodo vissuto in esilio in Brasile in cui, nonostante la lontananza dal secondo conflitto mondiale, l’artista vive comunque la guerra con tensione e dolore. Questo inevitabilmente segna le sue opere, ed è proprio in questi anni periodo che dà vita a raffigurazioni fortemente angoscianti di questa tragedia, come Il disastro (1942) e Sul tema del “Disastro” (1946).

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Il ritorno a Parigi, nel 1947, segna una svolta importante nel percorso artistico di Vieira da Silva. Da questo momento in poi, la sua ricerca si concentra su un linguaggio astratto sempre più articolato, dominato da forme labirintiche e strutture complesse. Inoltre, lo sguardo dell’artista si apre progressivamente al paesaggio urbano, reale e immaginato, dove l’atmosfera dei luoghi assume un ruolo centrale, superando la necessità di una rappresentazione fedele. Così, nel corso degli anni, l’architettura pubblica emerge come uno dei temi ricorrenti, assumendo un peso sempre maggiore nella composizione delle sue tele. A chiudere il percorso sono i dipinti degli anni Sessanta, contraddistinti da una tavolozza cromatica più scura, per poi approdare nell’ultima sala, interamente dedicata alle Composizioni bianche.

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Immagine in evidenza: Maria Helena Vieira da Silva, La Scala o gli occhi (1937), Galerie Jeanne Bucher Jaeger, Parigi-Lisbona  

Dorasia Ippolito

Curiosa, iperattiva e appassionata d'arte, classe 2002, studentessa fuorisede di scenografia all'Accademia di Belle Arti di Venezia giornalmente tormentata dalla domanda "ma sei pugliese?".

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