L’arte è un potente strumento di denuncia, un mezzo attraverso cui esprimere il proprio dissenso e commemorare i sacrifici fatti in nome della libertà.
Renato Guttuso ha da sempre preso a cuore queste dinamiche: nel 1937 realizza Fucilazione in campagna e in seguito porta avanti una serie di lavori che rappresentano massacri violenti, come La fucilazione di patrioti (di cui ha realizzato due versioni, una nel 1944 e una del 1945) e La fucilazione di partigiani del 1952.
Questo impegno di Renato Guttuso riflette il suo costante uso dell’arte come strumento di protesta contro le ingiustizie sociali e politiche. In Fucilazione in campagna, ad esempio, l’artista denuncia i crimini del regime franchista durante la Guerra Civile Spagnola, un conflitto che ha visto l’imposizione di un regime autoritario sotto la guida di Francisco Franco e numerose atrocità verso gli oppositori politici.
L’opera è spesso interpretata come un riferimento alla fucilazione del poeta, drammaturgo e regista spagnolo Federico García Lorca, avvenuta il 19 agosto 1936 nei pressi di Víznar, in Andalusia. Nonostante Renato Guttuso non rappresenti in modo esplicito Lorca, il dipinto denuncia simbolicamente la violenza del regime franchista e più in generale, gli orrori della repressione politica. Quindi la scelta di evocare questo episodio non è casuale: figura che ha segnato il Novecento, Federico García Lorca, è difatti un simbolo delle vittime della dittatura e la sua morte rappresenta il sacrificio della libertà di espressione sotto regimi autoritari.

Importante è inoltre il richiamo dell’opera di Renato Guttuso al dipinto di Francisco Goya, Il 3 maggio 1808, un capolavoro che da secoli rappresenta senza censure la crudezza delle esecuzioni e l’orrore della guerra. Quest’ultima, realizzata nel 1814, racconta l’eccidio dei patrioti spagnoli per mano delle truppe napoleoniche, un episodio simbolo della repressione francese durante la Guerra d’Indipendenza Spagnola. Il dipinto di Francisco Goya, infatti, già di per sé simbolo di resistenza, rappresenta in maniera cruda e senza filtri l’atrocità delle esecuzioni. Renato Guttuso riprende così questi principi non solo stilisticamente, ma anche ideologicamente. La sua opera, come quella di Francisco Goya, non si limita a rappresentare la violenza ma mira a turbare lo spettatore coinvolgendolo emotivamente e rendendolo testimone di una tragedia.

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A rendere l’opera ancora più intensa è sicuramente l’uso dei colori a cui si aggiungono altri elementi come il contrasto tra luce-ombra. Di forte impatto è il modo in cui vengono rappresentate le vittime, i cui volti sono pieni di terrore e rassegnazione, caratterizzati da un realismo drammatico. Interessante è inoltre come Renato Guttuso abbia utilizzato le numerose sfumature del colore rosso, da tonalità più chiare a quelle più intense. In questo scenario emerge il protagonista, il poeta Federico García Lorca, segnato dalla consapevolezza della sua fine imminente.
Ad accomunare i due artisti è dunque l’intenzione di voler trasformare la pittura in una forma di resistenza: essi vogliono che l’arte sia un atto di denuncia, un invito a non dimenticare gli orrori della storia, un mezzo utile a riconoscere le ingiustizie del passato per potersi difendere nel presente. Ogni pennellata di Fucilazione in campagna, quindi, diventa portatrice di un messaggio che va oltre la semplice rappresentazione visiva, perché l’opera in questo modo è un vero e proprio manifesto politico e morale. Attraverso questo dipinto, l’artista vuole mettere in guardia contro tutte le forme di tirannia e violenza, invitando lo spettatore a riflettere su un qualcosa di fragile e prezioso: la libertà.
Guardando quest’opera, è inevitabile riflettere non solo su un evento del passato, ma anche sulle ingiustizie del presente, proprio come accadde a Renato Guttuso di fronte alla tela di Francisco Goya realizzata più di cento anni prima.
immagine in evidenza: Renato Guttuso, “Fucilazione in campagna”, 1938, olio su tela (Galleria Nazionale d’Arte moderna di Roma)

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