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Marx e Foucault: convergenze parallele

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È opinione comune in ambito filosofico che il grande filosofo Michel Foucault sia un antimarxista convinto e che tutto il suo pensiero sia volto a contrastare quello di Karl Marx, per trovare una soluzione che ne rappresenti una valida alternativa. I paladini di questa tesi riportano come esempio lampante l’affermazione foucaultiana presente nel testo Le parole e le cose che recita: «il marxismo è nel pensiero del XIX secolo come un pesce nell’acqua: cioè fuori di lì cessa ovunque di respirare». In parole povere l’idea che passa da questa affermazione è che per Foucault il pensiero marxista non abbia rappresentato in alcun modo una grande rottura epistemica. Tuttavia affrontando contemporaneamente questi due autori ci si può rendere conto di come il filosofo francese si inserisca in realtà all’interno di un orizzonte profondamente marxiano, fin dall’uso di certe terminologie.

È innegabile che in entrambi i casi ci troviamo all’interno di una filosofia pratica, che vuole operare sulla filosofia stessa prima e sul mondo poi ai fini di una trasformazione. Le Tesi su Feuerbach (un commento in undici punti al pensiero di Ludwig Feuerbach) e L’ideologia tedesca sono le opere di Marx che costituiscono il punto di svolta del suo lavoro – secondo la lettura data dal filosofo francese Louis Althusser –, poiché costituiscono il momento in cui il pensatore di Treviri afferma l’importanza di un’azione pratica sul mondo, che compia un balzo in avanti rispetto alla mera interpretazione teorica. L’undicesima delle Tesi su Feuerbach afferma infatti che «I filosofi hanno solo interpretato il mondo in modi diversi; si tratta però di mutarlo». Il sapere non deve e non può essere pura contemplazione, ma riflessione critica con effetti pratici, di scostamento rispetto alle pratiche abitudinarie già in atto.

Per comprendere meglio cosa intenda Marx bisogna partire dalla sua definizione di prassi: ciò che nel suo farsi dispone oggetti e soggetti in una certa maniera; non esiste un soggetto autonomo e sovrano che eserciti la sua azione su una realtà passiva, oggetto e soggetto si formano all’interno di una circolarità “co-istituente”, all’interno di pratiche. Allora la conoscenza è una delle tante pratiche che mettono in relazione, formandoli, oggetto e soggetto, ma il suo ruolo principale – se si vuole ottenere una trasformazione del mondo – deve essere quello demistificatorio. Per Marx ideologia è l’insieme delle nozioni, dei concetti culturali, dei miti e delle tradizioni appartenenti a una società: l’errore è considerarli innati, da sempre così e per sempre così quindi immodificabili, perché in realtà l’ideologia è sovrastruttura, derivata nel suo modo d’essere dalla struttura economica. È necessaria, dunque, una critica dell’ideologia, che mostri la provenienza di ogni concetto che abitualmente si ritiene innato e originario, cui segue altrettanto necessariamente una critica dell’economia politica, che mostri le contraddizioni intrinseche alla società capitalistica. Già il solo mostrare le contraddizioni permette di farle esplodere, dando la prima spinta rivoluzionaria.

Le considerazioni svolte finora sono in piena armonia con il pensiero foucaultiano. A mio modo di vedere, infatti, un’affermazione come «il sapere non è fatto per comprendere ma è fatto per prendere posizione», detta da Foucault in un’intervista – dal significativo titolo Metodologia della conoscenza: come sbarazzarsi del marxismo -, può essere considerata una libera traduzione dell’undicesima tesi di Marx. Il filosofo francese, senza ombra di dubbio, critica i filosofi marxisti, ma per un motivo ben preciso: hanno tradito l’intenzione critica originaria del pensiero del maestro, cristallizzandolo in una tradizione teorica sistematizzante, senza alcuno sbocco pratico effettivo. Il metodo critico di Foucault deriva proprio dal metodo di critica dell’ideologia di Marx; l’obiettivo critico è il medesimo: la società capitalistica normalizzante e assoggettante; quello pratico è sempre di ottenere rivolgimenti nella società, di disassoggettarsi dal tipo di soggettività imposto dal “governo dell’individualizzazione” per risoggettivarsi resistendo e superando la società capitalistica.

Entrambi scrivono opere filosofiche al fine di ottenere effetti di scostamento nella prassi. Entrambi intendono la propria vita come testimonianza filosofica, combattendo in prima persona le battaglia in cui credono. Dunque Foucault non è marxista, ma è senza dubbio marxiano.

 

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Giovanna Dri

25 Anni. Bergamo. Laureata in Scienze Filosofiche in Statale a Milano. Insegnante di Filosofia e Storia.

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