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Il rinascimento eccentrico di Matteo da Gualdo

Un artista oggi poco noto, ma che è stato molto importante per il suo tempo

3 minuti di lettura

Si è soliti parlare di pittori famosi e delle loro tele ormai “mainstream”. I meno conosciuti hanno la fortuna di essere scoperti solo dagli studiosi d’arte. Per questo oggi vi parliamo di un artista poco noto, ma molto importante nel suo periodo storico: Matteo di Pietro, conosciuto anche come Matteo da Gualdo. 

Chi era Matteo da Gualdo?

Nato verosimilmente a Gualdo Tadino tra il 1430 e il 1435, Matteo si avvia allo studio del diritto, essendo il figlio di un notaio. Nel 23 maggio 1463 un tal Pietro di Angelello promette la propria figlia al pittore, accordandole la cospicua cifra di quattrocento fiorini. Alla fine Matteo sposa Margherita del castello di Crocicchio con la quale ha tre figli maschi, Michelangelo, Girolamo e Francesco, e una femmina, Antonina. Sia Girolamo che Francesco sono causa di continue preoccupazioni per Matteo. Girolamo è rissoso e violento anche con il padre. Francesco, detto il Piaggiola, ha una vita tragica, commette due omicidi e viene a sua volta ucciso. 

Nella vita di Matteo non mancano inoltre importanti incarichi istituzionali. Nel 1471 ottiene dei riconoscimenti dal Priore di Assisi per aver realizzato importanti opere pittoriche in quel comune. I Rettori delle Arti di Gualdo, nel 1484, per conto del Comune, donano a Matteo alcuni beni tra cui i possedimenti della Parrocchia di Caprara. Nel giugno del 1455 figura fra i Rettori delle Arti del Comune di Gualdo, successivamente tra i Priori del Comune.

Nell’ultima parte della sua vita la salute è un po’ provata ed è per questo che detta un testamento. Esprime di essere seppellito nella locale chiesa di San Francesco, con indosso un saio francescano e di essere trasportato dagli Eremiti Terziari di quest’Ordine. Matteo da Gualdo muore il 21 gennaio del 1507.

Analisi dell’opera «Madonna in trono col bambino»

Il dipinto Madonna in trono col bambino e angeli fra i santi Francesco e Bernardino, Margherita e Caterina d’Alessandria di Matteo da Gualdo è stato consegnato alle monache del convento di Santa Margherita di Gualdo Tadino il 28 aprile 1462. Quando dipinge questa tavola, l’artista è molto giovane ma l’incisiva cura nella resa dei particolari fa ammirare l’opera come il suo capolavoro. La pala non è un trittico, ma uno pseudo-trittico. Il ritmo è impeccabile nella distribuzione delle figure come degli elementi architettonici e ornamentali. Inoltre, possiamo notare nel cartiglio in basso al centro la firma di Matteo; incisi a sinistra e a destra la data. 

Gli studiosi di Matteo ritengono di individuare nell’opera l’influsso di molti artisti del suo tempo: il folignate Bartolomeo di Tommaso; Girolamo di Giovanni da Camerino; i senesi Giovanni di Paolo e Sano di Pietro, ed anche suggestioni “padovane”. Successivamente si è proposto di riconoscere una ripresa, soprattutto nel trono, dei motivi veneziani. Questo ci dimostra come l’artista, fin dalla prima fase della sua attività, ha una vorace curiosità nei confronti di ogni “novità”. Inoltre possiamo notare che anche Matteo da Gualdo è influenzato dal gusto Tardo Gotico, per questo troviamo i fondi dei dipinti su tavola eseguiti a foglia d’oro, come in questo caso.

Matteo da Gualdo, Madonna in trono col bambino e angeli fra i santi Francesco e Bernardino, Margherita e Caterina d’Alessandria, 1462, Museo Civico Rocca Flea, Gualdo Tadino (PG)
Matteo da Gualdo, Madonna in trono col bambino e angeli fra i santi Francesco e Bernardino, Margherita e Caterina d’Alessandria, 1462, Museo Civico Rocca Flea, Gualdo Tadino (PG)

Nell’estrema sinistra della tavola troviamo San Francesco e San Bernardino, riconoscibili perché indossano il saio e il tipico cordone a tre nodi che si riferisce ai tre voti: Castità, Povertà e Umiltà. Inoltre, San Francesco ha una piccola croce e un libro. 

La Madonna al centro reca sull’orlo della veste di broccato rosso l’iscrizione in latino «Maria Gratia piena Dominus tecum»; che significa: «Maria piena di Grazia, il Signore è con te». Il manto azzurro è decorato con mazzetti di fiordaliso e minuscoli «Ave», che significa «salve», sormontanti da una coroncina. La Vergine ha un aspetto elegante e raffinato. Come una dama quattrocentesca, sfoggia una preziosa ed elaborata acconciatura con veli di seta e nastri di raso. 

Il Bambino si volge verso le due sante reggendo nella mano sinistra una melagrana, allusione alla resurrezione, castità della Vergine e fertilità. Una coroncina di rose rosse e bianche gli cinge il capo, allude alla passione che egli dovrà subire. Dal collo gli pende una collana con perle e un rametto di corallo, che veniva donato come gesto augurale. Essendo un’immagine destinata ad un convento femminile, Gesù non è ignudo o appena ricoperto da un velo, bensì interamente rivestito da una tunichetta gialla, con le gambe avvolte in un panno rosso. Due angeli sono inginocchiati sui braccioli del trono. 

Nella sommità del trono c’è un tempietto, popolato da angeli variopinti. Nelle due piccole lunette laterali troviamo i busti di San Bonaventura e San Ludovico da Tolosa. La parte destra della pala è occupata da Santa Caterina, che regge un libro e un frammento della ruota del supplizio, con l’iscrizione «Caterina V», ricamata sullo scollo della veste. Dietro si trova Santa Margherita a mani giunte e ai suoi piedi si accartoccia un drago. Anche le due Sante, come la Vergine, sfoggiano preziose ed elaborate acconciature. 

Pur essendo considerato un pittore eccentrico, Matteo da Gualdo in quest’opera mette in risalto i vivaci accostamenti cromatici e i molteplici dettagli che la rendono unica. 

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Elisa Onori

Nata a Foligno nel 1998, studentessa di Storia dell’Arte con il desiderio di far avvicinare più persone possibili in questo mondo così unico. Nei momenti liberi, le piace rifugiarsi nel cinema d’autore e nei grandi classici della letteratura.

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