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Maurizio Sarri vs Max Allegri: due modi opposti di intendere il calcio

Maurizio Sarri e Massimiliano Allegri; riflessività e genio; tecnica e improvvisazione; le polarità che stanno oggi facendo la storia del calcio italiano

11 minuti di lettura

16 novembre 2003

San Giovanni Valdarno, provincia di Arezzo, paese di poco più di 17mila abitanti. È il 16 novembre 2003 e, sul campo di calcio della squadra locale, la Sangiovannese, si gioca una partita come tante. È un’epoca molto florida per il nostro calcio: da pochi mesi si è giocata la prima e unica finale di Champions League tutta italiana e il 2006 (mondiali e Calciopoli) è ancora molto lontano. Però questa è la serie C-2, non ci sono grandi stipendi, giornalisti al seguito e nemmeno un grosso benessere.  È autunno inoltrato, lungo le rive dell’Arno fa abbastanza freddo e infatti si contano un migliaio di spettatori, nonostante la Sangiovannese sia in testa alla classifica e abbia come obiettivo la promozione. Sulla sua strada incontra una squadra della provincia di Pistoia, l’Aglianese.  È una sfida tutta toscana non soltanto in campo, ma anche in panchina. Infatti questa partita viene ricordata unicamente per i due allenatori che sbuffano e si dimenano a bordo campo, all’interno di uno stadio mezzo vuoto e gelido. Quel 16 novembre del 2003 si scontrano per la prima volta Maurizio Sarri e Massimiliano Allegri.

Maurizio Sarri
La curva della Sangiovannese.
www.valdarnopost.it

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Maurizio Sarri, ex impiegato

Maurizio Sarri è una mosca bianca nel mondo del calcio. Per una serie infinita di motivazioni, dalle idee calcistiche, agli atteggiamenti, fino ad arrivare alla sua affascinante storia personale. Sarri nasce casualmente a Napoli, città che tornerà prepotentemente d’attualità qualche decennio dopo, ma dopo pochi anni si trasferisce in Toscana, precisamente nella provincia di Arezzo, terra natale della famiglia. Dichiarerà in seguito di aver sempre tifato Napoli, nonostante la cadenza toscana lo accompagni fin dai primi anni di vita. Si sa molto poco della sua esistenza precedente. Non è un gran calciatore, eppure la passione per il gioco più bello del mondo non va scemando con gli anni.

È nel 1990, l’anno dei mondiali in casa nostra, che Sarri comincia ad allenare squadre dilettantesche (parte dalla Seconda categoria) vicino a casa. Gli allenamenti serali non gli impediscono di lavorare, nelle ore diurne, in banca, precisamente alla Banca Toscana. Impara il lavoro da scrivania, gli orari metodici, le trasferte in terra straniera; oltretutto ha un’ottima conoscenza di economia e statistica. Tutte queste informazioni gli saranno utili nella seconda pagina della sua vita, probabilmente la più importante. Siamo nel 1999, alla fine del secolo il dirigente della Banca Toscana prende una decisione drastica, sofferta, ma inevitabile. Lascia il lavoro in banca, più sicuro e redditizio e si lancia all’avventura, dedicandosi esclusivamente alla carriera da allenatore. Comincia nel Togoleto e nell’estate del 2015 ritorna a Napoli, in un circolo nietzscheano, costellato da vittorie, sconfitte, esoneri, numerosissime squadre di provincia e tante, tantissime sigarette.

Maurizio Sarri
Maurizio Sarri ad Arezzo.
www.corrierearezzo.corr.it

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Max Allegri, ex calciatore

«Allegri vuole davvero diventare un allenatore?» Questa frase è probabile che non l’abbia detta mai nessuno, ma sicuramente in tanti, amici ed ex compagni, l’avranno pensata. Massimiliano Allegri ha un passato da calciatore discreto, ha alternato buone stagioni ad altre mediocri sui campi prevalentemente di serie B e di A. È ricordato specialmente per il periodo di Pescara nei primi anni ’90: centra una promozione e l’anno successivo, in serie A, segna addirittura 12 goal, cifra eccellente per un centrocampista offensivo come lui. Quell’annata che si conclude malamente (retrocessione) è fondamentale per la carriera del tecnico livornese perché in Abruzzo conosce Giovanni Galeone, allenatore eccentrico e innovatore. Allegri diventa un fedelissimo del mister, il quale si porta dietro Acciughina (questo il soprannome di Max) anche in successive esperienze non troppo fortunate, come Perugia e Napoli. Giovanni Galeone è l’unico a credere che questo esile centrocampista di Livorno, quartiere Coteo, possa fare carriera in panchina. Negli anni vissuti in campo, infatti, Max Allegri possiede caratteristiche quasi antitetiche rispetto a quelle del perfetto allenatore: è poco propenso al lavoro, abbastanza indisciplinato e manca di concretezza e praticità. «Un carattere un po’ scanzonato» disse di lui Italo Allodi, uno dei più grandi dirigenti della storia del calcio italiano. Eppure, nonostante queste premesse, l’Allegri allenatore sembra essere diventato l’opposto dell’Allegri calciatore.

Maurizio Sarri
Max Allegri con la maglia del Pescara.
www.wikipedia.it

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Due mondi opposti

La provenienza toscana è forse l’unica cosa che li accomuna, anche se è meglio fin da subito rimarcare la prima differenza. Uno è cittadino livornese di nascita, l’altro è, d’adozione, della provincia aretina. Uno si affaccia sul mar Tirreno, l’altro sul fiume Arno. Nella comunicazione i due allenatori appaiono due personaggi completamente diversi. Maurizio Sarri non ama le conferenze stampa, Max Allegri ci sguazza divertendosi; Sarri mostra una faccia cupa, riflessiva, a tratti anche arrabbiata e spesso e volentieri parla a braccio, Allegri ostenta sempre serenità, non risparmia la battuta e misura sempre quello che dice. Il look poi li differenzia enormemente. Il livornese è sempre impeccabile: giacca e cravatta non mancano mai, ogni tanto è costretto a lanciare il cappotto quando i suoi giocatori non mantengono la giusta concentrazione in campo. L’ex dirigente della Banca Toscana ha una idiosincrasia verso l’abito elegante, il cappotto lo utilizza solamente quando fa molto freddo e in panchina si presente sempre e rigorosamente in tuta, perché è molto più comoda, come dice lui, riprendendo l’ideologia dell’eccentrico tecnico argentino Marcelo Bielsa.

Soffermandoci sulle questioni di campo le differenze fra i due appaiono enormemente marcate. Si tratta di due universi calcistici totalmente agli antipodi. In una intervista di più di anno fa, Max Allegri usò queste parole: «Fanno tutti i professori, parlano di tattiche e schemi, ma la verità è che nel pallone non si inventa nulla dal ’92, dall’abolizione del passaggio indietro al portiere. Il resto sono puttanate».

Maurizio Sarri nei primi anni 2000 ebbe a disposizione nelle categorie inferiori Ciccio Baiano, il quale ebbe un ottima carriera in serie A. Racconta di Sarri che fosse un uomo estremamente maniacale, studiava di continuo e inventava schemi a ripetizione. Nella sua mente esistono 33 modi per battere un calcio d’angolo: uno di questi schemi venne chiamato Gennaro, in onore del papà di Ciccio Baiano. Maurizio Sarri prima crea il sistema e successivamente chiede ai giocatori di adeguarsi ad esso; Massimiliano Allegri prima conosce i giocatori che ha a disposizione e successivamente cerca di mettere questi nelle condizioni migliori per poter giocare. È una differenza filosofica di fondo. Non c’è un bene o una male, un meglio e un peggio, esiste solamente la voglia di arrivare alla Verità (nel calcio, la Vittoria) in modo diverso. Entrambi sono tecnici vincenti, guidano due squadre eccellenti, ma lo fanno a loro modo. Probabilmente Allegri avrebbe difficoltà ad allenare questo Napoli e portarlo alla vittoria, così come Sarri faticherebbe a imporre le sue idee e i suoi atteggiamenti in un ambiente come quello bianconero. Molto dipende anche dal carattere dei due personaggi. Sarri è rabbuiato, meticoloso, organizzato, mentre Max di dedica, per sua stessa ammissione, all’arte del “cazzeggio”, attraverso la quale spesso riesce ad avere intuizioni geniali per preparare al meglio le partite. Lo studio contro la genialità. Gli schemi provati e riprovati in allenamento contro l’idea per cui, i calciatori, debbano, da soli, trovare la soluzione di un problema all’interno del campo di gioco. Guidare i propri giocatori come un padre premuroso o responsabilizzarli fin da subito. Il lavoro meticoloso contro l’improvvisazione.

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Quando si affrontano due allenatori così bravi, spesso le partite non sono spettacolari. Come amava ripetere il barone Nils Liedholm, la partita perfetta finisce 0-0 perché nel calcio vince chi sbaglia meno. Già, il tanto bistrattato zero a zero. Lo stesso risultato di Sangiovannese – Aglianese, serie C-2, in un banale pomeriggio autunnale di quindici anni fa.

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Immagine in copertina: www.napolisport.net

Giacomo Van Westerhout

Classe 1992, possiedo una laurea magistrale in ambito umanistico. Maniaco di qualsiasi cosa graviti intorno allo sport e al calcio in particolare, nonostante da sportivo praticante abbia ottenuto sempre pessimi risultati. Ho un debole per i liquori all'anice mediterranei, passione che forse può fornire una spiegazione alle mie orribili prestazioni sportive.

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