Se pensiamo al disegno erotico italiano, un nome trionfa su tutti gli altri: quello di Milo Manara, da quarant’anni padre del fumetto italiano a sfondo sessuale. Milo (Maurilio) Manara nasce nel 1945 in provincia di Bolzano, frequenta il liceo artistico di Verona e si iscrive poi ad Architettura a Venezia, senza però completare gli studi. Ama la pittura, ma è un amore fatto di alti e bassi. Negli anni Sessanta cerca lavoro come fumettista a Milano, ma pochi editori sono propensi ad affidare grandi incarichi a un ragazzo privo di esperienza. Finalmente nel 1969, grazie alla spinta di un amico, Manara realizza il suo primo lavoro per l’editore Furio Viano: si tratta di un fumetto erotico-poliziesco, sulla scia di Diabolik, che fa parte della collana Genius. È il trampolino di lancio di cui aveva bisogno: poco dopo infatti, Renzo Barbieri, proprietario della casa editrice ErreGi (specializzata in fumetti erotici ma ormai in crisi), propone all’artista di collaborare. Da questo incontro nasce Jolanda de Almaviva (1970), una serie di fumetti erotici e d’avventura al tempo stesso, dove possiamo trovare pirati e filibustieri in compagnia di bellissime donne.
La via per il successo è ormai tracciata e Manara può spaziare tra generi diversi. Per esempio, collabora con il Corriere dei Ragazzi, per cui scrive dei fumetti di cronaca in cui attualità e storia si uniscono, e lavora poi con il giornalista Mino Milano a numerosi progetti di illustrazione. Non mancano poi la satira e l’impegno politico, per esempio con la rivista Telerompo, per cui dà vita all’opera Lo scimmiotto. Da qui in avanti, sono sempre più le collaborazioni con i grandi nomi, come Larousse, Mondadori, Pedro Almodòvar: ormai non solo l’Italia, ma l’Europa intera apprezza il talento di Manara, che crea nel frattempo opere sempre più personalizzate, calcando più o meno – a seconda della situazione – la tematica erotica che tanto lo ha reso celebre.
La trasgressività de «Il Gioco»
Nel 1982 Manara collabora con la rivista Playmen, che gli commissiona un fumetto erotico. Il disegnatore dà qui il meglio di sé, sfoggiando un erotismo privo di vincoli e assolutamente trasgressivo. Il risultato è Il Gioco, in cui Manara narra la storia di Claudia Cristiani, una ricca signora molto disinibita a causa di una scatola magica che libera gli impulsi sessuali della donna. L’opera non è però superficiale e – sia nel primo volume che nei tre successivi – è fortemente presente anche l’elemento di critica sociale e attualità. Manara viene quindi riconosciuto “ufficialmente” come fumettista erotico e maestro dell’eros quando, nel 1984, la casa editrice Nuova Frontiera pubblica tutti gli episodi usciti su Playmen e stampa Il Gioco in un volume per il grande pubblico, non solo italiano, ma anche straniero. La celebre ragazza chiamata Miele – uno dei personaggi più celebri di Manara e quella che forse meglio rappresenta il suo archetipo di bellezza – nasce solo nel 1986, sulla rivista Totem, dove viene pubblicato Il profumo dell’invisibile.
Milo Manara è un artista che ben segue il suo stile, ma che si evolve al tempo stesso a seconda delle necessità e delle tendenze dell’epoca. Per esempio, si adegua negli anni ai nuovi mezzi di comunicazione e nel 1996 viene realizzato il primo CD contente Gulliveriana, fumetto che si ispira al romanzo di Jonathan Swift, con le dovute variazioni erotiche. Nel 2000 un ulteriore sviluppo: Tre ragazze nella rete (acquista), dove viene trattato il tema delle chat erotiche. Inoltre, l’erotismo di Milo Manara cambia negli anni e acquisisce anche delle sfumature più oscure: il sesso non viene visto solo come piacere, ma anche come una forte violenza, come in Appuntamento Fatale, una storia dai toni cupi in cui le scene erotiche non sono piacevoli ma puntano a far riflettere il lettore su temi molto delicati. Nel 1999 Manara si occupa invece di un adattamento dell’Asino d’oro di Apuleio, basandosi non solo sull’erotismo sviluppato dall’autore latino, ma anche sulle novità visive introdotte da Federico Fellini nel suo Satyricon. Oltre ai grandi classici della letteratura, Manara ama anche riprodurre su carta avvenimenti o personaggi storici, come per esempio nell’opera I Borgia o nella più recente Caravaggio.
L’erotismo sereno di Milo Manara
Analizzando le opere di Manara in modo molto generale, possiamo dire che si tratta di un erotismo sereno, terapeutico e liberatorio, privo di censura e spontaneo. Come ricorda poi l’artista stesso, non ama mescolare Eros e Thanatos: non sente il bisogno di nobilitare con parti tragiche, complesse o inquietanti i suoi lavori; per lui l’erotismo è già di per sé un argomento ampio e di grande valore.
Ma cosa distingue Milo Manara da qualsiasi altro artista? Le donne di Manara sono sempre molto femminili, giovani, affascinanti e caratterizzate da elementi ricorrenti. Prima di tutto le labbra: piene, sporgenti, in carne, luminose, eppure mai eccessive, sempre naturali. Le bocche sono sempre socchiuse, in un’espressione di piacere e stupore insieme, di provocazione e (finta?) ingenuità. I capelli delle sue ragazze sono lunghi, spesso mossi, gonfi, in molti casi selvaggi. Le ciglia lunghe, in evidenza e ben curate, tipico segnale di femminilità. Non importa poi che le sue signore indossino gonne o pantaloni (spesso infatti non indossano nulla!), le donne di Milo sono sempre femminili ed eleganti. Raramente l’artista usa il vedo e non vedo: predilige di solito un vedo piuttosto diretto fatto di pantaloni calati, gonne (già di per sé corte) alzate dal vento, magliette scollate o giacche aperte. Le gambe disegnate dall’artista sono lunghe e affusolate, perfette, spesso messe in mostra nei modi più disparati. Raramente troviamo infatti mezzi busti: le gambe, per l’artista, sono un vero e proprio simbolo erotico. Lo stesso discorso vale per i lati B delle fanciulle: oltre a essere anatomicamente perfetti (sodi, tondi, ben visibili seppur non eccessivamente grossi), sono spesso al centro dell’intera vignetta e sottolineati da pose provocanti. D’altra parte, Manara cita tra i suoi modelli ispiratori Botticelli e Raffaello per quanto riguarda l’arte, Hugo Pratt per i fumetti, Federico Fellini per il cinema: maestri di perfezione che aiutano direttamente o indirettamente un nuovo grande maestro nella sua formazione.
Come scrive Vincenzo Mollica riguardo l’opera Il Gioco, ma catturando l’essenza di molti dei lavori di Milo Manara:
«è, insomma, un’operina consigliabile a tutti i moralisti che popolano la Terra: per far loro capire che esiste un modo divertente di trattare l’erotismo, al di là della noia e del cattivo gusto delle luci rosse».
O ancora:
«Nessuna parola riesce a spiegare la sua arte, per quanto ci possiamo provare noi cronisti impressionisti e impressionabili, siamo solo dei miserabili ai piedi dell’altare maggiore da cui partono lodi per la bellezza che lui, nel senso del disegnatore veronese, ha creato. Qualcuno prima o poi dovrà parlare della maternità di Manara, di come abbia fatto a partorire tante figlie splendenti in una sola vita, tanta grazia concentrata in un solo istante: l’attimo miracoloso della visione in cui la carne diventa fiaba. Ne ha seminate tante di figlie nel mondo Milo, ognuna di loro con la capacità unica di trasformare tutto quello che le circonda in cornice».
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