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multisala di franco126

Di Peroni, popcorn e silenzio in Multisala, con Franco126

6 minuti di lettura

Il 23 aprile 2021 è uscito Multisala di Franco126, nuovo disco da solista del cantautore romano per Bomba Dischi. Dieci canzoni che hanno tutto il retrogusto di una serata al cinema da soli, della scelta del film da guardare, delle Peroni comprate al discount e portate in sala di nascosto (lo abbiamo fatto tutti), e del profumo di popcorn, la tentazione più grande.

Fonte: profilo Instagram ufficiale di Franco126

Il tempo di Polaroid e delle canzoni con Carl Brave è finito da un pezzo. Per Franco126 è arrivato qualcosa di meglio e Multisala ne è la certezza. Eppure… non ha per niente l’aria di un disco che racconta le certezze della vita, semmai è una somma di dubbi sugli amori lasciati a metà, sul percorso di una vita che non era quella sognata da bambini però, tutto sommato, non è poi così male. Non c’è nessuna certezza, soltanto domande.

Le tracce di «Multisala» di Franco126

multisala di franco126

Che senso ha – C’è un motivo se, in questo momento, ci troviamo al cinema in completa solitudine. Nel caso di Franco 126, non sorprenderebbe vederlo tra le poltrone della sala con gli occhiali scuri, è Coez con i baffetti. E riflette sul senso. C’aveva già avvisati Vasco Rossi: «anche se questa vita un senso non ce l’ha!».

Blue jeans – «Una réclame che vola via.» Il film non è ancora iniziato che i ricordi si fanno vivi e, come quelle Polaroid del 2017, si lasciano sfogliare. Le mani sui blue jeans, «gli stessi blue jeans», e la certezza che, nel buio della sala, prima che il film cominci, forse tutto inizia a essere più chiaro. Feat. Calcutta, che la dice lunga.

Miopia – Le prime immagini del film fanno capire che non hai fatto esattamente la scelta giusta e la cosa, a tratti, fa quasi ridere. Ma non sorridere. Come tutte le scelte di dubbio gusto e le decisioni prese negli ultimi anni. Cosa dire… «può darsi che c’ho visto lungo o magari è solo miopia». O magari è arrivato il momento di abbassare gli occhiali scuri, no?

Simone – Quanto è fastidioso sentir suonare il telefono in sala? E se quel cellulare è proprio il tuo? A chiamare è Simone e questa canzone è un inno alla libertà e al prendere «la vita come viene». Anche detta: canzone per un amico. In fin dei conti, siamo tutti il Simone di qualcuno.

Vestito a fiori – è quella parte del film in cui non sembrano esserci soluzioni, tutto sta andando a rotoli come la vita che ci aspetta fuori da questo cinema Multisala. È il climax. Tutti i problemi sembrano acquistare lucidità, sarà la fase di accettazione o la sindrome del bambino che si nasconde sotto il lenzuolo che vorrebbe «solo sparire alla svelta».

Maledetto tempo – Dedicato, a quanto pare, a Francesco Totti e al suo addio. Un pezzo sulla paura di crescere e di diventare adulti, una sorta di bilancio degli anni passati, su quanto si è cambiati e, maledetto tempo, cazzo se non ritorneranno quegli anni. È iniziato il secondo tempo, il film va avanti e «sorrido in faccia alla malinconia».

Accidenti a te – La Peroni è finita proprio come i popcorn, restano i chicchi di mais che non sono scoppiati un po’ come quella storia d’amore di cui non è facile liberarsi. Accidenti. «Non ci credo più, però ancora un po’ ci spero», anche Franchino è sottone nell’animo.

Nessun perché – E, sempre a proposito di quell’amore mai scoppiato… «Che rimarrebbe di me se te ne andassi adesso senza nessun perché?». Il fondo del pacchetto di popcorn, appunto. Una canzone allegra che ha tutti gli ingredienti per essere il pezzo più triste dell’album. E ci piace così.

Ladri di sogni – «Al cinema è finito anche l’ultimo dei film», sulla strada di casa sui mezzi o fuori dal finestrino, incontri una persona sconosciuta, ed è subito film mentale su una storia d’amore… ma è un sogno che si perde tra le macchine in corsa sulla tangenziale, al ritmo di un battito.

Lieto fine – Il pezzo che rompe le righe, di chi, prima di dormire, tira le ultime somme e sa già che anche stanotte non dormirà. D’altronde, tutte le canzoni che ascoltiamo e i film che guardiamo, non fanno che ricordarci che nulla è perfetto, non c’è nessun percorso già prestabilito e non è detto che tutto finisca sempre bene. È il lieto fine, ma è davvero un lieto fine?


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Serena Votano

Serena Votano, classe 1996. Fingo di essere una scrittrice, un’editor e una giornalista, in realtà sono solo una lettrice compulsiva in overdose da JD Salinger, Raymond Carver e Richard Yates.

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