A proposito di Woody Allen… come definirlo? “Cinico catastrofista” sarebbe banale. “Uno dei maggiori cineasti americani”, riduttivo. Nato Allan Stewart Königsberg, potrebbe essere descritto in mille modi con altrettanti appellativi ma, come nei suoi ben cinquanta film, ha sempre cercato di descrivere sé stesso attraverso i suoi personaggi: comici dalla battuta arguta, mariti falliti, esistenzialisti bohémien, scrittori incompresi, anime perse ispirate dalla letteratura. Oltre alla musica jazz, infatti, un elemento che accomuna i film di maggior successo – e non solo i più recenti – di Woody Allen è la letteratura, che diventa una vera e propria forma di esperienza di vita per i suoi personaggi.
Amore e guerra (1975), per esempio, è un esplicito omaggio-parodia a opere della letteratura russa, come Delitto e castigo di Fëdor Dostoevskij e, soprattutto, Guerra e pace di Lev Tolstoj. Nella Russia del XIX secolo troviamo Boris (Woody Allen), un uomo smilzo che, a differenza dei fratelli, non è fatto per la guerra. Vorrebbe solo scrivere poesie e condividerle con la cugina Sonja (Diane Keaton), di cui è follemente innamorato. Il film è costellato di dialoghi letterari, di un umorismo puro, in cui la morte e la sofferenza si incontrano tra le varie citazioni letterarie disseminate qua e là nella sceneggiatura. Fino ad arrivare a una poesia che Boris stenta a scrivere e in cui gli spettatori più attenti – e più amanti della letteratura – riconosceranno dei versi di T.S. Eliot, bollati dallo stesso Boris come “troppo romantici”: «S’io fossi stato un duo di scabre chele striscianti lungo le distese di silenti oceani…». Con Amore e guerra non solo Woody Allen crea un film totalmente imperniato sulla letteratura, ma soprattutto la libera dal cliché che la vuole una materia noiosa ed elitaria, rendendola vera e propria protagonista di una delle sue pellicole più esilaranti.
Due anni più tardi, nel 1977, esce uno dei suoi capolavori, Io e Annie, in cui Allen interpreta il comico Alvy, kafkiano per eccellenza, ossessionato dalla morte al punto da regalare ad Annie (Diane Keaton) soltanto libri con la parola “morte” nel titolo, come gli rinfaccia lei alla fine del film. Qui la letteratura è un modo di esprimersi, per esempio facendosi conoscere dall’altro agli albori di una relazione: in una delle scene iniziali, ambientata in una libreria, scopriamo che i due protagonisti sono attratti da opere molto diverse – Annie dai volumi di poesie, Alvy dai libri sulla morte. Letteratura come specchio dell’identità, dunque. Quando la storia tra Alvy e Annie finisce, ognuno si riprende anche i propri libri, che nel corso del tempo erano andati a comporre un’unica libreria condivisa. Eppure a entrambi basta una rapida occhiata ai titoli dei libri per capire chi li aveva scelti. Alvy e Annie sono quello che leggono. E quando Alvy lascia scivolare nello scatolone di Annie Rifiuto della morte, il primo libro che le aveva regalato, sembra proprio dirle: «Portati via un po’ di me».
Trentatré anni dopo, nel 2010, esce Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni, film corale ambientato a Londra. Con il nuovo millennio le creazioni cinematografiche di Allen sono cambiate notevolmente, ma la letteratura torna, ancora una volta, a combaciare con l’identità di uno dei personaggi: Roy (Josh Brolin), uno “scrittore da un romanzo solo”. Autista di giorno e romanziere di notte, patisce il blocco del secondo romanzo che, agli occhi degli editori, è molto più debole del primo. La sua è la disperazione di una vita che si disgrega. Roy ha fatto coincidere così tanto sé stesso con il ruolo dello scrittore che, a ogni rifiuto da parte degli editori, sembra che gli venga rubata parte della sua identità. Ha mandato all’aria una carriera da medico in nome della vocazione letteraria: se si rassegnasse a rinunciare alla letteratura, chi sarebbe la persona che vede allo specchio? Paradossalmente, però, la soluzione che Roy sembra trovare per uscire dall’impasse consiste proprio in uno scambio…