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Ritornare alle terra: «La nuova stagione» di Silvia Ballestra

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Bompiani ha pubblicato nel 2019 il nuovo romanzo di Silvia Ballestra, La nuova stagione (acquista), tra i candidati al Premio Strega 2020. Con una prosa elegante e raffinata, a volte forse un poco surreale, la Ballestra segue le vicende di due sorelle, Silvia ed Olga, intorno alla proprietà paterna, da vendere, senza che mai, però, le due si risolvano a farlo.

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«La nuova stagione»: la legge dell’appartenenza

Questo, ovviamente, è solo un pretesto. La nuova stagione della Ballestra è uno scavo genealogico intorno alle radici marchigiane delle due protagoniste, ad un’eredità che si intreccia col desiderio, connaturato all’uomo, di lasciare la propria terra senza però mai potersene dimenticare. E sono proprio le vite di Silvia ed Olga il filtro attraverso il quale questo sentimento è scandagliato. Manlio Sgalambro, in una scena epica del film Perdutoamor (regia di Franco Battiato), lo chiamava, pensando alla sua terra, la legge dell’appartenenza.

la nuova stagione ballestra

Andate via dalla loro terra, sarà la terra stessa a richiamare Silvia ed Olga ad un confronto con il proprio irrisolvibile passato. Ci si domanda se non sia questo, in fondo, il soggetto di tutto La nuova stagione, questo perpetuare di ciò che si è stati in ciò che si è che ci vincola alla terra nella quale mettiamo radici. Il romanzo è scandito dal ritmo delle stagioni, ed è il ritorno di Silvia ed Olga che apre quella nuova. Quando un compratore si fa avanti per acquistare il terreno, dopo tutti gli approfittatori, speculatori, tutti gli imbroglioni che hanno cercato il guadagno nel farlo, Silvia ed Olga si ritrovano a dover risistemare la loro proprietà, e, inevitabilmente, a fare i conti con il loro passato – ossia, con il padre. Articolata a questa, Ballestra tesse mille altre storie, della madre, dei fidanzati, dei ritorni mancati e delle occasioni perdute delle due sorelle. Una storia raccontata con cinismo e ironia, e a volta la rassegnazione che di deve staccarsi da una parte di sé:

«Su questo aspetto, sulla gestione della terra sia nella parte coltivata che in quella incolta, c’erano sempre stati attriti, divergenze, fra la visione contadina del mezzadro e quella del padrone o del fattoria. E non era detto che il mezzadro la sapesse più punga. Forse poteva saperne di più sulle tecniche, sulla parte pratica, ma la progettazione e la gestione era stata per secoli in mano alla proprietà e questo aspetto, nel pur giusto canto epico degli ultimi, era stato tralasciato.

Ma non importava più: nuovi padroni arrivavano a reclamare, comprare, occupare. E a questo bisognava rassegnarsi».

Dall’alto al basso

Ballestra compone la vicenda intorno ad un doppio registro narrativo. Un primo più alto, quello dell’io narrante che accompagna il lettore per tutta la prima parte del racconto, e un secondo dialettale, in marchigiano, che scandisce i dialoghi, le vicende più propriamente umane. Quando è l’io narrante a parlare, la prosa è aulica, forse troppo, e, si direbbe, stride con i toni più popolari che si incontrano nei dialoghi, pur rappresentando, questi ultimi, un potenziale assai interessante per la struttura del racconto. Ci si ritrova spaesati da questo, ma forse è proprio qui che insiste la Ballestra, nell’esplorare un tentativo di riappropriazione, quello di Silvia ed Olga, della propria lingua originari, un tentativo che, inevitabilmente, deve avere una componente ruvida, d’attrito. Lo scontro con la realtà che non passa, quella della terra, è perciò inevitabile:

«Il confuso e finto baccanale andava avanti con le sue urla e i movimenti folli ma in quella precisa centiara di terra era scesa una concentrazione, un’irresistibile forza di attrazione, che escludeva il resto del mondo».

Ecco, La nuova stagione è un romanzo dalla prosa raffinata, che convince più per il tentativo di far parlare il dialetto marchigiano che per la struttura narrativa vera e propria. Ma che, va riconosciuto, suo grande merito, rimette al centro dell’attenzione ciò che tutti noi parevamo esserci dimenticati: la terra.

 


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Giovanni Fava

25 anni; filosofia, Antropocene, geologia. Perlopiù passeggio in montagna.