Pier Paolo Pasolini è stato uno degli intellettuali più importanti del Novecento, e certamente uno dei più grandi della storia italiana. Troppo spesso, però, sfugge alle pagine dei programmi scolastici del liceo, a favore di un Luigi Pirandello o di uno Italo Svevo. Forse ciò accade anche a causa della sua apparente inaccessibilità, dell’impossibilità di individuare un’unica opera da proporre agli adolescenti: ogni suo lavoro, infatti, incarna un sentimento diverso, un flusso che si discosta dagli altri.
Solo nella letteratura, materia scolastica, troviamo innumerevoli raccolte di poesie che trattano argomenti molteplici. Ragazzi di vita e Una vita violenta raccontano la realtà povera e schiacciante delle borgate romane che, secondo la versione più consolidata, gli avrebbero poi tolto la vita. Infine, Petrolio, racconto incompleto e forse proprio per questo ancor più rilevante: l’inizio del capitalismo dilagante, della corruzione storica che avrebbe segnato la fine del Novecento e l’alba del nuovo millennio.
Pier Paolo Pasolini rimane un intellettuale a cui rivolgersi per avere risposte a domande complesse e attuali. Emblematico è il suo discorso sulla televisione, mezzo di propaganda del nuovo fascismo che egli disprezzava, ma con cui era comunque costretto a lavorare attraverso presentazioni, programmi e interviste. Non è forse lo stesso rapporto che abbiamo oggi con i social network? Uno strumento che si può utilizzare per fare del bene, senza dubbio, ma che in alcuni casi sfocia nella dipendenza, se non nel totale rigetto da parte dell’utente?
Ma è così per tutto? O c’è qualcosa che sfugge al saggio intellettuale? Alcune affermazioni o posizioni forse non reggono più il discorso, caso più che lecito, considerando l’evoluzione che la nostra società ha avuto solo nell’ultimo quarto di secolo. Tuttavia, di Pasolini, in quanto grande luminare, ci si aspetta sempre che abbia la risposta in tasca. Vediamo se è davvero così, confrontandolo con uno degli tematiche più discusse degli ultimi tempi: il rapporto tra Israele e Palestina.
Pasolini e Il Vangelo secondo Matteo
Non è nemmeno necessario dire, a due anni di distanza dall’attacco di Hamas, che l’occupazione non è iniziata il 7 ottobre. Sarebbe inutile anche stilare le date delle innumerevoli invasioni dello Stato d’Israele a danno della Palestina. Basti sapere questo: quando nel 1963 Pasolini si reca in Palestina per decidere se girarvi oppure no Il Vangelo secondo Matteo, lo Stato ebraico esiste da quindici anni e l’insediamento dei coloni è già ben visibile, come egli stesso attesterà nel documentario Sopralluoghi in Palestina.

