Ci risiamo: lasciato da poco alle spalle il periodo “delle feste” in versione breve; non tanto all’insegna degli eccessi quanto Natale ma comunque sufficientemente votato all’abbondanza alimentare e, soprattutto, troppo prossimo all’estate da non destare preoccupazioni riguardanti la linea a molti individui.
Non si può negare che la forma corporea e, più in generale, l’aspetto fisico possano impattare sulla vita delle persone in maniera significativa. In un tempo in cui molte cose, non più solo la fitness (nel senso di successo riproduttivo), ma perfino il successo scolastico o lavorativo orbitano in qualche maniera attorno al “bello”. Ed il bello, per la nostra società, è magro. Vien da sé che le preoccupazioni per il peso sono all’ordine del giorno e raggiungono il loro massimo apice durante le varie feste.
Ma quando questa preoccupazione sfocia nella patologia dei ben noti Disturbi Alimentari (anoressia, bulimia, binge eating disorder)?
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Trattandosi di vere e proprie patologie psichiatriche è bene lasciare a un professionista il compito di diagosticarle, tuttavia le manifestazioni sotto soglia di questi disturbi sono più comuni di quanto si pensi: quando pensieri ossessivi nei confronti del cibo e preoccupazione costante di ingrassare prendono piede nelle vite delle persone e ne modificano significativamente il funzionamento psichico e sociale.
Perfezionismo, desiderio di rivalsa e autoaffermazione, bisogni di riuscita o semplicemente di attenzioni o accettazione incondizionata sono i fattori correlati e, secondo alcune ricerche, i predisponenti allo sviluppo delle patologie alimentari.
Che poi, non sarebbe nemmeno così atipico né “malato”, in sé e per sé, cercare di aderire a un canone estetico per cercare di piacere di più agli altri e, di conseguenza, migliorare così la propria vita. Casomai ce la si può prendere con la rigidezza dei canoni estetici e la loro imposizione sociale variabilmente rigida. Considerando che sempre accadrà che gli umani cercheranno di raggiungere un’ideale, secondo alcuni, sarebbe bene agire per ridimensionare il canone estetico e la sua fattibilità, certo è che si andrebbe a incidere su un mercato troppo florido tra creme, integratori, palestre (che dir si voglia vengono frequentate per lo più per motivazioni estetiche e non di salute) e chirurgia estetica.
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Le questioni su cui riflettere legate a questo fenomeno sono davvero molte a tutti i livelli, difficilmente condensabili in un articolo e, anche se affrontate con il miglior metodo, non porteranno a una formula totipotente per una qualche miracolosa “guarigione” dal disturbo o alla sua eradicazione.
Si può provare a arginare il fenomeno agendo su fattori culturali predisponenti. A questo fine, può rendersi più utile un serio programma di educazione alimentare che insegni che i carboidrati si possono mangiare senza ingrassare e, anzi, sono fondamentali per stare bene e che nemmeno l’ingestione di zuccheri raffinati va demonizzata (quale eresia per un salutista!); che è meglio mangiare in compagnia per creare relazioni positive tra i commensali ma anche col cibo; che la gratificazione attraverso l’alimentazione va bene ma non va portata all’eccesso altrimenti diventa un problema (che replica una dinamica similare a quella che si innesca nelle dipendenze: binge eating disorder).
A un programma educativo del genere non ci siamo ancora arrivati. Nel nostro privato, individualmente, possiamo cominciare a ragionare, se e quando sentiamo il desiderio di metterci a dieta, sul perché lo stiamo facendo. Anche se cercare di darci una risposta sincera può comportare un non semplice viaggio interiore attraverso angosce profonde.
Infine possiamo cominciare, o continuare, a considerare la ricetta di Massimo Cacciari per vivere bene:
Aver dipeso il meno possibile da condizionamenti esterni, passioni irragionevoli, dagli altri e dai favori altrui. Aver difeso la mia legge interiore, non aver fatto male a nessuno.
Massimo Cacciari
Erica Boiano
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