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Le periferie del desiderio, le periferie del corpo

Dalla newsletter n. 27 - aprile 2023 di Frammenti Rivista

4 minuti di lettura

Il corpo può essere considerato una periferia e ce lo spiega bene Judith Butler, filosofa contemporanea e attivista del movimento LGBTQ+ che ha dato voce a molte questioni contemporanee legate al rapporto tra soggettività, corpi e relazioni.

Se consideriamo l’essere umano come tale solo se in relazione, è semplice anche traslare il concetto di corpo a quello di periferia. Infatti, esattamente come una città si articola tra centro e periferie e come ognuno di noi nel proprio organismo ha centri e periferie – come gli organi interni del torace e nei margini gli arti superiori e inferiori – anche il corpo nella sua totalità può essere considerato “periferia” di una società, specie se esso appartiene a un gruppo di persone emarginate per vari fattori che riguardano il vivere insieme.

I corpi delle periferie, come allo stesso modo le periferie del corpo, sono quelle a cui sono sottoposti tutti coloro che non hanno, come la chiama Judith Butler, facoltà di “agency”. Secondo la filosofa, infatti:

l corpo implica mortalità, vulnerabilità, azione: la pelle e la carne ci espongono allo sguardo degli altri, ma anche al contatto e alla violenza, e i corpi ci espongono  al rischio di diventare agency e strumento di tutto ciò. Possiamo combattere per i diritti dei nostri corpi, ma gli stessi corpi per i quali combattiamo non sono mai solo nostri. Il corpo ha una sua imprescindibile dimensione pubblica. Il mio corpo, socialmente strutturato nella sfera pubblica, è e non è mio.

(Vite precarie, Meltemi Editore, Roma 2004, p.46)

Il nostro corpo quindi, come ci ricorda Judith Butler, è di sé “periferia” perché esposto. E alcuni corpi lo sono più di altri. I corpi, ad esempio, delle persone non socialmente riconosciute. I corpi differenti, difformi o appartenenti a minoranze. Corpi grassi, disabili, in transizione. Corpi non canonici. Si tratta di corpi periferici e dimenticati quando si parla di desiderio, perché considerati fuori da un canone erotico – tutto sociale, più che reale spinta del desiderio umano – che non li vede partecipi in quanto “diversi” dal modello culturale predominante. Diversi da ciò che dovremmo desiderare.

Emblematico, in questo discorso, è il caso opposto delle prostitute, i corpi del sesso per eccellenza, relegati però in spazi altri, appunto periferici. Le schiave del sesso sono da millenni nascoste nelle periferie delle città in quanto personificano la vergogna di una facciata dorata, ciò che non può e non deve essere visto. I loro corpi sono intrecciati alle periferie e diventano periferie essi stessi di desideri reconditi e di pulsioni bestiali che non trovano sfogo in una quotidianità che si rifà ai canoni sopracitati e che esclude la diversità dei corpi e dei desideri se non nell’oscurità di una periferia. Proprio nella periferia viene dato sfogo a desideri repressi e socialmente intollerabili, come quelli per quei corpi periferici e “difformi” per la società che in questo caso diventano un triste feticcio, un silenzioso sfogo di istinti taciuti. Non certo occasioni di riconoscimento sociale.

Ma soprattutto, i corpi della prostituzione non sono …

Anto D'Eri Viesti

A proud millennial. Dopo il dottorato in semiotica e gender studies decide di dedicarsi solo alle sue passioni, la comunicazione e la scrittura.
Copywriter e social media manager.
La verità sta negli interstizi, sui margini e nei lati oscuri.
Tanti fiori, cioccolato e caffè.

Azzurra Bergamo

Classe 1991. Copywriter freelance e apprendista profumiera. Naturalizzata veronese, sogna un mondo dove la percentuale dei lettori tocchi il 99%.

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