Pochi classici della letteratura hanno avuto un impatto così potente come Piccole donne, la saga di Louisa May Alcott che racconta le vicende delle sorelle March e della loro famiglia.
Eppure, in alcuni articoli sul web, Piccole donne è stato accusato di anti-femminismo per il semplice fatto che alla fine tutte le sorelle si sposano (o muoiono, nel caso di Beth), abbandonando i loro sogni. Nel migliore dei casi, Piccole donne è considerato troppo antiquato per via del largo uso di moralità e religione, omesse per questo da alcuni recenti adattamenti (tra cui la miniserie BBC del 2017).
In occasione dei 150 anni dalla prima pubblicazione del romanzo (30 settembre 1868), è necessario fare chiarezza sul suo reale messaggio, che -a conti fatti- è anche la sua essenza.
Femminismo da «Piccole donne»
Per considerare opportunamente il femminismo della Alcott, bisogna tenere conto di due aspetti.
1. Una famiglia moderna
I genitori di Louisa fornirono alle loro quattro figlie un’educazione di livello, come se fossero stati maschi. Il padre, il filosofo Amos Alcott, si occupò personalmente della loro educazione, facendo entrare in contatto Louisa con alcuni suoi illustri amici.
Oltre a Nathaniel Hawthorne (autore de La lettera scarlatta), Louisa conobbe importanti esempi d’indipendenza femminile: la scrittrice e giornalista Margaret Fuller e la poetessa Julia Ward Howe, entrambe sensibili alla questione femminile e ai diritti delle donne.
Altra donna nella vita di Louisa, fu sua madre Abigail, impegnata a sua volta nel movimento suffragista.
Gli ideali dei genitori furono abbracciati dalla Alcott adulta, che diventerà una suffregetta come la madre.
In breve: Louisa non avrebbe mai scritto un romanzo (peraltro di così grande impatto) contro i suoi stessi principi.
2. Letteratura VS realtà
Ogni autore scrive per un pubblico (prima ancora che per se stesso) e Louisa lo sapeva meglio di altri, dato che per gran parte della sua vita la scrittura ha rappresentato anzitutto una fonte di guadagno. Esiste un abisso tra realtà e finzione letteraria, di cui bisogna tener conto.
Jo March si sposa e calma gradualmente il suo carattere ribelle, ma Louisa (la vera Jo in carne ed ossa, perchè -è utile ricordarlo- Piccole donne è un romanzo semibiografico) non farà nessuna delle due cose. Jo rappresenta l’evoluzione che in Louisa non è mai avvenuta.
C’è poi da considerare un principio che vale per qualsiasi libro: non si può leggere un romanzo con una mentalità che non gli appartiene (per via di inevitabili distanze temporali). Louisa ha insegnato alle sue lettrici (ma anche ai lettori) il coraggio di essere se stesse, pur rimanendo in un contesto socio-culturale agli albori -o quasi- del femminismo.
E questa è la vera potenza del suo libro.
Sogni che diventano realtà
Le sorelle March maturano insieme ai loro sogni e alla fine, sebbene i loro desideri siano cambiati rispetto all’infanzia, tutte possono considerarsi realizzate.
Jo, dopo essersi cimentata nella scrittura, apre una scuola. Amy, che desidera gli agi di una vita benestante, li ottiene insieme con la mano del vicino di casa Laurie (per molti lettori questo è il vero punto dolente, ma si rimane comunque nell’ambito del gusto personale).
Meg diventa madre e moglie, certo, ma sceglie di esserlo in totale libertà perchè sa che quello è il suo posto. E il femminismo insegna a difendere la libertà, non l’oggetto della scelta di una donna.
Il ruolo del personaggio di Beth, invece, non rappresenta la realizzazione personale. Beth sente di dover morire prematuramente e non progetta alcun tipo di futuro per lei. Il suo ruolo è nel presente: rappresentare un punto di riferimento per le sorelle e l’importanza della religione per il lettore.
Piccole pellegrine
Secondo la Alcott, infatti, la letteratura per bambini deve essere innanzitutto fonte di insegnamento, che l’autrice sceglie di veicolare attraverso la moralità e la religione.
Non a caso, il primo romanzo inizia con il Viaggio del Pellegrino; un percorso di miglioramento che le sorelle March si impegnano a percorrere alla luce della morale religiosa.
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Una religione, quella della Alcott, che può però adattarsi perfettamente ad ogni sorta di credo. Lo dimostrano le lezioni (di portata universale) che le sorelle March imparano a loro spese: il dono della condivisione, il pericolo della vanità e dell’eccessiva impulsività.
Per questo la scelta della miniserie BBC di eliminare la moralità e la religione dagli adattamenti cinematografici in nome di una “ventata di modernità” è profondamente irrispettosa dell’ideologia educativa, senza la quale il romanzo non esisterebbe.
Senza moralità e religione, Piccole donne sarebbe un susseguirsi di fatti (indubbiamente piacevoli), ma privi di significato e di un unico filo conduttore. Solo per fare un esempio, il personaggio di Beth diventerebbe inutile, se non considerato alla luce della religione e della speranza del Paradiso.
Non si può sconvolgere un classico della letteratura per renderlo più attuale, quando è attuale così com’è. Se non lo fosse, cosa lo renderebbe ancora classico 150 anni dopo?
[…] Alcune femministe (sarebbero necessarie le virgolette) hanno accusato Piccole donne di antifemminismo. In occasione dei 150 anni dalla pubblicazione del romanzo, ho risposto a queste ingiuste accuse nell’articolo «Piccole donne» insegna il femminismo 150 anni dopo. […]