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Il ruolo dei libri nello scoppio della Rivoluzione francese

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La Rivoluzione francese scoppiò il 14 luglio 1789 in seguito alle forti tensioni che da tempo si erano accumulate e avevano provocato il malcontento della popolazione, sempre più gravata dai problemi economici che imponevano tasse gravose sui cittadini, le ingiustizie e le disparità sociali a favore dell’aristocrazia e del clero. Tuttavia fu fondamentale anche l’apporto di nuove idee portate dall’Illuminismo. Questo movimento caratterizzato dall’avversione per la religione, per le sue ipocrisie e dogmi, dalla fede nel progresso e dalla fiducia nella ragione era diventati terreno comune da circa la metà del XVIII secolo. Gli intellettuali aderenti non rimasero un baluardo isolato a difendere queste idee, ma fecero in modo che filtrassero nella società, attecchendo in profondità per generare un cambiamento. Queste però non poterono circolare liberamente e dovettero trovare canali di diffusione alternativi per poter essere diffuse e divulgate.

rivoluzione francese
La Libertà che guida il popolo – E. Delacroix (1830)
Museo del Louvre, Parigi

L’editoria del XVIII secolo in Francia

In Francia i libri per poter essere pubblicati dovevano passare una serie di controlli per verificare che rispettassero l’ortodossia, ricevendo l’imprimatur dei censori. Per essere liberi di circolare l’opera doveva anche recare a chiare lettere il privilegio regale, attraverso cui non solo si certificava l’approvazione del monarca, ma anche l’esclusività nella riproduzione dell’opera.

Tutte le opere che non rientravano per svariati motivi nei canoni venivano fatte stampare all’estero. Appena oltre la frontiera francese infatti si trovavano decine di stamperie e migliaia di persone coinvolte nell’attività clandestina di rifornire i lettori, riportando nel regno le opere come merce di contrabbando. Era un’attività intensa e sommersa, che se scoperta non veniva solo punita perché diffondeva idee lesivi per la monarchia, la religione o il pubblico decoro, ma perché rubava ricchezza ad uno stato finanziariamente al collasso.

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Nei salotti francesi e nei cafè le idee circolavano tra i partecipanti, che si scambiavano impressione e informazioni dalle letture proibite.

Le liste pervenute delle opere e delle reti di circolazione sono un campo d’indagine molto vasto, sia per la quantità di scritti, ma anche per le norme che regolamentavano la stampa. Spesso il confine tra lecito e illecito era molto labile e variava tra le diverse edizioni o censori che visionavano il prodotto. Alcune volte semplicemente si trattava anche solo di scritti innocui, magari semplicemente rivenduti da librai non autorizzati o privi del permesso. Per semplificare si può ridurli a tre grandi campi; le edizioni pirata, cioè quelle il cui ricavato andava solo a vantaggio del libraio, quelle non autorizzate, che venivano rispedite all’autore ed infine quelle proibite da distruggere.

Generalmente i librai che contrabbandavano, facevano accordi sia con i lettori che richiedevano i titoli sotto banco, sia con gli editori. Tutto ciò per una semplice questione pratica: da una parte avevano un guadagno certo, dall’altra non rischiavano di avere delle copie di opere pericolose che li potessero incriminare. Poi tra i contrabbandieri c’era anche chi però non aveva nulla da perdere, come alcuni rivenditori ambulanti, che incuranti del rischio, facevano circolare gli scritti «sotto il mantello» in un numero di copie considerevole.

I lettori delle opere proibite

Gli stimoli da cui nascevano gli scritti provenivano da diverse fonti: alcune volte erano filtrati dai discorsi pubblici, altre dalle ballate cantate agli angoli delle strade, magari dalle gazzette manoscritte illegali o altre volte dalle stampe sui muri. Quindi ridurre il pubblico ad uno sparuto numero di intellettuali pronto a rischiare in virtù della libera informazione sembrerebbe un errore. In generale gli scritti politici non si occupavano solamente di teoria, ma anche di cronaca, delle relazioni internazionali, delle macchinazioni segrete del re e le preoccupazioni collettive nell’opinione pubblica, coinvolgendo per questo un ampio ventaglio di fruitori che trovavano risposta alle loro domande.

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Queste opere infatti avevano una grande forza persuasiva e diventavano argomento di conversazione nei caffè e nei salotti, dove gli interlocutori nelle loro conversazioni si scambiavano le novità lette o sentite in merito da altri lettori. Questa élite avrebbe poi fatto in modo che le idee venissero filtrate e arrivassero ad un pubblico più vasto. In un’epoca in cui la carta stampata e la voce erano i soli due mezzi di comunicazione è straordinario osservare come i canali di conoscenza delle idee si siano reciprocamente amplificati, favorendo lo scambio di informazioni ed idee.

Tuttavia se da una parte i bon mots e i discorsi pubblici venivano dimenticati presto, le pagine permetteva di fissare le novità e moltiplicare gli effetti delle parole riportate in esse all’infinito, ampliando il pubblico che ne fruiva. In questo modo le idee si comportavano come un vaccino: inoculate nel corpo dello stato, avrebbero stimolato l’opinione pubblica e il popolo, sempre più scontento della situazione a cercare un cambiamento radicale, combattendo contro il virus delle ingiustizie e del pregiudizio.

«La faute à Voltaire» e altri best sellers proibiti

Sicuramente nella lista dei best sellers più pericolosi in Francia nel XVIII secolo, la vetta di popolarità non poteva che appartenere ad uno degli illuministi più famosi: Voltaire con la sua Questions sur l’Encyclopédie. In questa opera l’autore si occupava di attaccare ogni autorità costituita dell’Ancien Régime e si scagliava contro ogni forma di abuso nella società dell’epoca. Le idee illuministe arrivarono al grande pubblico attraverso quest’opera e per «colpa di Voltaire».

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Un ritratto del celebre Voltaire, pseudonimo di François-Marie Arouet. Fu un filosofo, drammaturgo, storico, scrittore, poeta, aforista, enciclopedista, autore di fiabe, romanziere e saggista francese.

Nel 1780 altri due scritti che aumentarono le ostilità dell’opinione pubblica furono due opere che trattavano i problemi della giustizia e delle carceri in Francia: le Memoirs sur la Bastille di Linguet e Des Lettres de Cachet et de prisons d’état del Conte di Mirabeau. In entrambe le opere attraverso le vicende dei due protagonisti, imprigionati ingiustamente, gli autori intendevano denunciare la tirannia del potere, il dispotismo, le ingiustizie e il sadismo delle carceri francesi, provocando l’indignazione generale.

Il frontespizio di un libelles sui vizi tra le mura della reggia di Versailles

Libelles e Chroniques Scandalouses: il gusto del pettegolezzo

In un mondo in cui la monarchia ormai era praticamente ridotta ad una presenza scenografica, nella sua grande corte di Versailles, i lettori spesso si domandavano proprio che cosa succedesse in quei corridoi, quali vizi e segreti si annidassero. Questa curiosità, piuttosto voyeristica, andava a braccetto con la malignità e il gusto del pettegolezzo. Per questo un’altra categoria molto richiesta era quella dei libelles, pamphlet in cui veniva diffamata una figura pubblica, e i chroniques scandalouses, delle biografie o storie che facevano leva sui dettagli di uno scandalo. In questi scritti anonimi, c’era sempre la pretesa di passare al lettore i segreti più reconditi, proibiti e vergognosi che circolavano nel regno, con un linguaggio ironico e dissacrante. Ovviamente non c’erano remore nella diffamazione, prendendo come bersaglio la monarchia e i suoi sostenitori.

Una delle protagoniste più bersagliate dell’aristocrazia era la regina Maria Antonietta d’Asburgo di Lorena, moglie del re Luigi XVI e molto invisa la popolo francese. In questa didascalia viene ritratta mentre viene accusata di avere atteggiamenti intimi con un’altra donna.

Sebbene questi scritti scandalistici abbiano contribuito ad indebolire il regime e la sua legittimità, non erano frutto di un disegno né di una cospirazione per abbattere l’Ancien Régime. Non c’era alcuno scopo sovversivo, di fatto rispondevano solo alla richiesta di svago e sete di sapere, la possibilità di assaggiare il frutto proibito e i segreti dell’aristocrazia, una classe sociale invisa, ma al tempo stesso ancora invidiata per i suoi privilegi.

La pornografia filosofica: la ricerca del piacere fisico e intellettuale

I «libri che si leggono con una mano sola» come li definì Rousseau, un altro grande pensatore illuminista, furono una categoria di opere proibite molto diffusa in quel periodo. Il genere della pornografia filosofica era molto diffusa e molto censurata. Con il loro linguaggio colto e garbato, impreziosite da allusioni eleganti, si rivolgevano ad una classe sociale intellettualmente elevata, in cui la ricerca del piacere fisico si univa strettamente a quella metafisica. L’apice venne raggiunto certamente da uno dei romanzi più sovversivi: Thérèse Philosophe che dalla pubblicazione nel 1748, divenne uno dei grandi best sellers. Scene esplicitamente sessuali, si univano alle divagazioni filosofiche illuministiche, in maniera conforme alla mentalità del periodo.

La protagonista della storia, la giovane Thérèse, si avventura in un percorso di formazione non solo sessuale, nella ricerca del piacere fisico, sfidando e demolendo i dogmi della Chiesa, ma anche intellettuale. La ragazza abbraccia completamente la ricerca filosofica, indagando il materialismo, l’edonismo e l’ateismo per approdare al grande insegnamento filosofico finale secondo cui

Filosofia e sessualità fanno il piacere dell’uomo saggio.

Il libro fu proibito non solo per i contenuti osceni e la critica alla Chiesa, di cui ne colpiva apertamente alcuni membri, ma perché di fatto Thérèse si proponeva come una sovversiva e voluttuosa libera pensatrice in grado di perseguire la libertà di pensiero e di condotta nella ricerca e soddisfazione del piacere personale.

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Frontespizio dell’opera dell’autore anonimo Thérèse Philosophe in cui la protagonista incontra la personificazione della filosofia e della carnalità.

Furono i libri proibiti a scatenare la Rivoluzione francese?

Non è possibile dare una risposta certa a questa domanda, poiché le cause che portarono allo scoppio della Rivoluzione francese nel 1789 furono numerose e dettate da molteplici problematiche che da tempo avevano indebolito la Francia. Il clima di tensione all’interno del regno era di fatto una bomba ad orologeria: crisi sociale, economica e finanziaria gravavano sulle spalle di un regno profondamente indebolito dal deficit pubblico. In questa situazione le idee propugnate dall’Illuminismo, sarebbero quindi state la scintilla che avrebbe acceso la miccia del cambiamento e portato al sovvertimento dell’Ancien Régime e ad uno degli eventi cardine dell’epoca moderna.

Il ruolo dei libri proibiti, delle idee poco convenzionali e sovversive erano lo specchio di una mentalità che era cambiata, che non era più disposta a lasciarsi piegare dalle ingiustizie e disposta ad accettare di essere asservita ad un potere regale che ormai era stato svuotato della sua legittimità, arroccato in privilegi inesistenti. 

Probabilmente i libri non scatenarono direttamente la Rivoluzione francese, ma certamente crearono il terreno fertile con le idee nuove per dare modo al cambiamento di poter crescere.

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Eleonora Fioletti

Nata tra le nebbie della pianura bresciana, ma con la testa tra le cime delle montagne. Laureata in Filologia moderna, si è appassionata ai manoscritti polverosi e alle fonti storiche. Nel tempo libero colleziona auricolari annodati, segnalibri improbabili, eterni esprit de l’escalier, citazioni nerd e disneyane da usare in caso di necessità.

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