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la salute del mondo

La pandemia ci dice che viviamo in un sistema complesso

Ne "La salute del mondo" l’epidemiologo Paolo Vineis e il filosofo Luca Savarino riflettono sul concetto stesso di salute. Ma lo fanno con una prospettiva organica, descrivendo il pianeta come un sistema complesso

8 minuti di lettura

Osservare il mondo nella sua pluralità conduce a riformulare il concetto stesso di salute. Questo è il nucleo della riflessione sulla pandemia di Covid-19 contenuta nel libro La salute del mondo (Feltrinelli 2021), esito della collaborazione tra l’epidemiologo Paolo Vineis e il filosofo Luca Savarino.

Siamo stati tutti travolti e presi alla sprovvista dalla notizia e dalle conseguenze di una pandemia mondiale e la ricerca di risposte immediate è stata affannosa. Adesso, però, con una distanza temporale di due anni, è possibile esaminare il fenomeno pandemico con il giusto distacco e l’atteggiamento più proficuo per affrontare una tale iniziativa è quello di assumere una prospettiva globale. In quest’ottica, La salute del mondo è stato definito dagli autori stessi come un «libro di frontiera», proprio perché si propone di esaminare i fenomeni nella loro complessità, senza la pretesa di fornire una soluzione definitiva alle questioni.

Il punto di originalità, però, è un altro: il libro di Vineis e Savarino tratta in modo esaustivo ogni aspetto della pandemia, ma ciò che sta fornendo, in realtà, è un modello attraverso il quale pensare il mondo; suggerisce a quali coordinate affidarci per approcciarci a qualsiasi problema. Questo è possibile perché la griglia teorica di riferimento ha come presupposto una rete di interconnessioni tra tutti gli agenti, sia umani sia non umani. Ed è proprio a partire da questa visione organica che si sviluppa una collaborazione tra i saperi che permette, unendo la concezione scientifica con quella umanistica, di esaminare l’evento Covid-19: dopo una chiarificazione degli assunti filosofici di base, l’indagine si concentra sulle scelte etiche e sulle decisioni politiche legate alla pandemia, ma anche alla crisi ambientale.

Uno dei temi portanti del libro è quello del rapporto tra scienza e politica. Viene contestato un atteggiamento di “fede” verso la scienza quando essa è considerata come un terreno imparziale in grado di fornire certezze. La scienza così concepita può venire utilizzata dalla politica come strumento di legittimazione delle proprie decisioni basate su presunte evidenze. Un approccio più proficuo, invece, consisterebbe nell’interpellare la scienza per ragionare in termini controfattuali, prendere decisioni valide e illustrare chiaramente le motivazioni delle scelte.

È dunque necessario da una parte coinvolgere direttamente i cittadini, mostrando come la scienza non fornisca verità incontrovertibili, ma elabori metodi per cercare evidenze temporalmente limitate; dall’altra parte, incentivare gli scienziati a comunicare limpidamente ed efficacemente le proprie ricerche.

Un’altra presa di posizione significativa è quella contro la tribunalizzazione, intendendo con questo termine la tendenza a condannare la società come l’unica responsabile di ogni forma di sofferenza, assecondando così il bisogno di individuare un colpevole. Ricondurre a un singolo fattore fenomeni così complessi come la pandemia o la crisi ambientale, significa aderire a una prospettiva semplicistica che segue unicamente la logica del prossimale. Invece, tutto è rete; le linee delle cause sono molteplici e più o meno distanti nel tempo.

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Seguendo questo orientamento, si può descrivere il pianeta come se fosse un sistema complesso, una sorta di vasta organizzazione sinergica in cui gli organismi viventi interagiscono con le componenti inorganiche e viceversa. L’espressione che si attribuisce a questa struttura del pianeta è “Gaia”, termine coniato dal chimico James Lovelock. Per comprendere questo meccanismo di funzionamento, si può fare riferimento alla condizione della foresta amazzonica. Ne è stato attualmente disboscato circa il 30% e, secondo alcuni modelli predittivi, raggiungere il 40% condurrebbe a una catastrofe ambientale irreversibile. La foresta amazzonica, in quanto sistema complesso, è in grado di compensare le condizioni avverse riparando autonomamente le proprie criticità provocate da fattori esterni, ma la sua capacità di reazione è limitata e può sopperire all’interferenza fino a uno specifico punto di collasso determinante l’arresto improvviso del meccanismo.

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Concepire il mondo come un sistema complesso, dunque, conduce inevitabilmente a una riflessione di tipo globale sulle trasformazioni che sono in corso. Ogni fattore, sia sociale sia naturale, è interconnesso agli altri: non ci si può limitare a considerare la pandemia come un evento a sé, ma va correlato alle alluvioni, alla siccità, alla morte delle barriere coralline, alle crisi alimentali, ma anche alle nuove entità come le sostanze chimiche e le microplastiche introdotte nell’ambiente.

In conformità a questa configurazione della realtà, muta anche il concetto di salute, che non può più essere ridotta al benessere psicofisico individuale, ma deve essere intesa in un senso più globale. Così come gli organismi viventi e la materia inorganica si relazionano all’interno di un meccanismo a rete, allo stesso modo la salute dell’uomo e quella animale sono interdipendenti, come se fossero un’unica salute – One Health.

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Per lo stesso motivo è necessario avere una visione complementare di quella che viene denominata “medicina dell’individuo” e la “prevenzione di comunità”. La scienza orienta le proprie ricerche verso ciò che la società e il mercato chiedono; ad esempio, nei territori in cui l’età media della popolazione aumenta di anno in anno, le cure mediche richieste concerneranno le terapie per le malattie neurodegenerative. Questa tendenza fa emergere delle difficoltà nel momento in cui conduce a trascurare alcune priorità sociali perché non sono redditizie, come urgenti interventi di prevenzione e cure con un costo esiguo necessarie ai paesi a basso reddito.

Dunque, l’approccio che comprende l’esigenza di considerare la salute umana e quella animale come inscindibili – One Health – deve essere accompagnato da una visione etica – One Ethics – che indirizzi le decisioni riguardanti la sanità verso una politica di co-benefici, ossia una rete di interventi secondo cui agendo su un aspetto si interviene indirettamente anche su altri. In altri termini, assumere una visione complessa e globale che tenga in conto della stretta correlazione tra tutti gli esseri viventi e non, permette di accogliere una politica di azione in grado di occuparsi, veramente, della salute del mondo.

Elisa Gremmo

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