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Nudo fuori e dentro l’arte: lo scandalo degli Uffizi

Ovvero perché è sbagliato indignarsi per le due influencer seminude agli Uffizi

8 minuti di lettura

Risale agli ultimi giorni lo scandalo in merito alla diffusione delle fotografie di due creator su Only Fans presso la Galleria degli Uffizi. Le immagini, pubblicate sui profili Instagram di Alex Mucci ed Eva Menta, ritraggono le due donne nelle sale delle Gallerie con indosso delle magliette semitrasparenti. Tra tutte la più famosa (e famigerata) sembra essere stata proprio la posa di fronte alla Venere di Botticelli. Le diverse opinioni che si interrogavano sull’adeguatezza del luogo per il tipo di contenuto si sono inizialmente limitate ad occupare la sezione commenti.

Lo scandalo

La questione sembra essere diventata tema di dibattito nazionale soltanto dopo le parole di Alessandro Draghi, capogruppo di Fratelli d’Italia a Firenze, che ha denunciato la diffusione delle «indegne immagini delle due sexy influencer». «Mi pare strano che i custodi non se ne siano accorti», ha continuato l’esponente di FdI. L’ufficio stampa degli Uffizi di Firenze dal canto suo ha dovuto rispondere alle illazioni avanzate da Draghi sulla condotta dello staff sollevandosi da ogni responsabilità: «Evidentemente le due persone sono entrate al museo con le giacche chiuse, e si sono guardate bene, poi aprendole, di rimanere fuori la visuale dei custodi».

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Il “Blitz” degli Uffizi

Il gesto delle due influencer è stato perfino definito un “blitz”, venendo paragonato dai media all’attivismo dei movimenti Just Stop Oil e Last Generation: questi ultimi in particolare, il 24 ottobre hanno gettato della purea di patate contro Les meules di Monet, nel museo Barberini di Potsdam. Davanti al quadro non c’era alcun vetro protettivo; nonostante la superficie smaltata abbia impedito danni irreparabili all’opera, non si deve dimenticare il valore della cornice e in ogni caso il disagio creato all’istituzione museale. Di fronte alla bufera mediatica scatenatasi negli ultimi due giorni le due influencer hanno archiviato momentaneamente i post.

Una verità che sembra inaccettabile

È interessante notare come, effettuando su Instagram una ricerca con l’hashtag #museumaesthetic, il feed si riempirà di oltre 5000 immagini di giovani alla moda che posano nelle maestose sale dei musei più importanti al mondo. Migliaia sono i pin su Pinterest catalogati come museum outfit. Perché succede? Perché lo spazio di un museo offre numerosi livelli di fruizione. Con l’avvento dei social, in cui per nulla velatamente lo scopo principale è quello di romanticizzare il proprio quotidiano, quale spazio più di un museo d’arte può dare un potenziamento estetico ad una foto? Un purista dell’arte potrebbe risultarne indignato, ma questa è ormai una realtà facilmente constatabile con un paio di click. Anche in passato le persone si fotografavano davanti alle opere, come semplice ricordo da tenere per sé o da condividere con i propri amici. È solo il bacino di utenti che visualizzano l’immagine ad essere cambiato.

Le responsabilità del museo

Le fotografie di Alex Mucci ed Eva Menta non sono niente di diverso. Bisogna dar atto agli Uffizi che all’interno del regolamento è segnalata la richiesta di «un abbigliamento consono all’ufficialità degli ambienti museali». Tuttavia, è compito dello staff far sì che le regole siano rispettate. A far ricadere ulteriormente la responsabilità sui guardasala e sugli agenti di controllo all’ingresso sarebbe la testimonianza di Vicky Ohw. La ragazza, anch’essa content creator su OnlyFans, si era recata in compagnia della Mucci e della Menta agli Uffizi per realizzare lo stesso tipo di fotografie (tutt’ora online). Il suo outfit era simile a quello delle colleghe. Durante una trasmissione su Twitch alla quale ha partecipato come ospite, Vicky ha raccontato:

Quando sono entrata per fare il metal detector ho letteralmente tolto la giacca. (…) All’interno del museo ci hanno guardato per tutto il tempo. Questa leggenda metropolitana che non si era accorto nessuno e ci eravamo nascoste dai custodi… C’erano custodi in ogni stanza.

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Combattere il pregiudizio

Che ci sia stata una violazione del regolamento degli Uffizi o meno, con una maggiore o minore responsabilità da parte dello staff, la questione è un’altra. L’opinione pubblica, sia tramite canali ufficiali sia per mano degli utenti delle più famose piattaforme, si è ferocemente scagliata contro le due influencer. Al centro di ogni critica sembra esserci quasi sempre il tema del decoro. Nell’appellarsi a questo principio sembra davvero impossibile non vedere un pregiudizio nei confronti di chi lavora nel mondo del sex working.

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Uno sguardo più aperto

Un’ultima considerazione è opportuna. Ci sono persone che hanno giudicato questo gesto indecoroso ed irrispettoso nei confronti del patrimonio artistico delle Gallerie degli Ufizi di Firenze. Tuttavia, è possibile dare un’interpretazione diversa, solo allargando appena lo sguardo e cercando una prospettiva nuova. Infatti, due sex worker che posano di fronte alla più iconica rappresentazione della dea dell’amore senza veli nient’altro sembra che un atto performativo di arte involontaria. Le parole di Gilles Clément, autore di Breve trattato sull’arte involontaria, mostrano bene come spesso i concetti di casualità ed armonia si incrocino, creando nella loro unione una forma nuova di Arte.

Esiste tuttavia un luogo indefinito nel quale si incrociano il dominio elementare della natura – le contingenze – e il territorio marcato dall’uomo.

Questo terreno d’incontro produce figure che sono al tempo stesso lontane dall’arte e vicine, a seconda delle definizioni che se ne danno. Per quanto mi riguarda, considero come arte involontaria il felice risultato di una combinazione imprevista di situazioni o di oggetti organizzati conformemente alle regole d’armonia dettate dal caso.

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Immagine in copertina da https://creativecommons.org/publicdomain/mark/1.0/deed.no

Clarissa Virgilio

Studentessa di lingue e letterature europee ed extraeuropee a Milano, classe 2001. Durante gli anni della triennale di lingue, ho seguito un corso presso la NABA sulle pratiche curatoriali. Amo guardare ciò che ha qualcosa da dire, in qualsiasi lingua e forma.

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