Il Medioevo tra le colline della Calabria
Alla punta estrema dello stivale, prima d’imbarcarsi per la Sicilia, in quell’area geografica che si affaccia sul mar Ionio e che un tempo si chiamava Magna Grecia, sorge la cittadina di Squillace. Si erge a pochi chilometri dal capoluogo di regione, Catanzaro, tra le colline che guardano l’omonimo Golfo. In una regione le cui vestigia greco-romane hanno sempre attratto viaggiatori e studiosi, sin da secoli e secoli fa, esiste un Medioevo ancora da scoprire: una lunga storia fatta di castelli, di torri, di conquiste, di libri, di monasteri e di chiese che rappresenta un patrimonio talvolta inedito e affascinante da raccontare all’Italia e al mondo.
Un caso esemplare è proprio Squillace, sorta sulle rovine greche e romane, erede di una presenza bizantina e dell’esperienza di Cassiodoro. Ambita per via della posizione strategica, la cittadina viene conquistata e ricostruita dai Normanni, per poi passare all’imperatore Federico II e a una lunga serie di nobili famiglie che l’hanno accompagnata fino all’età moderna.
L’eredità dei Greci e dei Romani
L’attuale borgo di Squillace, a circa 300 metri sul livello del mare, nacque con i Normanni, nella seconda metà del secolo XI. Tuttavia, il territorio di Squillace ha una storia ben più lunga. Sulla costa, a pochi chilometri dal borgo odierno, fatto di casette contigue e di vicoletti, di chiese, con un imponente castrum in posizione apicale sul colle, sorgeva la città greca di Skylletion, alla quale seguì la romana Scolacium (ribattezzata Minervia Scolacium nella fase coloniale promossa dai Gracchi, 123-122 a.C.), della quale rimangono imponenti vestigia, tra cui teatro, anfiteatro, foro, necropoli e un’ingente quantità di statue e reperti.
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L’area del golfo di Squillace è menzionata già nell’Eneide di Virgilio, nel libro III :«Hinc sinus Hercules si vera est fama Tarenti cernitur, attolit se diva Lacinia contra. Caulonisque arces et navifragum Scylaceum». La forte presenza greca e le numerose leggende legate al viaggio di Ulisse, hanno spinto ricercatori, tra cui il tedesco Armin Wolf, ad ambientarvi persino alcune delle vicende dell’Odissea, come l’incontro con il popolo dei Feaci, il naufragio e la ripartenza di Ulisse per la sua Itaca.
L’impronta bizantina ed il Vivarium di Cassiodoro
Fortissima anche l’eredità bizantina, dato che Squillace fu ultimo avamposto militare dell’impero d’Oriente in Italia, prima che, cinti d’assedio, i capi militari fuggissero a Costantinopoli. E il VI secolo d.C. ha visto nel territorio, allora vastissimo della diocesi di Squillace, il sorgere e il tramontare dell’esperienza monastica del senatore Flavio Magno Aurelio Cassiodoro, che da consigliere dell’imperatore Teodorico il Grande, si ritira nella città dove fonda il cenobio del Vivarium, nel quale furono copiati e studiati testi dell’antichità classica e ne nacquero di nuovi.
Quell’esperienza fu fondamentale non soltanto per il valore culturale intrinseco, ma anche per la straordinaria eredità libraria e documentale lasciata ad altri cenobi e studiosi. Libri copiati e prodotti in quel cenobio circolarono sicuramente moltissimo nei decenni successivi e alcuni si salvarono anche grazie al contributo di Cassiodoro. Ancora aperta risulta la partita tra storici, archeologi e semplici appassionati per la collocazione geografica esatta di tutti i luoghi e le strutture cassiodoree, alcune nascoste dal tempo e dall’oblio senza lasciare traccia.
Le invasioni arabe e l’arrivo dei Normanni a Squillace
Gli ultimi secoli prima della conquista normanna videro anche la crescita della minaccia saracena e la sempre maggiore presenza araba lungo la costa. Forti della conquista della Sicilia, proprio gli arabi influiranno sull’economia, sui commerci e sulla difesa militare anche in Calabria per tutto il Medioevo e ben oltre.
A un certo punto del secolo XI d.C., un vento tagliente e impetuoso da Nord ha raffreddato le spade bizantine e arabe che tra loro scintillavano, rivelando la minaccia di un nuovo nemico: i Normanni.
Questo popolo giunse dall’Europa settentrionale mandando avanti non propriamente il meglio delle proprie risorse umane, ma bande di mercenari e di guerrieri votati alla conquista, ai quali iniziarono a luccicare gli occhi non appena tastarono le ribellioni contro i bizantini che avevano luogo in Italia e non appena assaggiarono le prime paghe, degli uni o degli altri, che li impiegavano per supporto militare. Già nel 999, secondo Amato da Montecassino, una prima banda di quaranta Normanni, rientrati da un pellegrinaggio al Santo Sepolcro, avrebbe visitato Salerno e lì aiutato i nobili a respingere un attacco arabo.
La discesa normanna nel Sud Italia e i fratelli Roberto e Ruggero
Man mano che ebbero modo di arricchirsi, questi guerrieri mercenari, stabilirono in Italia una serie di contee, di distretti territoriali che ben controllavano: primi tra i quali Aversa (nel 1030 Rainolfo Drengot riceve il titolo di conte dal duca di Napoli), Salerno, Melfi. Nell’estrema punta dello stivale, la Sicilia, giunsero dal 1061. Nel 1130 Ruggero II riunificherà i territori della Sicilia, della Calabria e della Puglia conquistati dal Guiscardo e da Ruggero d’Altavilla, espugnando anche Napoli.
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Il conte Ruggero aveva governato la Sicilia e la maggior parte della Calabria fino alla data della sua morte, nel 1101. Nella loro discesa verso il Meridione, a metà strada prima di giungere nella Trinacria, percorrono la Calabria, spartendosi le sfere d’influenza. Inevitabilmente Squillace si trovò lungo il loro percorso, ultimo caposaldo bizantino della regione. Tra il 1048 e il 1058 Roberto il Guiscardo si impadronì delle vallate del Crati e del Savuto. Ruggero lo raggiungerà sulla medesima rotta solo successivamente.
La fondazione della Squillace normanna e la donazione a San Bruno
A Ruggero vennero concessi territori molto vasti, incluso quello di Squillace, che sarà espugnata nel 1059. Squillace rimarrà per tutta la fase centrale del Medioevo un centro strategico di prim’ordine. Il feudo non viene ceduto a nessun nobile prima del 1202, data dalla quale si iniziano a documentare presenze di conti. Anche in seguito, con Federico II di Svevia, il castrum rimarrà tra i cosiddetti castelli regi. Tornando ai Normanni, data di un certo rilievo a Squillace è il 1094, anno in cui, nella chiesa di San Matteo, il gran conte Ruggero donò a San Bruno (Bruno di Colonia) i territori dove sorgerà la famosa Certosa di S. Stefano del Bosco, attualmente nel paese che prese il suo nome, Serra San Bruno. Dopo l’arrivo dei Normanni, Squillace rimarrà unica sede vescovile latina del circondario sino al 1120.
L’edificazione del castrum a Squillace
A Squillace i Normanni avviano la costruzione del castello nella posizione odierna, che al tempo era formato esclusivamente da un alto torrione, un dongione tipico delle fortificazioni di questo popolo. La Squillace normanna, quindi, bisogna immaginarla dominata in alto, al centro, da questo grosso torrione, antenato dell’attuale fortificazione che lo custodisce nel suo centro, ampliata nei secoli dalla manodopera di quanti si sono succeduti e ampliata notevolmente in epoca federiciana.
Il centro urbano si inquadrava perfettamente nello stile dei siti normanni, caratterizzati da abitati di impronta ortogonale, sistemati tutti su alture allungate. Assodato è ormai il fatto che il torrione normanno sia la parte più antica rimasta del castrum di Squillace, datato tra il finire dell’XI secolo e i primi del secolo XII.
L’ampliamento con Federico II, le grange cistercensi, il gotico e i Templari
Le fortificazioni della città e il castello stesso vennero notevolmente ampliati sotto il governo di Federico II di Svevia, epoca d’oro per l’edilizia cittadina soprattutto di carattere militare e monastica. Forte la presenza dei cistercensi in tutta l’area (si veda la costruzione di grange e il passaggio proprio a quest’ordine della Certosa di San Bruno), ma anche di ordini cavallereschi. Affascinante a Squillace è un edifico gotico nel cuore del borgo, ascrivibile proprio al secolo XIII, che sembrerebbe riconducibile alle architetture templari.
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