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Paul Klee, «Strada principale e strade secondarie»: il segno e la luce

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6 minuti di lettura

Il pittore svizzero Paul Klee (Münchenbuchsee, 1879 – Muralto, 1940) è, assieme a Piet Mondrian, Vasilij Kandinskij e Kazimir Malevič,  uno dei più noti esponenti dell’astrattismo; movimento quasi sempre (fra)inteso come ricerca assolutamente geometrica dello spirito dell’arte. Ma, se così fosse, nel 1914 Klee non appunterebbe sul proprio diario: «Questo è il momento più felice della mia vita: il colore ed io siamo una cosa sola. Sono pittore». A due anni prima di questa nota risale il primo viaggio nordafricano, in Tunisia, ripetuto tra la fine del 1928 e l’inizio del 1929, stavolta in Egitto. E Strada principale e strade secondarie, uno dei quadri che meglio rappresentano l’arte di Klee, è realizzato proprio nel 1929.

Del paesaggio egiziano gli occhi del pittore colgono subito i colori, il movimento e il rapporto con lo spazio – sia urbano, con le sue strade secondarie, sia agricolo, di appezzamenti sfiorati dal Nilo – che questi instaurano. L’astrattismo, ereditandola dall’espressionismo, si fonda su una teoria artistica divergente da quella tanto cara agli impressionisti, ovvero l’arte come rappresentazione della realtà. Qui, al contrario, è l’io ad essere espresso, la pittura è musicale: il paesaggio diventa un pentagramma, e i campi suddivisi dalle tante strade secondarie, orizzontali e oblique, sono come note sparse a macchia. Domina un’atmosfera di libertà associativa, rigorosamente tesa a intuire il carattere primitivo delle cose, per poi riportarne su tela la forza creativa.

Paul Klee, Strada principale e strade secondarie (1929) olio su tela, 83 x 67 cm, Ludwig Museum (Colonia) Fonte: community.artauthority.net
Paul Klee, Strada principale e strade secondarie (1929) olio su tela, 83 x 67 cm, Ludwig Museum (Colonia)
Fonte: community.artauthority.net

Che il primitivismo dell’arte orientale trovi terreno fertile nell’Europa d’inizio Novecento è cosa nota, basta pensare a Pablo Picasso o a Henri Matisse. Ma Klee lo declina con un vitalismo così ordinato, così pulito, da generare una simbologia quasi infantile, percorsa com’è, più che da una tensione drammatica, dalla vibrazione della felicità. Eppure l’artista svizzero non perde mai la padronanza teoretica dei propri oggetti pittorici.

In effetti, dietro al mosaico di Strada principale e strade secondarie impreziosito dai tanti tasselli colorati dei campi egiziani, c’è una vera e propria grammatica dei segni artistici. L’alfabeto che permette al pittore di comunicare a colori. La decostruzione della forma pittorica – in questo caso, del paesaggio di una città moderna o delle distese nordafricane – passa per un’attenta analisi sulla costruzione dell’immagine, cioè sui movimenti che la reggono. Il concetto è spiegato nel diario di Klee: «Un quadro in cui il soggetto sia un uomo nudo non può essere dipinto secondo l’anatomia umana, ma secondo quella del quadro stesso». Il figurativo sta nella costruzione interna all’immagine, non è esterno ad essa.

Come in tutta la sua opera, dunque, in Strada principale e strade secondarie Paul Klee concentra la propria attenzione sui processi creativi della natura, ripetendoli nel processo di creazione artistica. Il cromatismo e la musicalità del quadro, a cui abbiamo accennato poco sopra, verrebbero a mancare senza questo presupposto teorico, necessario, inoltre, per non banalizzare l’astrattismo a mera successione di operazioni aritmetiche. Lo stesso ritmo naturale che sostiene i terreni è riprodotto con l’intreccio di linee orizzontali e verticali, l’attaccamento affettivo per i luoghi nordafricani con l’accostamento di campiture calde e fredde: perché Klee tende ad astrarre ciò che struttura la materia – non ciò che discende dall’eterno. Il senso profondo che pervade la composizione  appartiene al mondo delle emozioni, insieme arcaico ed astratto; ed è il dinamismo del segno, quasi mai irrequieto, a evocarlo.

I protagonisti di Strada principale e strade secondarie sono la linea e il colore, ma soprattutto la luce d’Egitto, sotto alla quale il pittore svizzero, poco più che trentenne, dà inizio al proprio cammino di maturazione. Questa tela rivela, insomma, il vocabolario usato da Paul Klee per esprimere la sua anima infantile nei quadri: i rossi, i blu, i verdi, la scala cromatica è il solo lessico conosciuto dall’artista, che parla, assieme ai suoi colleghi della scuola di Bauhaus, un’arte dai nazisti considerata «degenerata». Amante del violino, Klee non ha mai smesso di suonare la sua polifonia di colori, seppure a qualcuno sembri solo un nodo di linee.

Andrea Piasentini

Redazione

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