Dipinto fra i più conosciuti e amati della storia dell’arte, L’urlo di Edvard Munch (1893) rappresenta una svolta nella traiettoria artistica di fine Ottocento, un drastico cambiamento di rotta verso uno stile innovativo e del tutto nuovo. La genesi dell’opera viene raccontata dallo stesso Munch in una pagina del suo diario, un tesoro inestimabile per la comprensione e l’analisi di dipinti così profondi e oscuri. Munch infatti, durante una passeggiata al tramonto, affermò di aver udito un urlo, forte e chiaro, lanciato dalla natura circostante: «Sentii un urlo attraversare la natura [..] I colori stavano urlando. Questo è diventato L’urlo».
Il sorgere dell’inconscio
Sebbene le parole del pittore facciano intendere il possibile significato dell’opera, essa ha dato adito a molteplici interpretazioni riguardanti varie sfere della vita umana. Sicuramente l’urlante volto verdastro può simboleggiare il grido lacerante della natura dilaniata dal progresso tecnico ed industriale, il suo lento e doloroso avvelenamento per mano dell’uomo.
Più diffusa è però la convinzione che L’urlo rappresenti in realtà qualcosa di puramente umano, una disperazione assoluta e spaventata, e proprio questo ha reso il dipinto così amato nel corso degli anni. Esso è emblematico di una condizione universale, propria dell’uomo dall’inizio dei tempi: l’angoscia. Sentimento tipico dei movimenti artistici di fin de siècle, l’angoscia, lo spleen baudelairiano, non è mai stata rappresentata in modo così potente, così efficace, tanto da rendere quel gesto un elemento di costume, una reazione meccanica che ogni individuo ha avuto modo di compiere.
Il potere del colore ne «L’urlo» di Munch
La tecnica utilizzata da Munch è formidabile: il tratto è omogeno ma ondulato, i contorni sono indefiniti, la prospettiva sembra intrappolata in un movimento circolare, come se tutto girasse in preda alle vertigini.
Punto di forza del dipinto è il colore: il contrasto cromatico è stupefacente, magistrale, e crea una sintomatica frattura fra i toni accesi e sanguigni del cielo, e le tinte scure e cupe del soggetto centrale. La combinazione di colori tra il verde, giallo e grigio, rendono il colorito della figura centrale malato, putrefatto, marcescente, come l’anima in preda alla pena, all’ansia, alla più completa disperazione.
Oggi esposto alla Galleria Nazionale di Oslo, L’urlo è il dipinto della modernità e della sua patologia più micidiale, è il preludio ad un’epidemia nuova e sconosciuta che ha sconvolto l’uomo del nuovo secolo, ma soprattutto, L’urlo è l’immagine dell’inconscio, è il ritratto dell’interiorità umana nella sua essenza, è la verità più assoluta che sia mai stata dipinta.
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