Cimentandosi in un nuovo biopic, il regista di Marylin (2011) Simon Curtis porta nelle sale una nuova e affascinante personalità, quella dello scrittore Alan Milne, con Vi presento Christopher Robin (Goodbye Christopher Robin, 2017), affrontandone con delicatezza e profondità gli aspetti più intimi e drammatici.
Il dramma della guerra
Caratteristica primaria di questo film è il suo concentrarsi sugli eventi che hanno portato Milne alla stesura della sua opera più famosa, ovvero i racconti per l’infanzia dell’orsetto Winnie the Pooh. Oggi considerato come il miglior libro per bambini di sempre, il piccolo animale di pezza è in realtà il prodotto di un lungo e lento tentativo di guarigione, il palliativo di un uomo che, dopo gli orrori della guerra, cerca rifugio e spensieratezza.
Milne, nel film interpretato dall’attore irlandese Domhnall Gleeson, è reduce dalla Prima Guerra Mondiale, vittima continua di reminiscenze involontarie causate da rumori improvvisi. Al tempo stesso, il dramma della guerra è accompagnato da quello familiare, causato dal carattere ormai schivo di Milne e dall’insofferenza della moglie (Margot Robbie). Vittima assoluta degli eventi, è il piccolo Christopher Robin, soprannominato Billie Moon (un bravissimo Will Tiston), figlio trascurato della coppia. I traumi subiti da Milne gli impediscono infatti di stabilire un rapporto sereno con il figlio, mentre la madre si dimostra superficiale e spesso indifferente ai bisogni del bambino. La prima parte del film sembra fungere da preludio alla storia, una sorta di introduzione narrativa che presenta le dinamiche di una famiglia disgregata e quasi inesistente.
La genesi di Christopher Robin
La seconda parte del film prende invece una piega più tenera e dolce, mostrando come Alan, trovatosi per qualche giorno da solo col figlio, si avvicinerà sempre di più a quel bambino che, per la prima volta, sentirà come suo, provando la dolcezza dell’essere padre. Le avventure vissute insieme, i giochi, e i celebri animali di peluche a forma di orso, asino e tigre, ispireranno i racconti di Christopher Robin e del suo amico Winnie the Pooh, un successo letterario planetario che cambierà per sempre la vita della famiglia Milne. Catapultato in un vortice di conferenze, interviste e presentazioni di libri, Billie Moon vedrà allontanarsi per sempre l’unicità di quei momenti vissuti col padre, ormai commercializzati e divenuti un fenomeno da baraccone, sentendosi privato dell’unico straccio di rapporto mai instaurato con i suoi genitori.
Curtis ha qui la capacità di presentare i vari aspetti di un unico fenomeno: Winnie the Pooh è, per il pubblico di lettori, un ritorno alla serenità dell’infanzia, è una lettura gioiosa che evoca momenti piacevoli e che riesce, anche se solo momentaneamente, a far dimenticare il tragico presente; per Milne, i racconti sono in continua evoluzione, essendo dapprima un modo per catturare gli istanti felici con Billie e in seguito un fardello emotivo; infine, Winnie the Pooh segna la fine dell’infanzia di Billie, è la causa che lo allontana dal padre, è ciò per cui verrà deriso nell’adolescenza, è il dolore di vedere un ricordo caro tramutato in un circo.
Vi presento Christopher Robin non è semplicemente il racconto di una genesi, non è una favola da raccontare ai bambini. Il film è permeato di crudezza, è tristemente reale, e non si preoccupa di abbellire quelle che sono le grandi incomunicabilità della vita. Intimo ed emozionante, Vi presento Christopher Robin sa emozionare lo spettatore che non desidera grandi colpi di scena, ma profondità e sentimento, e sa mostrare come le dinamiche della vita siano strane e sorprendenti, come un peluche che diventa una celebrità, un bambino che diventa una leggenda, e un figlio che si prende cura di un padre.