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A Voghera vediamo la vecchia e la nuova Lega

7 minuti di lettura

Massimo Adriatici, assessore alla sicurezza nel comune di Voghera, è agli arresti domiciliari per aver ucciso, la sera del 20 luglio, Youns El Boussetaoui, un 39enne marocchino. Ma cosa ci dice questa storia sulla Lega? E sul nostro Paese?

Il trasformismo di Salvini

È proprio vero: in una legislatura sai sempre come ci entri e mai come ci esci. Guardate – uno fra tutti – Matteo Salvini, che in questa legislatura ci è entrato a marzo 2018, peraltro con un risultato invidiabile, 17.5%, a colpi di basta euro e basta immigrazione e adesso sta al governo con Mario Draghi, Elsa Fornero e Luciana Lamorgese.

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Salvini, ormai, ha cambiato strategia: alle acque del Po e agli dèi padani da tempo ha sostituito il rosario e le madonne, alle felpe con la scritta Bussolengo, la giacca di sartoria e alle enfatiche prese di posizione, il vecchio sano cerchiobottismo (si pensi al suo atteggiamento verso la questione vaccini: sì, no, forse, dipende). Si rifà la facciata, cambia toni, punta al centro, ai valori della famiglia cristiana. Di certo non stupisce che Salvini, trasformista da fare invidia a Fregoli, abbia indossato giacca e cravatta e cerchi di vendersi come politico serio e pacato (tutt’al più può stupire che Draghi lo abbia voluto con sé), ma non si cancella il passato con un cambio d’abito. Il passato rimane, e con esso i suoi uomini.

Dietro Adriatici e il caso di Voghera: l’eredità della vecchia Lega

Negli anni del più becero populismo, infatti, Salvini ha incorporato nelle sue fila decine e decine di uomini dal dubbio curriculum, dalla dubbia presentabilità e dalle dubbie frequentazioni, sparsi in tutte le province d’Italia, espressione delle posizioni prese all’epoca, spesso pronti a sfogare senza mezzi termini il peggio del peggio sui sempreverdi della polemica leghista, ovvero armi, omosessuali, stranieri e, a seconda della stagione, anche meridionali. I nomi sono tanti, da Gianluca Buonanno a Giancarlo Gentilini a Joe Formaggio, tutti in un modo o nell’altro usciti di scena. Sono stati fondamentali per “fare il lavoro sporco” e ottenere il consenso e la consolidazione a livello locale. Ma adesso, man mano, vengono emarginati. Esattamente come già successo nella storia per le squadre d’azione nel nazismo (le camicie brune che, dopo aver messo a ferro e fuoco le città, hanno lasciato il posto alle SS) o per i ras locali nel fascismo (le camicie nere che, dopo aver picchiato i dissidenti, hanno lasciato il posto ai gerarchi col berrettone).

L’assessore Adriatici e il caso di Voghera

Ma, ogni tanto, qualche cadavere viene a galla e con lui anche qualche ricordo. È il caso dell’assessore leghista di Voghera (precisamente assessore alla sicurezza), Massimo Adriatici, che ha ucciso la sera del 20 luglio un trentanovenne di nazionalità marocchina dopo una lite in un bar. La sua versione è che la vittima stesse importunando i clienti. Lui avrebbe cercato di fermarlo e da questo suo tentativo sarebbe nato uno spintonamento. Ed è proprio a causa di uno spintone che, secondo l’assessore, cadendo a terra, sia partito per errore un colpo dalla pistola che impugnava. Anche volendo credere alla versione data, non si può non notare che l’assessore alla sicurezza andava in giro armato e che impugnava la pistola per intimidire la vittima. Una scena letteralmente da Far West (dal giustiziere armato al saloon, gli elementi ci sono tutti). Salvini parla, senza esporsi troppo, di “affidarsi alla giustizia” e “possibile legittima difesa” (smentendo tra l’altro la versione dello stesso assessore, che afferma di aver sparato per errore).

Le due anime della Lega

Ma, al di là della vicenda in sé – che è drammatica – questo episodio ci dice molto sul cambiamento che avviene all’interno della Lega. Mentre il territorio è cosparso di figure dubbie che utilizzano retorica populista e razzista per ingraziarsi da un lato le simpatie dei poteri (economici e non) locali e dall’altro quello delle casalinghe, appunto, di Voghera, le “teste” romane del partito si danno all’ennesima metamorfosi in salsa draghiana ed europeista. Eppure, Salvini deve stare attento alla pulizia che fa all’interno del partito. Perché se è vero che certi personaggi puzzano, e sono anche, come in questo caso, imbarazzanti, è pur vero che portano voti.

Il “pericolo” Meloni

Ma se Salvini non capisce questo e guarda esclusivamente quel lato del partito al centro democristiano in salsa draghiana ed europeista, sarà costretto a rifare tutto da capo, e non è detto che stavolta gli riesca. E, come se non bastasse, alla riva del fiume c’è già chi (Giorgia Meloni, un nome a caso) aspetta il suo cadavere ed è più pronto di lui a turarsi il naso di fronte al fango delle province, senza di certo aver intenzione di riscoprirsi un bel mattino europeista.

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Immagine in copertina da dagospia.com

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