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La gabbianella e il gatto

Le 4 cose che «La Gabbianella e il Gatto» ci ha insegnato

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Si è spento lo scorso giovedì 16 aprile Luis Sepúlveda. Penna del giornalismo cileno e autore di numerosi romanzi, Sepúlveda ha vissuto sulla sua pelle un’intensa stagione di attività politica e la sua vicenda personale si è più volte intrecciata con quella che siamo soliti definire la “Grande Storia”. Ha conquistato la scena letteraria mondiale con il suo primo libro, Il vecchio che leggeva romanzi d’amore, apparso per la prima volta in Spagna nel 1989 e in Italia nel 1993. Da allora ha pubblicato numerosi altri romanzi e raccolte di racconti, tra i quali spicca il più celebre, quello a cui quasi tutti noi siamo gelosamente affezionati: Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare (acquista). La storia raccontata da Sepúlveda è molto famosa in Italia, grazie anche al film di animazione del 1998 firmato dal regista Enzo D’Alò. In questi giorni, dopo la notizia della sua scomparsa, le immagini del cartone animato sono apparse un po’ ovunque e le vicende di Zorba, Fifì e la banda di gatti di Amburgo è tornata anche sugli schermi televisivi

La gabbianella e il gatto

Ma che cosa ci insegna davvero la storia della gabbianella Fortunata e del gatto Zorba? Tante cose, secondo noi. 

Per omaggiare il grande scrittore, tragicamente scomparso a causa del COVID-19, abbiamo ripercorso i momenti più belli del romanzo e del film, capendo che ci sono almeno 4 lezioni che la vicenda più insegnarci. 4+1, per essere sinceri, la prima è tutta racchiusa nelle parole dell’autore stesso:

è molto facile accettare e amare qualcuno che è uguale a noi, ma con qualcuno che è diverso – allora – è molto difficile.

Uno: nella vita ci vuole pazienza (e amore)

La storia de La gabbianella e il gatto è, almeno per chi scrive, una storia d’amore. Amore inteso nel senso più ampio: quello che unisce ai sentimenti (di affetto in questo caso) la fratellanza, la solidarietà, la cura reciproca. I gesti di amore nel racconto sono molti: forse il più emblematico è la triplice promessa fatta dal gatto Zorba (il protagonista della vicenda) alla giovane gabbiana Kengah. In punto di morte, Kengah, che sta per deporre il suo primo uovo, chiede a Zorba tre cose: di non mangiare l’uovo, di averne cura finché non si schiuderà e di insegnare a volare al piccolo. È contronatura, folle e inspiegabile. Eppure il gatto obbedisce, prendendosi (forse con comprensibile iniziale imbarazzo) cura dell’uovo e della creatura che verrà al mondo. Zorba ha premure per il piccolo prima ancora di conoscerlo e – proprio come farebbe la madre – cova l’uovo per 20 lunghi giorni. Lo protegge da tutto, agenti atmosferici, topi crudeli, umani curiosi compresi.

Tovoo.

Due: gli esseri umani sbagliano (ma hanno anche un’anima pura)

Più dei topi, il vero grande antagonista nella storia è l’essere umano. L’uomo è colui che inquina il mare con il petrolio, quella “macchia nera” che sarà fatale per la giovane Kengah. Più volte definito dai gabbiani la “peste nera”, il petrolio rappresenta nel romanzo tutto il male che l’essere umano fa alla terra e alla natura. Una riflessione che in questi anni è più attuale che mai e che ha dato vita a numerosi movimenti ambientalisti e animalisti in tutto il mondo.

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Gli umani, però, non sono solo una presenza negativa nella novella. Anzi, possono essere un aiuto prezioso e fidato. È così che, verso la fine della storia, la banda di gatti chiede aiuto proprio ad un essere umano per insegnare alla piccola gabbianella a volare. Infrangono il tabù che impone loro di non parlare la lingua umana e si recano a casa di un poeta (nel cartone animato il poeta è Sepúlveda stesso), che è il padrone di una meravigliosa micia della quale tutti sono innamorati, di nome Bubulina. Il poeta (nel film di animazione ad aiutarli è la figlia, ndr) dice loro che, per volare, la gabbianella dovrà saltare dal campanile di San Michele, il luogo più alto della città. Solo così la promessa di Zorba a Kengah verrà rispettata e la piccola potrà iniziare un nuovo capitolo della sua vita.

Tre: la cultura (e la conoscenza) ci salvano

Non è la prima volta che gli autori “rubano” alla Grande Storia i nomi di alcuni importanti personaggi storici. Tra i cartoni animati ne è un celebre esempio Gli Aristogatti, ma anche nella Gabbianella e il Gatto Sepúlveda fa razzia di alcuni nomi-simbolo per arricchire la storia. 

La gabbianella e il gatto
Da Coming soon

Il gatto più colto e sapiente fra tutti porta infatti (e non per caso) il nome di Diderot, proprio come il filosofo francese del XVIII secolo tra i promotori dell’Enciclopedie. Ed è con la sua enciclopedia che risolve alcuni problematici nodi della storia. Il più evidente è l’utilizzo dello stratagemma del Cavallo di Troia di Omero. I gatti, per salvare la gabbianella dai crudeli topi che vogliono divorarla, organizzano una colletta di formaggio e costruiscono una grande forma da introdurre nella tana dei nemici. Nascosti al suo interno, i mici, esattamente come gli achei con i troiani, approfittano della situazione per introdursi nel nascondiglio, vincere la guerra e liberare l’ostaggio. 

Quattro: amare gli altri (anche quando sono diversi da noi)

È forse questo l’insegnamento più bello che ci lascia Sepúlveda. «Ti vogliamo ancora più bene perché sei diversa da noi» afferma Zorba poco prima di dire addio alla gabbianella Fortunata. Ed è proprio questo il cuore di tutta la vicenda: in un mondo complesso, fatto di errori, ingiustizie e rivalità, la speranza è rappresentata da un gruppo di gatti squinternati che trovano un posto nel proprio cuore per un essere vivente che non solo è diverso da loro, ma che probabilmente, in un’altra occasione, sarebbe stato un nemico, un avversario da abbattere. Lo fanno senza un perché, senza nessun tornaconto. Semplicemente capiscono che, nonostante tutto, gli elementi che li legano alla gabbianella sono più di quelli che potrebbero dividerli.

È irrazionale? Incomprensibile? Forse. Eppure è una vittoria, sia per loro che per la piccola gabbiana, che alla fine della novella si spoglia (quasi) definitivamente dall’essere un gatto e riesce a prendere il volo. «Sarai il primo gatto volante» scherza Zorba sul campanile prima del salto. Aprirsi alla diversità, all’amore e alla fratellanza: sembra essere questo il messaggio di Sepúlveda. Un messaggio forte nella sua semplicità, che in giorni come questi sembra essere più attuale che mai. Luis Sepúlveda ci ha lasciati, ma ci ha insegnato qualcosa di profondo. Facciamone tesoro.

 


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Agnese Zappalà

Classe 1993. Ho studiato musica classica, storia e scienze politiche. Oggi sono giornalista pubblicista a Monza. Vicedirettrice di Frammenti Rivista. Aspirante Nora Ephron.