Al contrario di ciò che si può pensare, il femminismo non è un movimento socioculturale recente, bensì il frutto di secoli di storia, di ribellioni, sacrifici, lotte e resistenza contro il sistema patriarcale radicato e naturalizzato in millenni.
L’origine del femminismo si perde nella storia, intrecciandosi con miti, narrazioni culturali e trasformazioni sociali. Questo lungo percorso per l’emancipazione non è solo una questione femminile, ormai, ma un vero e proprio cambiamento a cui è chiamata tutta l’umanità.
Il patriarcato: la forza dell’adattabilità e della naturalizzazione
Il patriarcato, come ideologia, ha raggiunto il suo massimo apice nella naturalizzazione, ovvero nella sua capacità e abilità di essere considerato una “condizione naturale” della specie umana; in realtà, però, esso è il risultato di complessi processi storici. Infatti, fin dalle società agricole pre-classiche, la divisione dei ruoli tra uomo e donna si basava su presunte differenze “naturali”. All’uomo era delegata la funzione di capofamiglia e l’autorità nella vita pubblica, mentre alla donna veniva affidata la cura della casa, dei figli e degli infermi.
Secondo Gerda Lerner, autrice del testo The creation of Patriarchy (1986), questo sistema non ha mai avuto un reale fondamento biologico, ma piuttosto ha funzionato come un costrutto culturale e ideologico che si è ben radicato nelle società arrivando alla normalizzazione e alla naturalizzazione.
Inoltre, la “forza” del patriarcato durante i secoli è stata quella di adattarsi ai cambiamenti e di riuscire ad infiltrarsi nelle istituzioni pubbliche, religiose, giuridiche e sociali. Già filosofi come Aristotele (III secolo a.C.), contribuirono a consolidare l’idea che la subordinazione femminile fosse “normale”, un concetto che contribuì a realizzare e a fortificare la disparità di genere nelle società occidentali i cui effetti si riverberano ancora oggi. E con la filosofia, anche la scienza ha spesso supportato queste idee, perpetrando stereotipi e giustificando le discriminazioni come inevitabili.
Le ribellioni nascoste nel racconto dei miti
Tuttavia, sono molti nella storia gli episodi di ribellione femminile, anche se spesso ridotti a racconti mitici o folkloristici. Le baccanti, seguaci di Dioniso, ad esempio, incarnano una delle prime manifestazioni di resistenza contro le gerarchie maschili. Dioniso, descritto lo “Zeus delle donne” o lo “pseudomaschio”, rappresentava un’energia androgina e destabilizzante che metteva in discussione il dominio maschile.
Allo stesso modo, le Amazzoni, guerriere mitologiche che vivevano ai margini del mondo conosciuto, sfidavano l’idea della donna come essere inferiore e subordinato. Ma ovviamente il mito patriarcale della indiscussa superiorità maschile si “riequilibra” facendo sconfiggere le Amazzoni da Bellerofonte, come si racconta nel VI libro dell’Iliade e ridimensionando queste figure, trasformandole in simboli negati dell’arroganza e follia femminile.
All’origine del cambiamento
Con il Rinascimento e l’Illuminismo, il panorama culturale vede un primo e timido cambiamento. Donne come Christine de Pizan, Mary Wollstonecraft e Olympe de Gouges osarono sfidare apertamente il patriarcato. Olympe de Gouges, con la sua Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina (1791), affermò che le donne avevano il diritto di partecipare alla vita pubblica tanto quanto gli uomini. Mary Wollstonecraft, invece, denunciò il sistema educativo che perpetuava l’ignoranza femminile, sostenendo che le donne erano ugualmente capaci, ma non avevano accesso alle stesse opportunità.
In Italia, figure come Anna Maria Mozzoni e Gualberta Alaide Beccari furono tra le pioniere del femminismo moderno. Anna Maria Mozzoni, con il suo libro La donna e i suoi rapporti sociali (1864), e Gualberta Alaide Beccari, attraverso il giornale Donne a Venezia, portarono il dibattito sui diritti delle donne al centro dell’attenzione pubblica.
Il femminismo moderno e le sue “onde”
Il femminismo come movimento “organizzato” si è sviluppato ufficialmente nel XIX secolo e ha attraversato diverse fasi o “onde”, ciascuna con priorità e obiettivi diversi.
La prima “onda” è collocabile tra il XIX secolo e l’inizio del XX e si concentrò principalmente sul diritto di voto e sulle parità giuridiche. La seconda “onda” si sviluppa tra gli anni Sessanta e Ottanta del secolo scorso e ampliò il suo raggio d’azione, includendo temi come la parità sul lavoro, i diritti riproduttivi e la lotta contro la violenza di genere.
La terza e la quarta onda, invece affrontano questioni legate all’intersezionalità di genere, includendo i Post Colonial Studies, l’esperienza delle donne nere e indigene e delle persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+.
Queste fasi dimostrano come il femminismo sia in costante evoluzione e riceve le sfide di un mondo sempre più globalizzato anche rispetto alle forme di oppressione.
Narrazioni culturali e stereotipi
Un altro aspetto fondamentale nella lotta femminista contro il patriarcato e le forme che esso ha assunto nel corso della storia è il ruolo delle narrazioni culturali. Miti, leggendo e rappresentazioni artistiche hanno spesso dipinto le donne ribelli come mostruose e pericolose. Basti pensare a personaggi come le streghe, Medea e Circe prima di tutte, che incarnano questa vera e propria demonizzazione. Come sottolinea Jude Ellison Doyle nella sua opera Il mostruoso femminile (2021), il patriarcato teme profondamente ciò che le donne potrebbero diventare una volta libere dal controllo maschile e per questo il suo primo obiettivo è nella repressione.
Oggi, tuttavia, stanno emergendo nuove forme narrative nella letteratura così come nel cinema o nella musica; la cultura sta lentamente riformulando l’immagine femminile, celebrando diversità che sfidano gli stereotipi di genere.
Le sfide del presente e le speranze per il futuro
Il femminismo contemporaneo deve affrontare un patriarcato globalizzato, che intreccia sempre più capitalismo e nuove tecnologie digitali. Movimenti come il #MeToo sono riusciti a dare voce a milioni di donne, unendole in tutto il mondo nonostante le distanze; le piattaforme online sono diventate al contempo, però, anche uno strumento per perpetuare abusi e misoginia.
La lotta per i diritti diventa, quindi, sempre più complessa, ma allo stesso tempo necessaria, e richiede nuove strategie e una consapevolezza maggiore.
Guardando al futuro, il femminismo non si limita più a cercare la parità di genere, ma auspica una società più giusta e libera per tutti, abbattendo le gerarchie non solo di genere, ma anche di potere, razza, classe, orientamento sessuale. E forse un giorno sarà davvero possibile.

Questo articolo fa parte della newsletter n. 47 – febbraio 2025 di Frammenti Rivista, riservata agli abbonati al FR Club. Leggi gli altri articoli di questo numero:
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