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Artisti al cinema: 4 biopic da non perdere

Da Pollock a Frida Kahlo, da Van Gogh ad Antonio Ligabue: quattro biopic coinvolgenti svelano passioni e tormenti dei grandi artisti. Un viaggio emozionante nel cuore pulsante dell'arte.

8 minuti di lettura

Il mondo del cinema negli anni si è spesso interessato al racconto di personalità eccentriche e geniali che si sono contraddistinte per intuizioni pionieristiche e un certo grado di visionarietà. In particolar modo, le vicende biografiche degli artisti, spesso costellate di eventi traumatici, bizzarrie ed eccessi di ogni sorta, si prestano alla narrazione cinematografica, dando vita a pellicole in grado di raccontarne luci e ombre. Dai biopic più classici a pellicole più sperimentali, dove l’elemento artistico si riflette anche nella fotografia e nelle scelte registiche, ripercorriamo alcuni film di successo che hanno trasposto le tormentate vicende degli artisti sul grande schermo.

Pollock (2000)

Poster del film. Fonte Wikipedia.org Fair use
© Sony Pictures Classics (distributore), Peter M. Brant (editore)

La tormentata esistenza di Jackson Pollock, pittore simbolo dell’Espressionismo astratto americano, prende vita nell’esordio alla regia dell’acclamato attore statunitense Ed Harris che nel lungometraggio Pollock (2000) dirige sé stesso nel ruolo principale, regalando un’interpretazione sofferta e sfaccettata del controverso ma geniale pittore. La pellicola scandaglia i meandri della psiche dell’artista mettendone in luce dipendenze, traumi e tratti abusivi, evidenti nel rapporto con la moglie, la pittrice Lee Krasner, interpretata da Marcia Gay Harden, vincitrice del premio Oscar come migliore attrice per questo ruolo.  Ed Harris mette al centro del film il rapporto di Pollock con le figure femminili, in particolar modo la collezionista Peggy Guggenheim, il cui riconoscimento lo ha consacrato definitivamente nel mondo dell’arte. 

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Per la realizzazione del biopic Ed Harris si è documentato per oltre dieci anni attraverso fonti documentarie scritte e interviste ad amici e colleghi del pittore, ottenendo una narrazione filologicamente corretta oltre che empatica, che lo ha portato a immedesimarsi completamente nel ruolo al punto da arrivare a padroneggiare la tecnica usata da Pollock, il dripping.

Frida (2002)

Screenshot raffigurante Salma Hayek, autore Ventus Portus.
Fonte: Wikipedia.org Fair use
© Ventanarosa Production
Lions Gate Films

Figura iconica nell’immaginario collettivo contemporaneo, la pittrice messicana Frida Kahlo non ha certo bisogno di presentazioni e il potente biopic diretto nel 2022 dalla regista Julie Taymor, con protagonista Salma Hayek, ha contribuito ad accrescerne il mito. Dal terribile incidente che la rese invalida ad appena diciotto anni, all’amore tormentato con il muralista Diego Rivera, la storia di Frida prende vita davanti ai nostri occhi proprio come prendono vita i suoi quadri sotto forma di coloratissimi tableaux vivants, protagonisti della pellicola in quanto figli diretti delle esperienze di vita dell’artista, delle sue paure ma anche dei suoi sogni e dei suoi ideali.

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Un altro protagonista è il corpo della pittrice, martoriato dalla malattia ma pur sempre vitale ed erotico, fonte di ispirazione per autoritratti e di piacere nelle avventure sentimentali dell’artista, dalla relazione con la fotografa Tina Modotti alla fugace liaison col rivoluzionario Lev Trotsky.

La vicenda artistica e umana di Frida prende vita in questa pellicola restituendole spessore e tridimensionalità, sullo sfondo di un Messico colorato e folkloristico, da sempre fonte inesauribile di ispirazione per i suoi quadri.

Van Gogh- Sulla soglia dell’eternità (At Eternity’s Gate, 2018)

Screenshot raffigurante Willem Dafoe dal trailer ufficiale del film, autore Bart Ryker.
Fonte: Wikipedia.org Fair use
© CBS Film

Meno tradizionale rispetto ai primi due titoli, il biopic dedicato al pittore olandese racconta gli ultimi drammatici quattro anni dell’artista, magistralmente interpretato da Willem Dafoe, dal trasferimento ad Arles insieme all’amico pittore Paul Gauguin fino al ricovero nel manicomio di Saint-Rémy. Il regista Julian Schnabel, anche lui pittore, punta ad una messa in scena visivamente spettacolare e a tratti quasi sperimentale, usando la macchina da presa come un pennello, con l’obiettivo di guidarci verso il cuore pulsante della psiche -in procinto di sgretolarsi- del genio olandese, centro nevralgico della sua arte.

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Schnabel in questa pellicola porta avanti l’ambizioso obiettivo di distaccarsi dalla narrazione agiografica di un pittore la cui fama, come sottolineato dal titolo, ha valicato i confini dell’eternità per orientarsi su una narrazione più introspettiva e intimista, a tratti visionaria. La personalità profonda e tormentata di Van Gogh emerge dai dialoghi con coloro che lo hanno assistito negli ultimi quattro anni di vita – Gauguin e il medico che lo aveva preso in cura a Saint-Remy – e dal rapporto quasi viscerale con la natura, dove lo vediamo intento a dipingere nell’ultimo febbrile periodo di attività.

Volevo nascondermi (2020)

Screenshot raffigurante Willem Dafoe dal trailer ufficiale del film, autore RedDead720.
Fonte: Wikipedia.org
©Palomar, Rai Cinema, 01 Distribution

Acclamato da critica e pubblico, Volevo Nascondermi di Giorgio Diritti è la toccante biografia del pittore italiano Antonio Ligabue, interpretato da un quasi irriconoscibile Elio Germano. Ligabue, oggi considerato esponente di spicco della pittura naif , incarna il prototipo del genio artistico vissuto in povertà, senza alcuna formazione accademica. La vicenda esistenziale ed artistica del pittore viene raccontata da Diritti attraverso una narrazione discontinua, intermezzata da flashback che rivelano dettagli dell’infanzia e dell’adolescenza, segnate dal precoce esordio della malattia mentale. La pellicola mette al centro della narrazione il tema della fragilità mentale, della mancanza di cure idonee e degli effetti devastanti dell’emarginazione sociale, che tuttavia non impediscono al talento e alla creatività di manifestarsi. L’arte coloratissima di Ligabue prende vita davanti allo spettatore, sottolineata da una fotografia curata nei minimi dettagli, al punto da rendere alcune sequenze simili a quadri. Elio Germano, emaciato e ombroso, sembra far rivivere lo spirito di un artista che ha saputo fare della sua diversità un punto di forza.

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Arianna Trombaccia

Romana, classe 1996, ha conseguito la laurea magistrale con lode in Storia dell'arte presso l’Università La Sapienza. Appassionata di scrittura creativa, è stata tre volte finalista al Premio letterario Chiara Giovani. Lettrice onnivora e viaggiatrice irrequieta, la sua esistenza è scandita dai film di Woody Allen, dalle canzoni di Francesco Guccini e dalla ricerca di atmosfere gotiche.

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