A volte la musica imprigiona lo spirito del tempo nel pentagramma, preservando le sensazioni di un preciso momento storico per tutte le generazioni che verranno. Qualche compositore riesce in questa magia meglio degli altri, entrando a far parte dell’Olimpo dei grandi, e Pëtr Il’ič Čajkovskij, nato il 7 maggio 1840 nel villaggio russo di Votkinsk, non fa eccezione con la sua Ouverture 1812. Composta nel 1880, l’Ouverture non è solo un capolavoro musicale come i tanti creati dal buon Pëtr (impossibile non pensare allo Schiaccianoci o al Lago dei cigni), ma una narrazione sonora commissionata per celebrare uno degli eventi più significativi della storia russa: la difesa dell’impero contro la campagna napoleonica.
Napoleone Bonaparte, l’imperatore venuto dal nulla, aveva travolto l’Europa senza neanche darle il tempo di riprendersi dalla Rivoluzione che l’aveva pescato dalla Corsica e piazzato sul trono. Nel giugno 1812 i 650mila uomini della sua Grande Armée erano entrati in territorio russo, con l’obiettivo di bloccare l’unico sbocco commerciale sul continente agli inglesi, gli eterni nemici. E, perché no, appropriarsi degli enormi territori in mano allo zar Alessandro I.
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L’esercito francese, inizialmente vittorioso come al solito, si trovò ben presto a fronteggiare la guerriglia delle truppe russe e la strategia della terra bruciata (orchestrate dal geniale generale Pëtr Ivanovič Bagration e in parte dal più famoso Michail Kutuzov), che ridussero al minimo le risorse a disposizione degli invasori nella loro avanzata verso est. I francesi raggiunsero Mosca a metà settembre, trovandola devastata da un incendio quasi certamente ordinato dai comandi russi. Dopo alcune sconfitte in battaglia, e con l’arrivo di un clima che i francesi non erano pronti ad affrontare (il “generale inverno” dei libri di scuola), iniziò la drammatica ritirata delle forze di Napoleone, segnando una vittoria storica per la Russia contro un vecchio alleato e un duro colpo alle ambizioni dell’imperatore.
La composizione dell’Ouverture fu commissionata a Čajkovskij nel 1880, per essere poi eseguita due anni più tardi in occasione dell’inaugurazione della Cattedrale di Cristo Salvatore, edificata a partire dal 1812 proprio per commemorare la vittoria contro Napoleone. I tempi erano cambiati: la Russia zarista era alle prese con nuove sfide interne ed esterne, e l’Ouverture, celebrando la vittoria del passato, si inseriva in un periodo di rilancio dell’identità nazionale. Pëtr Il’ič Čajkovskij, anche se legato alla sua terra natale, non era un sostenitore incondizionato del nazionalismo imperante; il suo approccio alla composizione era più cosmopolita e, pur apprezzando la tradizione musicale del suo paese, cercava di fondere le influenze europee con le caratteristiche della musica russa (che nel frattempo veniva riscoperta dal cosiddetto gruppo dei Cinque, ossia Milij Alekseevič Balakirev, Aleksandr Porfir’evič Borodin, Cezar’ Antonovič Kjui, Modest Petrovič Musorgskij e Nikolaj Andreevič Rimskij-Korsakov).
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La struttura dell’Ouverture è costruita per simboleggiare il conflitto tra le forze russe e francesi, coinvolgendo emotivamente l’ascoltatore. La musica si sviluppa seguendo la progressione degli eventi storici: si apre con un tema corale su un inno ortodosso che evoca l’atmosfera raccolta e solenne del paese pronto ad affrontare l’invasore, prima di un crescendo militaresco e concitato. Arriva quindi la Marsigliese, l’inno nazionale francese (all’epoca della composizione), che rappresenta l’incombere della potenza militare di Napoleone. La tensione cala brevemente in un tema popolare russo, prima di una nuova battaglia; la conclusione, dopo un ultimo diminuendo, è un’esplosione di suoni, che ci descrivono la vittoria dei russi mescolando le note dell’inno Dio salvi lo zar (del 1833), vere campane e colpi di artiglieria.
Ed è proprio l’utilizzo dei colpi di cannone, che suonano come parte integrante della composizione, uno degli aspetti più iconici dell’Ouverture. Non si tratta solo di un espediente scenografico o di un’esagerazione, ma di un elemento musicale che riflette l’idea di una battaglia vinta, di una liberazione che diventa suono (infatti nel frattempo le campane rintoccano a festa).
Nell’epoca della composizione gli zar, in pieno sentimento ottocentesco, provavano a compattare il loro gigantesco impero intorno a un’idea di nazione russa (anche tramite la religione) e in questa chiave va ascoltata l’opera di Čajkovskij, che in realtà si mostrava molto moderato rispetto ai nazionalisti più puri. Dall’Ouverture emerge un’idea di popolo russo capace di affrontare le difficoltà della sua storia e di uscirne trionfante, anche contro un nemico temibile. Il periodo che seguì le guerre napoleoniche fu attraversato da enormi trasformazioni sociali, politiche e culturali, culminando con l’arrivo del movimento intellettuale e sociale che avrebbe portato alla Rivoluzione bolscevica del 1917. Le tensioni tra il desiderio di un maggiore rinnovamento sociale e la difesa della tradizione erano palpabili, e Pëtr Il’ič Čajkovskij, con la sua arte, era in cerca di un equilibrio tra ciò che voleva esprimere e l’effettiva possibilità di farlo in un regime autocratico come quello dello zar.

Fonte: commons.m.wikimedia.org
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Anche se l’Ouverture 1812 è indissolubilmente legata alla sua funzione di celebrazione della vittoria russa, la sua fama è andata ben oltre il suo contesto originale. Nonostante il suo creatore la disprezzasse, è stata ripresa e adattata in numerosi contesti, dal cinema alla pubblicità, e il suo finale rappresenta ancora nel nostro immaginario i trionfi più caotici (ad esempio in V per Vendetta, del 2005). Inoltre, la composizione è stata usata più volte in eventi sportivi, come le cerimonie di apertura delle Olimpiadi, per enfatizzare momenti di grande celebrazione e vittoria collettiva. La sua presenza nella cultura popolare, dunque, dimostra come un’opera di così profondo significato storico possa essere adattata a contesti più moderni e universali, mantenendo intatto il suo impatto emotivo. Non vi resta che ascoltarla.
In chiusura è doveroso uno scontato consiglio di lettura: l’Ouverture può fare da colonna sonora all’insuperabile Guerra e Pace. Il capolavoro di Lev Tolstoj, pubblicato tra il 1863 e il 1869, approfondisce le implicazioni morali, filosofiche e personali della guerra, esplorando come gli eventi bellici influenzino la vita dei protagonisti. Leggerlo ascoltando Čajkovskij è un’esperienza immersiva che tutti meritano di vivere.
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