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«Chiamami col tuo nome»: perché era lui, perché ero io

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6 minuti di lettura

È uscito giovedì 25 gennaio nei cinema italiani Chiamami col tuo nome, film di Luca Guadagnino candidato a quattro premi Oscar (miglior film, miglior attore protagonista, miglior canzone, miglior sceneggiatura non originale).

Il film, tratto dall’omonimo romanzo di André Aciman, vede protagonisti Armie Hammer e Timothée Chalamet, rispettivamente nei panni di Oliver, venticinquenne americano, ed Elio, diciassettenne italoamericano. La storia si sviluppa in provincia di Cremona, nella torrida estate del 1983: Elio è figlio di un docente universitario di archeologia che è solito ospitare nella sua enorme villa del Seicento gli studenti che lavorano con lui al dottorato. Ogni anno, per sei settimane, è ospite del professor Perlman e della sua famiglia uno studente diverso, e nel 1983 è il turno di Oliver.

Odi et amo

Oliver è molto bello, colto, sempre con la risposta pronta. Le ragazze cadono ai suoi piedi. Non potrebbe essere più diverso da Elio, giovane musicista introverso e totalmente privo di esperienza in amore. Per via di questa diversità, inizialmente Elio fatica a sopportare Oliver, giudicandolo saccente e arrogante. Tuttavia, col passare delle settimane Elio si rende conto di essere inevitabilmente attratto da quella che probabilmente era l’ultima persona sulla faccia della Terra di cui si sarebbe potuto innamorare.

«Il resto è storia», come si suol dire, e non sarebbe nemmeno giusto rovinare ai lettori il piacere di scoprire al cinema l’evoluzione di questo amore, apparentemente improbabile, che si rivela viscerale. Si può dire, in ogni caso, che Chiamami col tuo nome è una sorta di romanzo di formazione per fotogrammi. Nel corso del film, Elio cresce, come gli ordina di fare lo stesso Oliver in un biglietto. Cresce fino a diventare un altro nel giro di un’estate, al punto da proiettare se stesso sulla persona amata chiamandola con il proprio nome.

Un’omosessualità atipicamente incoraggiata

Chiamami col tuo nome è un film atipico nel panorama italiano, in cui stanno iniziando – sebbene un po’ a fatica, tocca ammetterlo – a diffondersi film a tematica lgbt. Atipico perché molto spesso nei film italiani, che in fin dei conti rispecchiano il nostro Paese, i personaggi che si scoprono gay devono vedersela con l’ostracismo da parte della famiglia. Qui Oliver ed Elio non vivono la loro storia alla luce del sole – il film è pur sempre ambientato nel 1983, dovranno passare decenni prima che vedere due persone dello stesso sesso tenersi la mano per strada non faccia più storcere il naso ai più –, ma in qualche modo i genitori di Elio intuiscono qualcosa, complice il rapporto splendido che li lega al figlio. Intuiscono che quella con Oliver probabilmente è più che un’amicizia e, a sorpresa, la incoraggiano.

Verso la fine del film, in un monologo che forse è fra i momenti più emozionanti di tutto il film, il padre di Elio parla del rapporto del figlio con Oliver citando una celeberrima frase di Michel de Montaigne (1533-1592) riferita all’amico fraterno Étienne de la Boétie: «Parce que c’était lui, parce que c’était moi». Perché era lui, perché ero io. L’amore si fonda sul riconoscimento: sul riconoscimento da parte degli amanti, che riescono a trovarsi ed eleggersi a vicenda, e nel contempo sul riconoscimento da parte di tutti gli altri, perché in fondo un amore profondo non passa inosservato.

Una Vita di Adele al maschile

Chiamami col tuo nome, intenso e raffinato al tempo stesso, scivola via per più di due ore senza nemmeno che lo spettatore se ne renda conto. Solo il tempo potrà dirci se sarà – a ragione – premiato alla Notte degli Oscar. Uscendo dalla sala, tuttavia, la mente corre inevitabilmente a un altro capolavoro a tematica lgbt, a un’altra “iniziazione sentimentale”: La vita di Adele del regista tunisino naturalizzato francese Abdellatif Kechiche, ispirato alla meravigliosa graphic novel di Julie Maroh Il blu è un colore caldo e vincitore della Palma d’Oro al Festival di Cannes del 2013. Attraverso l’amore con Oliver, Elio in sei settimane diventa, da ragazzino che era, un uomo, così come Adèle cresce grazie alla sua relazione con Emma. Si direbbe, da questo punto di vista, una “Vita di Adele al maschile”, anche se le somiglianze finiscono qua: la storia si evolve in un altro modo e lo stile di Guadagnino è ovviamente diverso da quello di Kechiche.

A questo punto, non resta che tuffarsi nella campagna cremonese bruciata dal sole e seguire Elio nell’estate che gli cambierà la vita.

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Francesca Cerutti

Classe 1997, laureata in Lingue per l'impresa e specializzata in Traduzione. Sempre alla ricerca di storie che meritino di essere raccontate. Nel 2020 è stato pubblicato il suo romanzo d'esordio, «Noi quattro nel mondo».

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