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Cool war: il futuro della competizione globale tra Stati Uniti e Cina

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3 minuti di lettura

A partire dalla fine del secolo scorso, con la dissoluzione dell’Unione Sovietica e la vittoria della guerra fredda da parte degli Stati Uniti, l’Occidente ha vissuto nell’illusione di avere sconfitto per sempre il “nemico orientale”. Negli anni successivi alla fine della guerra fredda, Stati uniti ed Europa hanno continuato a cooperare e prosperare assistendo a una continua crescita economica, fondata sulla mondializzazione e sulla rivoluzione informatica, fino agli inizi della “grande recessione”.

Con la crisi economica, iniziata nel 2007, prende forma nell’immaginario collettivo una nuova competizione globale. Infatti, mentre gli Stati Uniti e l’Europa iniziarono a subire un primo arresto alle rispettive economie, la Cina attraverso le nuove riforme di mercato, adottate dallo Stato, continuò la sua ascesa economica arrivando a occupare la posizione di seconda economia mondiale.

Che cos’è “Cool war”?

Noah Feldman, docente di diritto internazionale alla Harvard Law School, nel libro Cool war, “guerra fresca”, delinea i profili degli attuali giganti globali: Stati Uniti e Cina, ponendosi nell’introduzione del saggio i seguenti interrogativi: «Siamo sull’orlo di una nuova guerra fredda? Dovremmo pensare a Stati Uniti e Cina come un tempo pensavamo a Stati Uniti e unione Sovietica, due gladiatori destinati a un combattimento sempre più globalizzato finché uno dei due non soccomberà?».

La risposta a queste domande deve tenere conto del panorama politico-economico mondiale, essenzialmente differente da quello che caratterizzò ogni altro grande scontro storico.

Dalla guerra del Peloponneso, combattuta nell’antica Grecia tra Sparta e Atene, alla guerra fredda tra Usa e Urss, non era mai successo nella storia che due super-potenze fossero così in modo profondo economicamente interdipendenti. Questa interdipendenza è quello che Feldman definisce il «paradosso della Cool War» e, per comprendere ciò di cui si sta parlando, è necessario riportare qualche dato a riguardo.

La Cina, per mantenere competitiva la sua moneta, oggi detiene circa 1120 miliardi di dollari del debito statunitense, circa il 6% del suo totale e, direttamente o indirettamente, garantisce 3 milioni di posti di lavoro negli Stati Uniti.

Dall’altro lato, gli Stati Uniti incidono per circa il 25% sulle vendite dalla Cina e gli scambi commerciali che intercorrono tra i due paesi ammontano a più di 550 miliardi di dollari annui, con un deficit commerciale per gli Usa di circa 300 miliardi. In breve, la Cina necessita di un grande acquirente come gli Stati Uniti per l’acquisto dei suoi prodotti e quest’ultimi continueranno ad avere bisogno dei prestiti di denaro dalla Cina.

 

Cool war

Fragili interdipendenze

Da questi numeri è subito chiaro come Stati Uniti e Cina stiano vivendo in una spirale economica che non lascia spazio a scenari alternativi da quelli a cui stiamo assistendo, entrambe le potenze traggono benefici dalla reciproca collaborazione. Per Feldman sono questi dati a rappresentare la novità della Cool war, durante la guerra fredda una simile interdipendenza non era presente, infatti, anche all’apice del disgelo, il dialogo tra i due paesi era circoscritto alla gestione dei rispettivi interessi e alla limitazione di uno scontro nucleare, niente di più. È chiaro che le divergenze ideologiche tra le due potenze erano e rimanevano inconciliabili in ogni ambito, politico ed economico. A differenza dell’Unione Sovietica però «la Cina ha abbandonato l’ideologia comunista in tempo per evitare il crollo».

Noah Feldman sostiene che, per evitare un conflitto che passi dalla “guerra fresca” a quella fredda, sia necessaria una  cooperazione competitiva tra le due super-potenze in grado di potere garantire continui e mutui benefici.

Alle critiche dei politici di entrambi i paesi, che ipotizzano nella guerra economica “un vincitore”, Feldman risponde con una frase di David Hume, tratta dal saggio VI dei suoi Saggi politici, intitolato appunto Della gelosia del commercio«L’aumento delle ricchezze e del commercio, in qualunque nazione, invece di impedire, promuove generalmente le ricchezze e il traffico in tutti i vicini».

Cool war

L’Unione Europea

Il legame che intercorre tra cooperazione competitiva e pace per gli internazionalisti liberali trova concreta esemplificazione nell’Unione Europea, luogo in cui per secoli i suoi stati membri si sono sfidati in guerre sanguinose e ora si trovano a collaborare, incrementando gradualmente i reciproci legami economici e politici all’interno di istituzioni giuridiche e governative. Chi oggi potrebbe immaginare un conflitto tra Francia, Germania e Gran Bretagna? Probabilmente nessuno, questo perché sarebbe semplicemente irrazionale ed esageratamente dannoso per tutti i paesi che ne fanno parte. Se da un lato la cooperazione competitiva tra Stati Uniti e Cina esclude un conflitto diretto tra le due superpotenze, dall’altro lascia aperti scenari di tensione simili alle guerre per procura della guerra fredda.

Inoltre, è molto probabile che, nei prossimi anni, questioni “spinose” come i mari della Cina o lo stretto di Taiwan facciano ricadere il mondo nella tensione che ha caratterizzato il conflitto del duumvirato Usa-Urss durante la crisi dei missili di Cuba.
La profonda interdipendenza economica tra Stati Uniti e Cina, e la funzione delle istituzioni internazionali, avranno un ruolo fondamentale per evitare, o arginare, nuovi conflitti globali.

Noah Feldman dunque, con Cool war, attraverso un’indagine meticolosa e realista, non vuole escludere nessuno scenario di conflitto, poichè, fintanto che una delle due parti sarà convinta di “poter vincere” sull’altra, l’ipotesi di una nuova guerra mondiale rimarrà concreta.

Tuttavia, bisogna comprendere – e Cool war di Feldman sembra dimostrarlo – che due potenze con idee, tradizioni e differenti obiettivi non sempre «si fondono in una grandiosa sintesi» e, allo stesso tempo, un loro possibile conflitto non per forza dovrà sfociare «in un’epica battaglia all’ultimo sangue».

Pietro Regazzoni

 

Pietro Regazzoni

Nato a Lecco tra lago e monti nel 1997. Studio economia interessandomi di mille altre cose. Amo passeggiare e immaginare il futuro.

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