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femminismo e anarchia

Femminismo e Anarchia nell’analisi di Emma Goldman

A distanza di cento anni, «Femminismo e Anarchia» rimane una pietra miliare del pensiero femminista. Ma quali sono, per Emma Goldman, le catene da cui (ancora oggi) le donne devono liberarsi?

11 minuti di lettura

Cosa c’entrano i termini «femminismo» e «anarchia» nel titolo di un saggio? Eppure la filosofa Emma Goldman li associa nell’opera che resta ancora oggi una delle pietre miliari delle analisi sul femminismo degli inizi del Novecento (cfr. Femminismo e anarchiaBFS Edizioni, Pisa 2022).

Le sue tesi e le sue parole riecheggiano di una sorprendente lucidità e di una sconcertante attualità, che ci portano a riflettere su dinamiche ancora oggi presenti nella vita delle donne. 

Emma Goldman non fa sconti e ci regala una delle pagine più belle e interessanti della letteratura degli inizi del Novecento, con delle parole potenti che, al di là di ogni moralismo e di ogni ideologia, raccontano il pensiero di una donna che mette al centro e prima di tutto la libertà e la sua forza. 

Femminismo e anarchia, un rapporto necessario

Uno dei pericoli più frequenti che si corrono quando un nuovo movimento e un nuovo pensiero vengono alla luce è che, nella traduzione di questo in una prassi sociale, esso assuma i caratteri di una vera e propria ideologia

Ciò significa che se da una parte il femminismo è stato in grado di smuovere le acque e smascherare, piano piano, il patriarcato che aveva regnato (e che regna ancora) da millenni e indisturbato a discapito di migliaia di donne cadute sotto la sua morsa, dall’altra parte il femminismo ha assunto spesso forme ideologiche molto pericolose. 

Il carattere più subdolo dell’ideologia sta nella sua capacità di normalizzarsi; per questo, a distanza di tempo, non ci si interroga più sulle sue dinamiche, dando per scontati i comportamenti che quell’ideologia ci persuade a mettere in atto e su cui non ci interroghiamo considerandoli “naturali”.

Nel corso del saggio, Emma Goldman taccia spesso i movimenti femministi (ella, per una questione temporale, fa riferimento alle suffragette) di essere diventati pericolose ideologie, che persuadono le donne con tesi che nulla valgono alla loro emancipazione, ma alla conservazione di una società tradizionale e patriarcale.

Dopo aver proposto l’Anarchia come unica soluzione ai mali ideologici, descrivendola come «la filosofia di un nuovo ordine sociale fondato sulla libertà non limitata da leggi fatte dagli uomini; la teoria secondo cui tutte le forme di governo si basano sulla violenza, e pertanto sono sbagliate e dannose, oltre che inutili»(p.32), ed aver scandagliato il tema del suffragio universale femminile, che ha condotto le donne a diventare solo un’ulteriore forza nell’affermazione del sistema patriarcale e delle sue leggi becere e bigotte, Goldman fa luce sui temi del matrimonio, dell’amore e della sessualità.

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Il matrimonio e l’amore nel femminismo anarchico

Emma Goldman in Femminismo e anarchia sostiene una tesi che a primo acchito, durante la lettura di questo saggio, lascia attoniti, ma che apre le porte ad una comprensione nuova di quello che è il suo pensiero riguardo relazioni, sessualità nel femminile: 

Se l’emancipazione della donna da parziale diviene totale e vera, spazzerà via l’idea ridicola che essere amate, avere un rapporto d’amore ed essere madri, sia sinonimo di schiavitù e sottomissione. Dovrà porre fine all’assurda concezione del dualismo dei sessi o all’idea che l’uomo e la donna rappresentino due mondi antagonistici. 

(Femminismo e anarchia, BFS Edizioni, p. 115) 

Nella visione totalmente contro-ideologica di Goldman, queste parole rappresentano una luce nell’oscurantismo dell’ideologismo in cui spesso il femminismo è caduto. 

Secondo il pensiero di Goldman, infatti, l’emancipazione della donna non parte da fattori esterni, socio-culturali ed economici, perché la conquista di quelli rappresenterebbe solo una fase successiva. L’emancipazione femminile parte dalla donna stessa, dalla sua interiorità e deve essere totalizzante e vera. Questa condurrà la donna a rifiutare le catene imposte dalla società, comprese quelle imposte dallo stesso pensiero femminista e la condurrà ad una maggiore consapevolezza e amore per la propria natura, a prescindere da quale essa sia. 

Una donna emancipata, secondo Goldman, non è necessariamente una donna in carriera che scimmiotta atteggiamenti maschili; è una donna che ha preso coscienza del proprio sé, con cui ha fatto pace. In quest’ottica anche il rapporto con un uomo o l’essere madri non sarà inteso come una schiavitù, ma come un’espressione libera del proprio temperamento. 

L’uomo, per Goldman, non è il nemico della donna, ma anzi può diventare il suo miglior alleato per la costruzione di un mondo migliore fondato sulla libertà e sul rispetto delle parti, nelle loro reciproche diversità. 

Seguendo il pensiero di Emma Goldman

L’emancipazione dovrebbe dare alla donna la possibilità di essere umana, nel senso più profondo del termine. (…) Un’emancipazione solamente esteriore ha trasformato la donna moderna in un essere artificiale, (…); tutto tranne le forme che si realizzerebbero per naturale espressione delle sue qualità più profonde. 

(p. 104-105)

L’emancipazione socialmente condotta e condivisa della donna l’ha trasformata in un essere artificiale che non ha nulla di umano. La donna, infatti, appare sempre e comunque asservita a delle dinamiche patriarcali ed è oggetto incontrastato del desiderio dell’uomo senza poter manifestare i propri con naturalezza e sentimento. 

La società in cui Goldman vive, che è quella dei primi del Novecento, in realtà non sembra molto diversa da quella in cui viviamo oggi, nonostante i grandi passi fatti in materia sessuale e amorosa. 

Ancora oggi, infatti, le donne non riescono ad esporre con spontaneità i propri desideri, soprattutto in materia sessuale, che resta un tabù e il regno indiscusso del dominio maschile. I suoi istinti naturali sono soppressi e, mentre allora lo si faceva in nome del decantato valore della verginità, oggi lo si fa in nome di una rispettabilità sociale da mantenere. Questa «rispettabilità» dà accesso ad una vita degna perché, diversamente, la donna o la ragazza contemporanea saranno sempre tacciate di essere delle poco di buono. 

Gli istinti della donna e la sua sessualità, come esposto da molte autrici contemporanee e prima fra tutti Tamara Tenenbaum in La fine dell’amore: amare e scopare nel XXI secolo, sono oppressi in favore di quelli dell’uomo e del suo dominio millenario. La donna diventa non solo il volano del piacere maschile, ma anche madre e moglie non per scelta ma per mantenimento di uno stato sociale. 

In Emma Goldman, invece, è già chiaro (un secolo fa!) che sessualità e relazione amorosa debbano essere vissuti in libertà dalla donna come anche dall’uomo, volti alla costruzione di un modello completamente nuovo, dove la libertà di essere semplicemente e pienamente ciò che si è domina incontrastata.

L’eredità anarchico-femminista di Emma Goldman 

A distanza di circa cento anni dalla scrittura del saggio Femminismo e anarchia, l’eredità di Emma Goldman è ancora immensa. 

La sua scrittura a tratti caustica non lascia spazio ad interpretazioni fallaci: la donna è chiamata a liberarsi quanto prima dalle catene che nuove forme di emancipazione e rivolta le hanno imposto. 

Il matrimonio non è la via della libertà, come non lo è il mantenimento dello status quo o come non lo è la preservazione e la conservazione della sua integrità moralista, perché sotto lo scacco del giudizio di una comunità esterna che la addita e la immagina asservita, comunque, anche se in forme diverse, alle dinamiche del patriarcato. 

Una donna libera è una donna che non ha più paura e che non cerca protezione, è una donna che combatte né davanti né dietro l’uomo per i suoi diritti, ma accanto, che rinuncia a tutti quelli che dalla vecchia società venivano considerati dei privilegi, come il mantenimento economico e che è in prima linea per se stessa e per tutte le altre donne che verranno. 

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Anto D'Eri Viesti

A proud millennial. Dopo il dottorato in semiotica e gender studies decide di dedicarsi solo alle sue passioni, la comunicazione e la scrittura.
Copywriter e social media manager.
La verità sta negli interstizi, sui margini e nei lati oscuri.
Tanti fiori, cioccolato e caffè.

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