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Già che c’eravamo, potevamo ghigliottinarlo

6 minuti di lettura

 

di Mattia Marasti 

o-SCATTONE-facebookGià che c’eravamo, a Giovanni Scattone, potevamo ghigliottinarlo.

Perché quello a cui abbiamo assistito in questi giorni, anzi, quello che è evidente dopo questi giorni, è l’istituzione di un tribunale morale, una sorta di concistoro. E chi sono i giudici di questo tribunale? È la massa, di manzoniana memoria. Non un popolo, ma una massa. Un enorme macigno che si muove, sospinto dal vento, dalla rabbia, dall’irrazionalità. Quella di Giovanni Scattone è un’ennesima colonna infame. Si è venuto a creare uno stato di cose tale da spingere una persona che ha scontato la sua pena, dopo uno tra i processi più controversi mai avvenuti, ad abdicare, a rinunciare al lavoro che già prima aveva svolto. E questo clima è appunto nato dalla condanna morale emessa dalla Massa.

la-sindrome-di-RobespierreCi sono già stati periodi simili: uno tra questi, sicuramente, fu il periodo del terrore, post rivoluzione francese. Non è più una questione di governo e democrazia, che sia chiaro, non è dittatura del proletariato: la democrazia ha le sue regole, ha una carta costituzionale, ha degli organi di potere. Se il popolo è scontento dei suoi governanti, non deve e non può scendere in piazza a manifestare in maniera violenta, chiedendo la testa dei capi di governo. E, se lo ricordino i giustizialisti, i politici a moneta, coloro che si muovono in base al vento e alla pancia dell’opinione pubblica, non finiscono bene: colui che si fece fautore del terrore, un certo Maximilien Robespierre, che sconfisse il suo alleato Georges Jacques Danton, finì anche lui con la testa mozzata, mostrata dal boia alla popolazione in preda alla gioia più sfrenata, incoscienti dell’arrivo imminente di Napoleone Bonaparte.

Un altro periodo simile fu quello della strategia della tensione. Parliamo quindi degli anni ’70, quando i fascisti mettevano le bombe nelle stazioni, i comunisti sparavano alle gambe, rapivano giudici, politici. Il paese verteva in uno stato di immobilismo, dove ogni mossa era reputata pericolosa, punibile da questi giustizieri della notte, che si definivano difensori del popolo. Quello stesso popolo costretto a restarsene al rinchiuso in casa.

Marcuse portraitOggi le armi non le usano più. Lo diceva anche Herbert Marcuse: non si conquista nulla con la violenza, molto meglio l’egemonia. Esiste però un fenomeno pericolosissimo, ovvero il processo di democratizzazione totale. Ognuno di noi può esprimere la sua opinione, indignarsi, fare analisi, far sentire la sua voce, grazie a innumerevoli strumenti. Il problema è che questo processo è una bomba ad orologeria. Perché deve andare di pari passo con una cultura democratica e di massa, che permetta a queste persone di avere strumenti interpretativi, e non seguire le passioni e gli istinti, ma questa cultura democratica sta venendo, ogni giorno di più, distrutta a picconate. Quella a cui stiamo assistendo è la disfatta del progetto illuminista di accendere il lume della ragione nella testa di ogni individuo. Il fatto che il popolo, sempre più sprovvisto delle armi culturali che costituiscono il necessario senso critico per poter dare giudizi sul mondo, possa esprimere la propria opinione su ogni cosa è appunto pericolosissimo. E non si manifesta solo nel caso Scattone, ma nella vita politica in generale.

E, come esecutori delle condanne emesse da questo tribunale, ecco che arrivano persone del calibro di Maurizio Gasparri, che per anni ci ha fatto il suo discorsetto sulla magistratura, su come usasse il potere, sul giustizialismo della società italiana, o lo stesso che richiede, chissà per quale motivo, la liberazione immediata dei Marò. Come un avvoltoio egli si è gettato su quel brandello di carne succoso. Oppure Il Fatto Quotidiano, che ieri scriveva «Marta Russo, uccisa a fucilate da Giovanni Scattone», post poi ovviamente modificato.

Ieri l’articolo dell’altro giorno è stato attaccato con parole come «sempre garantisti con il culo degli altri». Ma è proprio questo il succo del discorso. La giustizia è qualcosa di superpartes, e non deve importarsene, so che può suonare duro, del dolore dei genitori di Marta Russo. Loro devono chiedere giustizia, non vendetta. Grazie a questo concistoro e alle sue condanne, e grazie a questo clima di tensione, non è stata rovinata solo la vita di Marta Russo e quella della sua famiglia, ma anche di Giovanni Scattone.

Come al solito, hanno vinto gli sciacalli.

infame

 

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Redazione

Frammenti Rivista nasce nel 2017 come prodotto dell'associazione culturale "Il fascino degli intellettuali” con il proposito di ricucire i frammenti in cui è scissa la società d'oggi, priva di certezze e punti di riferimento. Quello di Frammenti Rivista è uno sguardo personale su un orizzonte comune, che vede nella cultura lo strumento privilegiato di emancipazione politica, sociale e intellettuale, tanto collettiva quanto individuale, nel tentativo di costruire un puzzle coerente del mondo attraverso una riflessione culturale che è fondamentalmente critica.

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