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«La grande odalisca» di Ingres: sensualità ed esotismo

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3 minuti di lettura

Sdraiata su un letto di stoffa azzurra, bianca ed ocra, in un’atmosfera intima e sensuale, La grande odalisca (1814) di Jean-Auguste-Dominique Ingres ci osserva con sguardo languido e consapevole, impugnando un ventaglio di piume di pavone.

«La grande odalisca» di Ingres: analisi dell’opera

L’ambiente de La grande odalisca di Ingres è quello dell’harem, conturbante e misterioso, immerso per lo più nell’ombra e ricco di oggetti preziosi, come il bruciaprofumi e la pipa dipinti all’estrema destra del letto ed il gioiello appoggiato accanto alla giovane.

L’Odalisca è ritratta completamente nuda, voltata di schiena, in una posa flessuosa, che ne fa brillare la pelle chiara, creando un forte contrasto con la ricca stoffa blu a destra e lo sfondo nero. Il corpo è esageratamente allungato, secondo gli schemi manieristi, e raggiunge delle proporzioni artificiose, che negano le forme anatomiche in nome della ricerca di un equilibrio e di una bellezza superiori.

Una descrizione, quella di Ingres, che gronda esotismo, la grande tendenza che imperversa in quegli anni, che non mira a restituire una visione realistica di oggetti, ambienti e atmosfere orientali, ma li interpreta secondo quello che per la sensibilità romantica di inizio Ottocento è l’immagine dell’Oriente.

Le influenze dei grandi maestri del Cinquecento

Oltre agli scenari orientalizzanti, per la realizzazione de La grande odalisca Ingres guarda ad alcuni grandi maestri del Cinquecento. Lo si deduce dal turbante avvolto sulla testa della giovane e dal gioiello che le ricade sui capelli corvini, particolari che ci riportano subito a La Fornarina (1518-1519) di Raffello Sanzio di Palazzo Barberini.

Alla base di tutta la composizione sta invece la Venere di Urbino (1538) di Tiziano, di cui Ingres riprende, oltre che la posa, anche se invertita, il drappo di tessuto che decora lo sfondo e il particolare del bracciale d’oro che l’Odalisca porta al polso.

Ma la posa di spalle ricorda anche la Venere di Rokeby (1648) di Diego Velázquez, alla quale Ingres si sarebbe ispirato soprattutto per le deformazioni anatomiche de La grande odalisca.

A proposito di Jean-Auguste-Dominique Ingres

Jean-Auguste Ingres (Montauban, 1780 – Parigi, 1867) è forse il più importante pittore legato alle tendenze conservatrici della prima metà dell’Ottocento ed uno dei maggiori esponenti della pittura neoclassica. Si forma nell’atelier di Jaques-Louis David, con cui condivide l’amore per lo stile solenne dei classici. È infatti il grande oppositore del più rivoluzionario Eugène Delacroix, che scandalizzò i foyers culturali parigini, ispirandosi piuttosto che al canone classico e composto di un Poussin o di un Raffaello, al pathos ed al dinamismo di Pierre Paul Rubens.

 


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Sofia Schubert

Ha studiato Storia dell'Arte, fra la laguna di Venezia e Parigi. Quando non viaggia sulla Luna o in terre esotiche, ama leggere. Che sia da una poltrona, su una panchina o nella vasca, sempre sperando che le spunti una coda da sirena.