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La figlia oscura

Il fascino d’estate – i nostri consigli: «La figlia oscura» di Elena Ferrante

Dalla rubrica «Il fascino d'estate», Elena Ferrante con «La figlia oscura». Un romanzo feroce e commovente dove l'autrice racconta una nuova vicenda di donna, quotidiana e che tuttavia toglie il respiro.

3 minuti di lettura

Ogni volta che si parla di Elena Ferrante la sua misteriosa e ingombrante assenza rischia di mettere in ombra la qualità dei suoi libri. In un mondo in cui tutto è ostentato, “socialmediamente” condiviso sulle homepage, al pubblico (e anche un po’ alla critica) proprio non va giù che un personaggio decida di far parlare i suoi testi, senza pubblicità e comparsate nei salotti. Ferrante è stata (ri)portata alla ribalta dalla recente candidatura al Premio Strega caldeggiata da Roberto Saviano sulle pagine di Repubblica, suscitando un’eco mediatico non indifferente tradottasi poi in un’impennata di vendite del delizioso romanzo L’amica geniale.

Eppure – e almeno inoltre –  è anche un’altra la Ferrante che merita di essere riscoperta, quella ruvida e graffiante delle Cronache del mal d’amore, l’autrice in grado di stregare registi come Roberto Faenza e Mario Martone, la signora del mistero che parla di donne, tormenti e dolori senza mai lasciarsi andare al sentimentalismo.

La figlia oscura è l’esempio più brillante, seppur meno noto, di una scrittura lucida e scarna, in cui la vita interiore di una donna viene indagata senza sbavature e ostentazioni di sorta. La figlia oscura potrebbe definirsi un libro nevrotico, inteso nel senso di nevrosi d’abbandono, quella che colpisce la protagonista Leda, insegnante di letteratura inglese con un divorzio alle spalle e due figlie ormai adulte. Dopo la partenza delle ragazze per il Canada la donna, per niente imbarazzata dalla leggerezza che le procura tale partenza, decide di recarsi in vacanza in un paese del sud Italia, godendosi il mare per riconquistare se stessa. Qui fa la conoscenza di una famiglia poco rassicurante, composta da madre, figlia e parenti ingombranti che la trascinerà, inconsciamente o no, in eventi inquietanti e al limite della follia.

Come ogni nevrotico che si rispetti, Leda compie azioni e gesti opachi, piccoli, ai suoi occhi quasi insignificanti, che finiranno però per produrre, nello svolgersi del tempo, una frattura insanabile con la realtà. Il furto di una bambola – mai realmente motivato, legato forse all’abbandono – porterà questa donna a scavare dentro se stessa, a confrontarsi col mondo e i suoi fantasmi per poter dire alla fine, in una sorta di resurrezione interiore: «Sono morta, ma sto bene».

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Ginevra Amadio

Ginevra Amadio nasce nel 1992 a Roma, dove vive e lavora. Si è laureata in Filologia Moderna presso l’Università di Roma La Sapienza con una tesi sul rapporto tra letteratura, movimenti sociali e violenza politica degli anni Settanta. È giornalista pubblicista e collabora con riviste culturali occupandosi prevalentemente di cinema, letteratura e rapporto tra le arti. Ha pubblicato tra gli altri per Treccani.it – Lingua Italiana, Frammenti Rivista, Oblio – Osservatorio Bibliografico della Letteratura Otto-novecentesca (di cui è anche membro di redazione), la rivista del Premio Giovanni Comisso, Cultura&dintorni. Lavora come Ufficio stampa e media. Nel luglio 2021 ha fatto parte della giuria di Cinelido – Festival del cinema italiano dedicato al cortometraggio. Un suo racconto è stato pubblicato in “Costola sarà lei!”, antologia edita da Il Poligrafo (2021).

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