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Il senso del limite nella “Rivolta” di Camus

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Sono passati ormai sessant’anni da quando Albert Camus ricevette il Nobel per la letteratura, premio assegnatoli dall’accademia svedese «per la sua importante produzione letteraria, che con serietà chiarificante illumina i problemi della coscienza umana nel nostro tempo». Ancora oggi, infatti, Camus continua ad essere uno degli scrittori più letti al mondo e nonostante la sua tragica morte, avvenuta in un incidente d’auto nel 1960, è riuscito a incastonare la maturità del suo pensiero nei suoi romanzi e saggi filosofici.

Non aveva ancora trent’anni quando nel 1942 pubblicò con Gallimard, prestigiosa casa editrice parigina, due delle sue opere più importanti: Il mito di Sisifo e Lo straniero. Ed è proprio Lo straniero che permetterà a Camus di aggiudicarsi un posto nell’Olimpo dell’élite intellettuale francese, guidata da Jean Paul Sartre, che sarà uno dei primi autori a recensire questo capolavoro. Pochi anni più tardi raggiunse notorietà anche nella polis del grande pubblico con un altro romanzo: La peste, una lucidissima metafora del male e dei totalitarismi che dà avvio al ciclo sulla rivolta.

Albert Camus. Fonte: www.flaneri.com

È da qui, e in particolare con la pubblicazione de L’uomo in rivolta (1951), che Camus inizia a consolidare il suo pensiero prendendo sempre più le distanze dalla cerchia di intellettuali alla corte di Jean Paul Sartre. L’uomo in rivolta di Camus rappresenta infatti un manifesto contro i valori assoluti portati avanti nei secoli dalle religioni e dalle ideologie politiche, sfociate successivamente in sanguinose rivoluzioni. La contrapposizione tra i due si accende quando Sartre in un articolo intitolato I comunisti e la pace afferma che soltanto una rivoluzione marxista-leninista guidata dal Partito (PCUS) potrebbe garantire all’uomo in quanto tale piena libertà. Camus è totalmente in disaccordo con la posizione di Sartre, ritenendo che la libertà non nasce con la rivoluzione ma muore proprio con essa e aggiunge: «La manifestazione pseudo-rivoluzionaria possiede ora la sua formula: bisogna uccidere ogni libertà. Il cammino dell’unità passa allora per la totalità». 

Proprio in virtù di questa divergenza Camus inizia a denunciare le storture della Rivoluzione Russa e i crimini del totalitarismo sovietico, allontanandosi sempre di più dall’entourage di Sartre, rimasto arroccato in difesa degli ideali marxisti. Se per Nietzsche il cristianesimo può essere definito come un «platonismo per il popolo», per Camus il marxismo non è altro che un cristianesimo che ha messo al posto del proprio dio la storia. Camus contrappone quindi l’ideale della rivolta a quello di rivoluzione, ma in cosa consiste l’atto della rivolta? Le prime righe del suo saggio la descrivono così:

«Che cos’è un uomo in rivolta? Un uomo che dice no. Ma se rifiuta, non rinuncia tuttavia: è anche un uomo che dice di sì, fin dal suo primo muoversi. Uno schiavo che in tutta la sua vita ha ricevuto ordini, giudica ad un tratto inaccettabile un nuovo comando».

“L’homme révolté” di Albert Camus. Fonte: www.renaud-bray.com

Dobbiamo pensare di vedere dinanzi a noi un padrone che continua a dare ordini al suo schiavo, il quale però a un certo punto si rivolta ai soprusi ponendo un confine al padrone, dicendogli con chiarezza che «c’è un limite oltre il quale non andrai». Lo schiavo nel momento in cui si oppone al padrone non è più schiavo, si sta liberando dalle catene della sua condizione. La situazione vale anche se i soggetti fossero tre: lo schiavo, il padrone e l’io che osserva. In questo caso ciò che induce alla rivolta è il vedere coi nostri occhi l’ingiustizia subita da un’altra persona e, proprio nel momento in cui mi rivolto dicendo «basta, non andrai oltre!» mi sto immedesimando nella sofferenza dello schiavo che mi sta dinanzi.

E’ la risposta simpatetica trattata da Adam Smith ne la Teoria dei sentimenti morali (1759), si tratta di un qualcosa di spontaneo che ci dà l’impressione di sentire in noi stessi il dolore e le gioie altrui. La risposta simpatetica è naturalmente contagiosa: soffriamo con chi è angosciato e ci rallegriamo con chi si sente bene. La rivolta quindi si fonda su un rapporto, su una relazione, non su principi assoluti o su valori dati, come avviene nelle rivoluzioni, bensì è l’ergersi cosciente di una negazione. Camus propone quindi una relativizzazione dei valori che ponga al centro di tutto non la vita, come valore assoluto, ma la «vita dei vivi». La rivolta prende forma in nome di chi vive non in nome della vita. Non promette un futuro di giustizia, come fanno le rivoluzioni, ma agisce nel presentehic et nunc, partendo da una rivolta del noi che ponga a suo fondamento una reinterpretazione del “cogito” cartesiano: «Mi rivolto, dunque siamo».

Fonte: www.flaneri.com

Tornando al limite posto nella rivolta ritroviamo in Camus l’esigenza di riproporre nell’odierno Occidente l’etica dei greci fondata sulla giusta misura (katà métron) contrapposta alla tradizione giudaico-cristiana che «ha sperperato l’eredità dei greci per abbracciare lassoluto e, distruggendo in se stessa un limite, ha sempre più rivendicato la potenza temporale e il dinamismo storico ai danni della natura». Questa differenza è messa bene in evidenza se mettiamo a confronto il pensiero giudaico-cristiano a quello greco attraverso due brevi citazioni. Nella Genesi (1,26-31) Dio, dopo aver cacciato Adamo ed Eva dal paradiso terrestre illustra le modalità di sopravvivenza agli uomini: «dominate sui pesci del mare, sugli uccelli del cielo e sopra ogni essere vivente che si muove sulla terra»In questa concezione la natura è una creazione divina messa a disposizione del dominio umano, è subordinata alla sua volontà. Nell’antica Grecia non potrebbe essere tollerata una simile tracotanza (Hybris), un tale rapporto di dominio che tende al superamento di ogni limite posto dalla natura. Platone, a proposito,  nelle Leggi, riferendosi all’uomo, affermava: «Non per te infatti questa vita si svolge, ma tu piuttosto vieni generato per la vita cosmica». 

Nasce allora spontaneo il desiderio, e forse la necessità, di tornare ai Greci insieme a Camus, per riscoprire nel senso del limite e nella rivolta la fierezza della condizione umana.

di Pietro Regazzoni

 

 

Pietro Regazzoni

Nato a Lecco tra lago e monti nel 1997. Studio economia interessandomi di mille altre cose. Amo passeggiare e immaginare il futuro.

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