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Inception: l’iniziazione come cominciamento costruttivo

12 minuti di lettura

Fin dall’antichità la relazione sonno-veglia fu oggetto di interesse. Nelle culture dei popoli antichi  il sonno era considerato come uno status psicosomatico alternativo, in quanto stante in analogia e differenza, a quello della vita di veglia. Questa condizione del corpo e della mente aveva per questi popoli la caratteristica di rivelare l’andamento delle circostanze mondane in termini premonitori o meglio, oracolari. Perché questi popoli associavano il sonno all’invasamento della condizione di trans, alla divinazione e alla preveggenza? Perché avevano appreso che quando dormivano il pensiero era in grado di costruire situazioni verosimiglianti ad eventi realmente prospettabili. Dall’attività mentale dello stato di sonno si fa risalire la nozione di Sogno intesa sia come l’atto del sognare sia come la produzione onirica di contenuti concettuali mentali. Il filosofo per eccellenza, Aristotele, nel suo libro sui sogni fornisce un’indicazione importante scrive:

«Non solo mentre stiamo svegli ci sono in noi i movimenti prodotti dalle sensazioni, vengano esse dal di fuori o dall’interno del nostro corpo, ma anche quando si produce quello stato che si chiama sonno. Anzi allora appaiono di più».

Per Aristotele, durante la vita di veglia la nostra mente produce dei pensieri, i quali però a causa delle cose di cui dobbiamo occuparci per sopravvivere, vengono subito messi da parte se non sono attinenti alle necessità immediate dell’immanenza della situazione quotidiana che viviamo. Ciò significa che la mente umana sovrappone pensieri, almeno in ordine a due gradi percettivi: uno relativo al contesto di vita, l’altro totalmente distaccato, avulso da esso (considerando che il pensiero distaccato è di per sé più potente di quello situazionale in quanto appunto necessita di qualcosa che lo interrompa affinché la mente torni alla realtà – un po’ come quando ci si sveglia bruscamente da un sogno). Nella vita del sonno la sovrapposizione di pensieri non avviene. Infatti quando dormiamo diciamo comunemente che «la mente vola libera», il che significa che l’unica attività del pensiero durante il sonno ha come riferimento la mente stessa : il pensiero del sonno, cioè il sogno, è costituito solo da e solo per la Vita della Mente. Aristotele continua e ci dice che nello «stato sensorio del sonno i movimenti prodotti dalla sensazione sono maggiori di quelli prodotti dalla sensazione nello stato di veglia» ciò significa che durante il sonno la mente attraverso il potente atto del pensare non solo costruisce qualche situazione circoscritta come una immagine mentale in cui chi pensa si autorappresenta in certe circostanze o se ne rappresenta altre in cui non è coinvolto, a mo’ di immaginazione. Nel sonno la mente non è disturbata da qualcosa che la riporta alla realtà perciò il processo di computazione di informazioni eseguito dal pensiero in base a una certa procedura logica, per così dire, condivisa in quanto avente validità generale per il funzionamento di ogni mente, si trasforma. Questa trasformazione connessa alla molteplicità degli stimoli interni della mente che producono movimenti in base a sensazioni ha due effetti decisivi per descrivere la natura di ciò che chiamiamo sogno.

Innanzitutto il fatto che il pensiero sia in certo modo autoriferito, non avendo oggetti extramentali accessibili in maniera diretta, fa sì che il pensiero venga portato fino in fondo: ciò significa che il pensiero quando sogniamo è potenzialmente e attualmente illimitato, indefinito e indefinibile, quindi la mente non si limita a creare immagini mentali ma è in grado di costruire interi mondi. L’altro effetto invece è legato alla computazione. Di norma nella vita di veglia la mente non pensa mai astrattamente neanche quando si distacca dall’immediatezza del contesto, invece è indotta a rappresentarsi certe situazioni per scopi di ragionamento sul contesto o sull’immediato futuro. Nel sonno gli schemi mentali computazionali possono del tutto prescindere dai contesti di situazione e basarsi solo sull’attività mentale del sognante. È in questo senso che usiamo la nota espressione «i sogni son desideri»: questo non vuol dire che il sognante può riferirsi nel sogno a ciò che non conosce, ma può organizzare una situazione che desidera realizzare nella realtà o una circostanza che si realizzi nella sua vita così come lui l’ha pensata. Nel contesto mentale del sogno il ruolo svolto dall’insorgere delle emozioni è radicalmente intrecciato col pensiero poietico che costruisce una realtà onirica.

Nel sogno viviamo, quindi, in un mondo, creiamo delle situazioni, viviamo delle emozioni che sono interamente frutto del nostro pensiero, ma sono più potenti e più organizzate che nel semplice atto di immaginarle e forse addirittura più reali per noi di quelle che viviamo nella vita di veglia. Nell’attività del sogno l’immaginazione diventa così potente al punto che diviene possibile per il pensiero controllare i sogni proprio mentre avviene l’atto del sognare oppure di interrompere e riprendere un sogno tra un sonno e l’altro. 

Nel film di Nolan Inception è messa in scena la straordinaria potenza che il sogno esercita nei fatti della vita di veglia nonché la straordinaria possibilità di “organizzare” la vita onirica in modo che essa abbia delle essenziali ripercussioni sulla vita da sveglia e anzi, in modo che indirizzi quest’ultima in un certo andamento.

Nel film il figlio di un ricco imprenditore disprezzato dal padre appena morto deve compiere un viaggio da Los Angeles a Sydney, intenzionato a smembrare l’attività di famiglia. Un gruppo di conoscitori del sogno vengono ingaggiati per modificare nel giovane il ricordo turbante legato all’odio del padre con la creazione di tre livelli onirici. Nel frattempo, il capo di questa squadra viene accusato di aver ucciso sua moglie, Mal; questa, in realtà, si è uccisa confondendo sogno e veglia. Questo aspetto è forse il più interessante di tutto Inception: la moglie stava portando avanti un sogno volontario condiviso con il marito, un sogno che mirava all’obiettivo di costruire un mondo interamente fatto da loro in cui vivere. Lei stava talmente bene che ha iniziato a creare, all’interno del sogno-mondo, escamotage per non doversi svegliare; così il marito per riportare la loro vita alla Realtà sperimenta una tecnica onirica: la tecnica dell’innesto. Suggerisce, così, un’idea alla mente della moglie facendole credere che questa idea corrisponda alla verità; infine entrambi si uccidono, mettendo fine al sogno.

Nonostante, però, svegliandosi la patria comune costruita venga distrutta, la moglie continua a essere convinta che il mondo reale sia quello del loro Sogno. La violenta ostinazione nella difesa di quel loro mondo da parte di Mal fa pensare che l’amore sia un sogno che invera la Realtà, la rende più bella e autentica al punto tale che solo in quella patria costruita in due l’essere umano si senta veramente a casa, veramente in una realtà che identifica e sente come propria. Mal recepisce e elabora l’idea “innestatale” dal marito in senso rovesciato: il mondo reale è finto, il mondo costruito da loro nel sogno, è vero. Infatti non appena si svegliano, lei, spaesata, vive la Heimatlosigkeit, l’assenza e la malinconia della patria che la porterà a distaccarsi dalla Realtà. Per quale ragione Mal inverte la nozione di Mondo in modo tanto paradossale? Se il mondo reale fosse davvero una finzione, noi spettatori, non lo potremmo concepire come dato di fatto e come punto di partenza, altrimenti impazziremmo. Lo capiamo alla fine della pellicola, quando la trottola continua a girare: la trottola continua a girare per moto perpetuo, solo se ci si trova nel sogno di qualcuno. È quindi probabile che tutto il film sia ambientato nel sogno di Mal? Il loro mondo distrutto potrebbe essere un primitivo tentativo di costruire una patria, superato e perfezionato da Mal, la quale riesce a estendere il mondo-patria onirico alla Realtà, creando una unificazione onirico-reale? Come riesce a farlo? Questi interrogativi rimango aperti.

L’aspetto decisivo, da tenere presente, è che la regione del sonno, se dal suo interno il contenuto del sogno rimane impresso nella mente, suscita un grado emotivo di elevata intensità al risveglio di colui che ha sognato; questo insorgere emozionale riesce a determinare un processo cognitivo di scelta e interpretazione. Il messaggio del film è proprio questo: la vita di veglia e il mondo onirico sono come legati a filo doppio, non solo dalla vita nell’alternanza di notte e giorno e di sonno e veglia ma anche su un piano psicologico. Il legame delle due situazioni è fondamentale per allineare le nostre percezioni nei due spazi psichici generando un’armonia nel vivente. Inception ci insegna ad estendere il mondo patrio (costruito con la forza emotiva dell’amore) alla realtà esterna, affinché i confini tra i due mondi vengano cancellati e il Due diventi Uno, il Proprio.

di Lorenzo Pampanini

Lorenzo Pampanini

Classe 1994. Laureato in Scienze Filosofiche all'Università La Sapienza di Roma.

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