Un festival, così come la visione di un singolo spettacolo, non sono una parentesi tra un impegno e l’altro della nostra vita: un festival e uno spettacolo fanno parte della vita. Tra Sansepolcro e Cortona, dal 12 al 24 luglio arriva la ventesima edizione di Kilowatt Festival – Eccesso di realtà: festival internazionale e multidisciplinare di teatro, danza, circo, musica, ideato e diretto da Lucia Franchi e Luca Ricci.
Con oltre 70 appuntamenti tra spettacoli di teatro, danza, circo, musica e incontri pubblici; 57 compagnie ospiti, 24 tra prime e anteprime nazionali, il Kilowatt Festival avrà inizio a Sansepolcro dal 12 al 16 luglio, per poi spostarsi a Cortona dal 20 al 24 luglio.
Nato a Sansepolcro nel 2003, per volontà della compagnia teatrale CapoTrave, il Kilowatt Festival risponde al desiderio e all’esigenza di creare un luogo artistico rispetto a cui non solo gli addetti ai lavori, artisti, operatori, tecnici, ma in primis la città e il territorio potessero appropriarsene. Dalla quinta edizione del Festival è nata la Selezione Visionari, format grazie al quale quest’anno un gruppo di 41 cittadini (“spettatori-non-addetti-ai-lavori”), durante tutto l’anno ha vagliato, una per una, 420 proposte di spettacoli, ne ha scelti 8 da presentare al festival, con l’aggiunta di un nono spettacolo scelto da 6 Visionari under 18, chiamati Visioyoung, studenti del Liceo della Comunicazione San Bartolomeo di Sansepolcro.
Abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Luca Ricci e Lucia Franchi, direttori del Festival.
Da dove è nato il titolo di questa ventesima edizione?
«Il titolo viene da un verso di Thomas Stearns Eliot dai Quattro Quartetti, che recita come l’umanità non possa sopportare troppo realtà: l’abbiamo poi sintetizzato e rielaborato nel claim Eccesso di realtà. Tutti noi ci siamo sentiti sopraffare dagli eventi, lo spartiacque è stato sicuramente la pandemia, senza tralasciare la guerra in Europa, i cambiamenti climatici, la tremenda siccità che stiamo attraversando e la questione idrica che torna a farsi sentire. C’è un eccesso con cui dobbiamo confrontarci. Da qui l’immagine che accompagna il titolo: un mare di rifiuti in senso letterale e metaforico, con una spiaggia libera da rifiuti, un essere umano e sullo sfondo degli alberi. Per noi l’arte, il festival ha compito di fare una sorta raccolta differenziata, dai rifiuti possono essere rigenerate cose meravigliose. Il senso degli spettacoli è aiutarci a ritrovare pulizia, del pensiero, dei sentimenti per riscoprire un’etica del vivere».
Quale è stata l’eco del festival sul territorio? Penso al Gruppo Visionari, c’è stato cambiamento, avete notato più o meno partecipazione?
«La cosa straordinaria, proprio rispetto al gruppo Visionari, elemento identitario del Kilowatt Festival, è stata la grande costanza e continuità dei 16 anni di lavoro, c’è una competenza e una conoscenza che si trasferisce nel tempo, per la grande responsabilità nell’assumere ruolo di Visionari, anche se le persone cambiano. Non abbiamo notato minor partecipazione: è un impegno e un servizio verso l’arte e il contesto in cui i cittadini vivono, portato avanti con grande serietà. Il Festival ha vari progetti partecipativi: dal progetto di Bianco e Valente Le parole e le mani per cui è stato ripreparato drappo del palio della balestra di quest’anno, lo spettacolo di HimHerandit e di Viktor Černický. Per lavorare con le nuove generazioni servono stimoli nuovi: i due anni di pandemia hanno pesato molto, rispetto alla sfiducia nella relazione, nello stare fuori, ma la partecipazione si riconferma come elemento identitario del processo artistico, la portiamo avanti come una missione. I nostri finanziamenti sono in gran parte pubblici: i cittadini stanno pagando affinché si possa portare avanti questo progetto in cui cittadini stessi si sentano coinvolti e partecipi».
Questa cifra stilistica di partecipazione è sicuramento riconfermata anche da EYE-Net 2.0, il progetto del programma Europe for Citizens che vede protagonisti giovani cittadini europei per valorizzare il teatro come forma d’arte collettiva e forum sociale, con l’intento di creare dibattito intorno ai valori e ai problemi attuali dell’UE e al Parlamento dei giovani. Rispetto al seminario internazionale Fuoco cammina con me. I festival del futuro, è una novità di quest’anno? Come è stato studiato?
«È tradizione di Kilowatt accompagnare il Festival con momenti di riflessione e dialogo, ma nello specifico questo seminario è una novità: è stato ideato con Rodolfo Sacchettini: abbiamo lavorato ragionando su quale potesse essere la miglior forma interattiva e concreta per una tre giorni da cui uscire con una riflessione e strumenti concreti di analisi su cosa i festival siano diventati e cosa rappresentino nel panorama nazionale e internazionale. L’obiettivo è cercare di non essere autoreferenziali. Abbiamo pensato di coinvolgere speaker da varie parti d’Europa per costruire tavole rotonde sul festival come evento per portare la riflessione oltre il panorama nazionale».
La Piazza dei Beni Comuni come è stata realizzata rispetto al bando under30 Siete presente. Con i giovani per ripartire?
«La Piazza dei Beni Comuni è una caratteristica di Kilowatt da cinque anni, come salotto di riflessioni su temi legati a sostenibilità ambientale e nello specifico i temi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Con i partner Progetto Val Tiberina e Aisa impianti che gestisce sulla provincia di Arezzo il termovalorizzatore, quest’anno abbiamo vinto il progetto della regione Toscana Siete Presente. Con i giovani per ripartire. Il compito di lavorare con gli under 30 si è concretizzato elaborando progettazioni partecipate, a partire da incontri con i ragazzi per individuare speaker e tematiche da affrontare per queste giornate».
Quale è la vostra aspettativa?
«L’aspettativa di arrivare in fondo quest’anno si fa sentire ancora di più: con il rigurgito del covid, e problemi logistici nei trasporti, portare a termine tutti gli spettacoli e arrivare in salute ed energia ci sembra un ottimo risultato. Come ciliegina sulla torta speriamo che il Festival sia un’occasione di divertimento del pubblico, dell’intelletto e della fantasia, un incontro come stimolo e scambio per operatori e artisti, affinché nonostante le difficoltà innegabili, si possa vivere il Festival in serenità e in pace, come situazione per stare bene e reimparare a stare con gli altri».
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