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«La Ballata di Woizecco»: la forza del simbolo al Teatro della Contraddizione

In scena da 19 al 22 dicembre, «La Ballata di Woizecco» celebra il linguaggio simbolico di cui si serve l’Uomo alla ricerca della propria Umanità.

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L’unione ineffabile

Il potere dei simboli si sprigiona spesso come potenziale fraintendimento racchiuso nel loro significato: il simbolo è infatti ciò che unisce ( dal greco sýmbolon, derivato dal verbo symbállō ‘metto insieme’) e spesso è tale poiché lega assieme ciò che naturalmente vivrebbe nella scissione.

Quando l’uomo parla attraverso i simboli, fa trapelare in controluce la difficoltà della propria espressione: i simboli danno voce ai singulti, agli spasimi della fatica di creare un contatto, una vicinanza.

Per afferrare il significato di un simbolo è inevitabile compiere la medesima impresa: capire i termini dell’opposizione, per poi ricomprenderla da un punto di vista superiore, tale da riuscire ad abbracciare in sé ciò che di primo acchito pare inconciliabile.

Simboli in movimento

Così al Teatro della Contraddizione, il simbolo diventa rappresentazione della propria natura intrinsecamente votata a un piano superiore rispetto alle opposizioni apparentemente irreversibili della natura umana.

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Il primo spettacolo della “coppia cult dell’underground milanese” –Alberto Astorri e Paola Tintinelli– torna in scena a 17 anni dal primo esordio del fortunato sodalizio: la Ballata di Woizecco in scena da 19 al 22 dicembre celebra il linguaggio simbolico di cui si serve l’Uomo alla ricerca della propria Umanità.

Attraverso la sorprendente e vigorosa scelta scenografica di uno spazio estremo che oscilla tra un ring e una giostra da baraccone, il dramma incompiuto dello scrittore tedesco Georg Büchner diventa l’occasione per proporre un microcosmo intricato tanto quanto la mente e il cuore del protagonista.

Comprendere l’opposizione

La scissione dell’Uomo in quanto tale parla attraverso il simbolo del soldato Woyzeck, alla spasmodica ricerca di sé, nella bestialità compresente alla ragione, nel binomio irriducibile cui è destinata l’umanità.

L’esplosivo duo in scena riesce compiutamente a drammatizzare tale lacerazione, potenziandola attraverso un portentoso repertorio musicale, che costituisce lo sfondo privilegiato di monologhi capaci di cogliere con schiettezza la dimensione ineffabile della confusione di un uomo che interrogandosi, pone questioni aperte, destinate a restare tali.

L’uso di particolari oggetti e la scelta di determinate comportamenti crea ne la Ballata di Woizecco un’azione scenica votata alla sincerità, conducendo lo spettatore al più puro stupore: la tragedia della disumanizzazione offre l’occasione di attraversare il baratro vertiginoso dell’umanità.

La consapevolezza come ricomposizione

La forza dell’espressività della brillante e sagace coppia produce un effetto dirompente: la provocazione arriva allo spettatore in totale immediatezza pur attraverso il filtro della finzione teatrale, che riesce ad amplificarne la portata.

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Il simbolo esprime a pieno il tentativo inesausto di ricerca di sé, nella consapevolezza dei propri dissidi interiori. Il linguaggio simbolico si fonda sulla scelta, sulla decisione, sullo sforzo di avvicinare sino ad unire i poli opposti di una tensione irriducibile, se non attraverso una simbolizzazione, uno strenuo tentativo di legame.

L’artificio teatrale riesce a mostrare il simbolo dell’umano lacerandolo dall’interno, indicandone le contraddizioni, le paure e le gioie, per poi ricomporlo con la forza di volontà di colui che desiderandolo, scelga di affrontare e riconciliare nella consapevolezza la propria natura.

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Anastasia Ciocca

Instancabile sognatrice dal 1995, dopo il soggiorno universitario triennale nella Capitale, termina gli studi filosofici a Milano, dove vive la passione per il teatro, sperimentandone le infinite possibilità: spettatrice per diletto, critica all’occasione, autrice come aspirazione presente e futura.