Nelle tele di Giuseppe De Nittis la luce segna il passaggio come su una lastra a collodio umido. Si fa animazione. I ritratti sembra si metteranno in movimento da un momento all’altro. Prendono vita come nelle pioneristiche proiezioni di Filoteo Alberini e dei fratelli Lumière.
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Al Salon, Edgar Degas vide due suoi acquarelli piccoli e bellissimi. Quando tornò a casa scrisse subito una lettera alla moglie: suo marito aveva dipinto due opere senza pari, era riuscito a catturare lo spirito della città.
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Partito da Barletta, cresciuto a Napoli, viaggiata l’Italia, tra le flâneurie di Parigi e le atmosfere melanconiche di Londra, come William Turner, forse anche prima dei suoi contemporanei Claude Monet, Vincent Van Gogh e Camille Pissarro, De Nittis aveva compreso uno dei temi più importanti della modernità: il divenire incessante e rivoluzionò il modo di coglierlo.
Ne abbiamo parlato nel Bar Europa al Rock Night Show su Radio Godot con Barbara Guidi, co-curatrice insieme a Maria Luisa Pacelli e
Hélène Pinet della mostra De Nittis e la rivoluzione dello sguardo in esposizione al Palazzo dei Diamanti di Ferrara.
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Ancora oggi i dipinti di Giuseppe De Nittis sono definiti fotografie viventi. Ritraggono l’esistenza mentre scorre imprevista, mutevole e fugace. Restituiscono il senso del vero e ne fanno un brano di realtà assoluta.
Grazie a Fondazione Ferrara Arte per la gentile concessione delle foto delle opere in mostra per la pubblicazione.
Buon ascolto!