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Marina Abramović: il pubblico e l’opera d’arte

L’arte di Marina Abramović non si osserva, non si guarda: la si vive e la si crea.

2 minuti di lettura

Marina Abramović è una delle più celebri artiste contemporanee. La sua arte cerca di rappresentare il presente, di far vivere l’attimo allo spettatore, di coinvolgere il pubblico al punto da creare un rapporto con l’opera, indipendente da qualunque forma di tempo e di spazio. Il pubblico per l’artista è il “terreno sacro” della sua arte, ciò che ne permette la realizzazione e la riuscita. Ogni opera d’arte è una performance, attraverso cui l’artista cerca di trasmettere il suo amore incondizionato e la sua presenza. Un’opera d’arte di Marina Abramović non si osserva, non si guarda: la si vive e la si crea.

Marina Abramović, il pubblico e l’amore

Il pubblico nelle opere di Marina Abramović è non solo la condizione necessaria per realizzare l’opera, ma diventa una parte di questa stessa. La reazione, il coinvolgimento e la passione dello spettatore costituisce l’opera, garantendone l’assoluta immaterialità. L’immateriale di queste opere, chiamato dall’artista Amore, è non vendibile, non descrivibile e non prevedibile. Amore, percepito tanto dallo spettatore, quanto dall’artista. Amore, vissuto nel presente immateriale e momentaneo.

Marina Abramović
Rythm 0. Marina Abramović ed il suo pubblico, Napoli, 1974.

«Rhythm 0» di Marina Abramović: il simbolo del cambiamento

Una delle prime performance che rese celebre Marina Abramović fu Rhythm 0, opera d’arte rivoluzionaria, in particolare per quanto riguarda il rapporto tra opera, artista e pubblico. 

L’opera è stata messa in scena nel 1974 presso lo studio Morra a Napoli. La performance consisteva nell’invitare gli spettatori ad utilizzare i 72 oggetti disposti dall’artista su un tavolo, a proprio piacimento. L’artista per tutta la durata della rappresentazione si è proposta come oggetto e responsabile di ogni azione del pubblico, che invitava ad agire liberamente, senza regole o pregiudizi. 

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Gli oggetti erano divisi in due categorie: gli oggetti di piacere e gli “oggetti di distruzione”. I primi assolutamente inoffensivi, mentre i secondi estremamente pericolosi. La performance durò 6 ore e fu un escalation di violenza contro l’artista che subiva, in quanto oggetto, ogni azione del pubblico. 

L’esito fu assolutamente inaspettato: terminata Rhythm 0, il pubblico reagì in modi differenti. Chi era stato un aggressore non riuscì a affrontare ciò che aveva fatto, tornando a vedere Marina Abramović come una persona; chi invece era stato un protettore rimase spaventato dalla violenza della natura umana. 

Questa performance entrò nella storia dell’arte proprio come simbolo della rottura della gerarchia tra artista e pubblico: come l’emblema di una nuova forma d’arte senza più confini, di spazio, di relazioni e di regole sociali.

Le conseguenze del coinvolgimento del pubblico

Marina Abramović abbatte ogni frontiera del rapporto tra pubblico e spettatore; così facendo, ne modifica l’essenza. Il pubblico non è più pensato come un insieme omogeneo di persone che osservano un oggetto, ma come un insieme di individui unici, che garantiscono la continua dinamicità e irripetibilità di ciascuna performance. 

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Creare un’opera d’arte su un rapporto dinamico con il pubblico è un lavoro emotivamente, intellettualmente fisicamente molto faticoso, sia per l’artista che per il pubblico. L’arte di Marina Abramović tocca le corde della nostra emotività, mettendosi in gioco prima persona. 

Per questo possiamo affermare, nuovamente, che un’opera d’arte di Marina Abramović non si osserva e non si guarda: la si vive e la si crea.

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Sofia Di Gravio

Classe 99, laureata in filosofia alla Sapienza e volata a Parigi per studiare la filosofia dell’arte. Amante della cultura e della vita... specialmente quando ci regalano una chiacchierata davanti ad un bicchiere di vino!

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