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Cappotti e cappelli – quando i vestiti dicono tutto

dalla newsletter n. 20 - Settembre 2022 di Frammenti Rivista

14 minuti di lettura

Nel XIX secolo, due autori di nazionalità differenti presentarono al mondo i loro personaggi più iconici. Uno era il russo Fëdor Dostoevskij, che nel 1866 pubblicò Delitto e castigo, con protagonista l’ex studente di legge Raskol’nikov colpevole di un duplice omicidio; l’altro era lo scozzese Arthur Conan Doyle, che nel 1887 diede alle stampe Uno studio in rosso, la prima avventura di Sherlock Holmes, il detective di Baker Street. Il filo rosso che attraverserà questo articolo sarà il ruolo dei vestiti nelle vicende dei due personaggi: da un lato, la mise di Raskol’nikov prima e dopo l’omicidio, nonché gli indumenti indossati dai personaggi secondari come Sonja o Lužin; dall’altro, le scarpe e i cappelli grazie ai quali Holmes riesce a basare le sue fenomenali deduzioni. I tessuti del crimine e della giustizia, insomma, che ci permetteranno di comprendere uno dei tanti significati della moda nella letteratura.

La moda russa ottocentesca in «Delitto e castigo»

A seguito di un decreto imperiale, negli anni Sessanta dell’Ottocento tutti i russi – tranne il clero e i contadini – erano tenuti a indossare il cosiddetto “abito ungherese”, ovvero un completo alla moda occidentale. Infatti, per apparire rispettabile, un uomo doveva indossare un soprabito, una giacca, un gilet e dei pantaloni. Il copricapo, anch’esso indispensabile, poteva variare da un più sottile berretto per l’estate (stagione in cui è ambientato il romanzo), ai più coprenti colbacchi o berretti con paraorecchie. Le donne, invece, portavano sempre un vestito, che poteva essere abbellito con un colletto di pizzo e delle soprammaniche ricamate. Per uscire, si coprivano con una mantellina e, se necessario, con un foulard; il capo era guarnito da un cappello di stoffa o di paglia, a seconda della temperatura.

In Delitto e castigo ogni personaggio rispetta questa moda in diversi gradi, a seconda della propria estrazione sociale. Il narratore raramente si risparmia nella descrizione dei loro abiti – soltanto i tessuti nominati nel romanzo sono almeno ventidue!

Gli uomini più benestanti come Lužin, il pretendente di Dunja, sorella del protagonista, e Svidrigajlov, proprietario della residenza dove la stessa Dunja aveva lavorato in passato, si pavoneggiano in completi della miglior foggia e dai colori estrosi. I loro capi sono sempre lindi e profumati – una nettezza che non trova riscontro nella loro laidezza morale. Le donne del romanzo, al contrario, non possono permettersi tale eleganza. Mentre però Dunja e la madre riescono a rientrare nei rigidi canoni della rispettabilità del tempo, Sonja e la sua matrigna Katerina Ivanovna devono arrangiarsi col poco che hanno. Un capo in particolare assume un ruolo di rilievo nella loro vicenda: il drap de dame, ovvero uno scialle di lana leggera. Si tratta di un raffinato scialle verde che Katerina Ivanovna conserva dalla sua gioventù, prima del matrimoni…

Caterina Cantoni

Classe 1998, ho studiato Lingue e Letterature Straniere all'Università Statale di Milano. Ammaliata da quella tragicità che solo la letteratura russa sa toccare, ho dato il mio cuore a Dostoevskij e a Majakovskij. Viale del tramonto, La finestra sul cortile e Ritorno al futuro sono tra i miei film preferiti, ma ho anche un debole per l'animazione. A volte mi rattristo perché so che non mi basterebbero cento vite per imparare tutto ciò che vorrei.

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