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Quando Cartoon Network tenne in scacco una città

Più di 17 anni fa, nel mezzo di un clima di forte tensione, Boston fu colta da un falso allarme bomba che è rimasto nella storia. Il colpevole che ha dovuto rimborsare più di 2 milioni di dollari alla città? Cartoon Network.

11 minuti di lettura

Boston, Massachusetts. Centinaia di poliziotti per le strade, numerose persone sgomente e un panico serpeggiante. Questa è la storia di un’idea di cattivo gusto gonfiatasi fino a diventare un gigantesco equivoco.

I fatti: allarme bomba a Boston

31 gennaio 2007. Poco prima delle nove del mattino, la polizia di Boston riceve la telefonata di un cittadino allarmato, che li avverte della presenza di uno strano oggetto appeso a un ponte dell’autostrada. E non sarà l’unica segnalazione di questo tipo: in breve tempo, strade e ponti vengono chiusi, così come viene fermato il traffico di barche lungo il fiume Charles. Scatta l’allarme bomba.

I presunti ordigni sono dei dispositivi a luci LED colorate, con batteria e grovigli di fili elettrici sul retro. Si presentano in due versioni: il primo è una figura dai contorni rosa, con un’espressione corrucciata; il secondo è verde e ha una faccia meno aggressiva, indolente quasi. Entrambi alzano sfrontatamente il dito medio ai passanti. Come dirà in seguito il Procuratore Generale del Massachusetts, Martha Coakley, gli oggetti hanno «un aspetto sinistro».

Uno dei dispositivi appeso a un'insegna di Los Angeles
Uno dei dispositivi appeso a un’insegna a Los Angeles

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Gli antefatti: Cartoon Network

Per capire come e perché quelle bizzarre figure colorate hanno tappezzato Boston – e non solo, giacché sarebbero giunte segnalazioni da altre città – bisogna fare una brusca virata. Parliamo di Cartoon Network, Adult Swim e cartoni animati.

Il logo di Adult Swim
Il logo di Adult Swim, talvolta abbreviato anche in [as]

Cartoon Network non necessita di lunghe digressioni introduttive: canale televisivo lanciato nel 1992, agli inizi si proponeva come l’equivalente della CNN, ma per i bambini. Si trasmetteva 24 ore su 24, senza interruzioni, una gamma di cartoni animati acquisiti dalla MGM, dalla Warner Bros e dalla Hanna-Barbera (I Looney Tunes, Tom & Jerry e Scooby Doo, per citarne alcuni), per poi iniziare a produrne di propri. Con il successo di serie quali Il laboratorio di Dexter, Leone il cane fifone, Ed, Edd & Eddy e Le Superchicche, tra la fine degli anni Novanta e l’inizio del Duemila Cartoon Network era al centro degli svaghi di tantissimi bambini e ragazzi, negli Stati Uniti così come all’estero.

Eppure, il pubblico di Cartoon Network non era costituito di soli fanciulli. Un’indagine svelò che una percentuale non indifferente di adulti frequentava il canale, soprattutto nelle tarde ore serali. In contemporanea con la fama sempre crescente de I Simpson sui canali della Fox, si decise di inaugurare un programma contenitore operante esclusivamente in seconda e terza serata e che proponesse contenuti più maturi. E così Cartoon Network, dalle nove di sera fino all’alba, vestiva panni più audaci, assumendo l’identità di Adult Swim – un canale con cartoni, serie live action e sketch comici dal linguaggio scurrile, ricchi di riferimenti sessuali e di violenza.

Un’operazione segreta

Torniamo ora al novembre 2006. L’artista di strada Peter Berdovsky, insieme a un tale di nome Sean Stevens, ricevono 300 dollari a testa per un incarico speciale da parte di una società di marketing. Durante la notte, i due avrebbero dovuto affiggere 40 cartelli elettronici vicino ai luoghi più frequentati di Boston per promuovere l’uscita al cinema del film sulla serie animata Aqua Teen Hunger Force. I dispositivi a luci LED – 30 centimetri di lunghezza per 45 di altezza, con batterie alcaline tipo D – rappresentano infatti i personaggi Ignigokt ed Err, due esseri bidimensionali e pixelati provenienti dalla Luna.

Peter Berdovsky filma e pubblica sul suo sito il video dell’exploit, orgoglioso del sapore urbano e trasgressivo di un’operazione del genere. La campagna pubblicitaria, intanto, si prepara a partire in altre metropoli statunitensi quali New York, Los Angeles, Philadelphia, San Francisco, Chicago e Atlanta.

Il mattino seguente, quei dispositivi attirano l’attenzione di qualche passante…

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Falso allarme

Facciamo ritorno alla data iniziale, il 31 gennaio 2007. Quando l’allarme bomba viene diramato, centinaia di poliziotti si attivano per rimuovere gli ordigni luminosi. Il panico dilaga, nessuno riesce a comprendere come quaranta esplosivi possano essere stati posizionati in città senza alcun sospetto o intralcio. Regna lo sgomento, finché un giovane impiegato del municipio non fornisce agli artificieri un’informazione essenziale: quelli sono personaggi di un cartone animato!

L’allarme bomba viene revocato. I presunti ordigni sono quegli stessi cartelloni installati da Peter Berdovsky per pubblicizzare Aqua Teen Hunger Force, una delle serie animate portabandiera di Adult Swim, l’alter-ego notturno di Cartoon Network. Di fatto, il colosso dell’intrattenimento aveva deciso di intraprendere una campagna di guerrilla marketing, ossia una strategia promozionale consistente nel tempestare il pubblico di pubblicità attraverso trovate insolite, per attirare su di sé la massima attenzione. Il guerrilla marketing, così aggressivamente ubiquitario e non convenzionale, aveva affinità con lo stesso cartone pubblicizzato, che era noto per essere sregolato. Tuttavia, anche a pericolo sventato, né Peter Berdovsky né Cartoon Network l’avrebbero passata liscia.

Le conseguenze

Il governo di Boston esigette un rimborso di 750 mila dollari, nella speranza di ricoprire i costi della mobilitazione delle forze dell’ordine, insieme al subbuglio che aveva paralizzato la città. Phil Kent, capo della Turner Broadcasting System – proprietaria di Cartoon Network e Adult Swim – rilasciò la seguente dichiarazione: «Ci scusiamo con i cittadini di Boston per una campagna di marketing che è stata scambiata per un pericolo pubblico. Non appena ci siamo resi conto che un elemento della campagna era stato scambiato per qualcosa di potenzialmente pericoloso, abbiamo avvisato le forze dell’ordine competenti». Così, il 5 febbraio 2007, a meno di una settimana dall’evento, la Turner Broadcasting System accordò alla città di Boston un rimborso di 2 milioni di dollari. 

Martha Coakley mostra le fotografie dei dispositivi posizionati a Boston
Il Procuratore Generale Martha Coakley mostra due fotografie con le collocazioni di due dispositivi a Boston © LEE, MATTHEW J. GLOBE STAFF PHOT/THE BOSTON GLOBE

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Panico giustificato o reazione esagerata?

La polizia di Boston giustificò l’emanazione immediata di un allarme bomba affermando che i dispositivi, col loro cablaggio esposto e l’abbondanza di nastro isolante, somigliavano in tutto e per tutto a degli ordigni esplosivi di fabbricazione artigianale.

Con la distanza temporale che permette riflessioni ponderate, la solerzia delle forze dell’ordine – che per molti fu semplice avventatezza – è da ricercarsi nell’aumento di attacchi terroristici in quegli anni. Tra gli ultimi allarmi che avevano spaventato migliaia di persone, c’erano stati un pacco sospetto nella metropolitana di Washington e un tubo bomba a Boston. Non dimentichiamo, infine, che l’America del 2007 era un paese con la cicatrice dell’11 settembre ancora fresca.

Un equivoco grottesco

Sono trascorsi più di 17 anni da quel 31 gennaio 2007, eppure gli articoli che rivivono e analizzano la vicenda non mancano, nemmeno negli ultimi tempi. Pur vantando una conclusione positiva, è chiaro come tutto ciò abbia lasciato un segno nel pubblico americano. Gli eventi sono ormai noti come Boston Bomb Scare, o 2007 Boston Mooninite Panic – quest’ultima una definizione più precisa, giacché indica la fonte del panico (Mooninite è il nome del popolo cui appartengono i personaggi ritratti nei cartelloni).

Sono tanti gli elementi che ancora oggi stupiscono. Innanzitutto, la reazione di Peter Berdovsky e Sean Stevens, i responsabili dell’affissione dei cartelli: durante una delle primissime interviste televisive, i due si rifiutarono di rispondere alle domande dei giornalisti, dirottando il discorso sulle loro capigliature. Per quanto innocenti, il loro atteggiamento ha fatto molto discutere – e a ragione. In secondo luogo, stupisce anche la facilità con cui il panico si diffonde tra le persone, fomentato dagli spaventi del passato.

Ciò che alla fine accadde a Boston fu un enorme equivoco, surreale e grottesco come coloro che l’hanno causato. E pensare che è stata tutta colpa di un cartone animato…

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Caterina Cantoni

Classe 1998, ho studiato Lingue e Letterature Straniere all'Università Statale di Milano. Ammaliata da quella tragicità che solo la letteratura russa sa toccare, ho dato il mio cuore a Dostoevskij e a Majakovskij. Viale del tramonto, La finestra sul cortile e Ritorno al futuro sono tra i miei film preferiti, ma ho anche un debole per l'animazione. A volte mi rattristo perché so che non mi basterebbero cento vite per imparare tutto ciò che vorrei.

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