fbpx

Moonrise Kingdom, a proposito dell’esistenza dell’amore

/
10 minuti di lettura

L’essenza dell’amore

La seguente riflessione non vuole essere un elogio dell’amore o una sua apologia; piuttosto essa intende parlare di ciò che l’amore è, cioè della sua esistenza, al fine di persuadere coloro che ritengono che l’amore non esista, che invece c’è eccome. L’amore ha molteplici declinazioni e ovviamente non tutte sono accettate o persino riconosciute dal buongusto borghese (ad esempio l’amore pedofiliaco, che pure in un certo modo è annoverabile nella forma di amore patologico): anche all’amore è stato apposto un canone.

Sconfinare da questo canone è un po’ l’obiettivo di  Moonrise Kingdom di Wes Anderson; l’amore messo in scena in questo film è quello infantile. Moonrise Kingdom è una “fuga d’amore”, come pure la titolatura didascalica del film indica, ad essere rappresentata, bensì la fuga in un mondo altro (non-luogo), parzialmente interrotto temporalmente, in cui i due bambini protagonisti si perdono durante un campo scout e costruiscono il loro amore. L’amore non è qualcosa che si sente e basta, piuttosto è qualcosa che si vive ed anzi la cosa più degna di essere vissuta. Per questo sentiamo spesso dire che l’amore in sé non basta. Il non-luogo in cui i due bambini si perdono (o decidono di andare?) è un lago, un luogo ameno, di per sé uno scenario privo di qualsiasi qualità umana presente: tale (non) luogo è abitato e letteralmente riempito da loro.

Moonrise Kingdom
Sam e Suzy, i due bambini protagonisti di Moonrise Kingdom

Pensare concretamente all’amore

Ciò ci fa pensare che il lago di Moonrise Kingdom sia lo spazio della loro interiorità e che  magari quei due bambini non si sono mai persi, separati dal gruppo, ma si incontravano semplicemente ogni notte mentre dormivano, in un sogno condiviso.

L’amore vissuto in uno spazio onirico è interessante perché si distacca da ogni rappresentazione mentale, romantica e astratta dell’amore, che, per quanto bella ed emozionante, risulta vuota di contenuto reale e illusoria; e d’altra parte istituisce una nuova interpretazione dell’amore, più concreta, che testimonia la rilevanza mentale ed emozionale che esso ha nella vita di un  individuo. L’amore nell’incontro onirico infatti, per quanto sia metafisico, risulta essere altrettanto realmente esperito e persino costruttivo. Infatti, sognando, la persona costruisce il suo sogno: il luogo, sé stesso, fino ai dettagli che lo rendono “realistico”. In questa azione costruttrice le persone sognando agiscono senza posa sia come i condizionanti che come i condizionati, e  così pensano e vivono meglio, con maggiore intensità. In questo senso l’amore esperito nello spazio onirico può essere considerato come una demo, un banco di prova o un terreno per esercitarsi (come fanno i bambini che sognano di diventare architetti con le torri Lego) al fine non solo di “sognare”, cioè immaginando l’amore reale, ma di provare a costruire quest’ultimo mentalmente senza abbandonare l’esperienza effettiva, cioè la concretezza che lo caratterizza per natura.

Paradossalmente, il metapensiero e la distrazione dal contesto (autentici preludi al tradimento per i quali, l’amore, usando una formula di John Le Carrè, diventa «tutto ciò che si può ancora tradire». In altri termini, i focolai delle scissioni, figlie del metapensiero, tra persona empirica concreta e soggetto della mia rappresentazione) sono, nello spazio onirico, come nell’amore realmente esperito, del tutto assenti.

I due bambini di Moonrise Kingdom non hanno niente dello struggimento emotivo e dell’emozione acutissima che pure il sentimento amoroso continuamente provoca negli amanti; sembra, infatti, che non si amino, che semplicemente stiano insieme in un luogo. Questa sensazione, per il fruitore che li osserva insieme, è comprensibilmente accettata per due ragioni, una impropria, l’altra appropriata: da un lato, si ritiene che, essendo due bambini, vivano tutto con profonda leggerezza; dall’altro li si vede  impegnati a fare cose come orientarsi e arredare il loro spazio condiviso con la personalità e con la produzione.

«L’amore è sempre la possibilità di assistere alla nascita di un mondo. È prima di tutto una costruzione durevole, un’avventura ostinata».
(Alain Badiou, Eloge de l’amour, 2012)

Come dice il semiologo e erotologo francese Roland Barthes in On échoue toujours pour parler de ce qu’on aime (Non si riesce mai a parlare di ciò che si ama,1977):

«[…] questa passione rara, la passione per l’altro – o per dirla in maniera più sottile, la passione per quell’altro che è in lui stesso […] è come amore e tuttavia io non sono innamorato di nessuno […] esso comporta una teoria implicita del discontinuo irregolare (tipico nei bambini), la passione plurale obbliga a saltare da un oggetto ad un altro, a mano a mano che il caso li presenta, senza provare il minimo senso di colpa nei riguardi del disordine che tale passione plurale comporta

L’amore è fenomenale senza essere fenomenico

Vivendo realmente, cioè agendo, l’amore tra due persone diventa più potente (la massima potenza, come dice Hannah Arendt, è «agire di concerto») e al tempo stesso quasi scompare alla visibilità esterna degli osservatori. Non c’è niente del tetro mistero o della infinita gioia della visione solo romantica dell’amore; in questa concreta esperienza dell’amore scompare persino la nostalgia poiché i momenti che ne costituiscono l’ossatura sono davvero voluti e vissuti, e quindi non c’è il certamente finito né il certamente rimpianto che spingono a ridesiderare un momento passato nella sua totalità presente.

Dice ancora Roland Barthes in Fragments d’un discours amoureux (Frammenti di un discorso amoroso, 1977): «Quello che l’amore mette a nudo in me è l’energia; esso non è altro che la coscienza della mia forza».

È così che l’amore davvero esiste: quando c’è, ma non si vede. Questo esserci senza apparire è lontano da essere il non esserci perché non si vede in atto. È la natura peculiare dell’amore quella di essere fenomenale senza dover essere fenomenico. Fenomenale, infatti, fin dall’inizio dell’uso della parola, viene usato sia come il termine della massima meraviglia di ciò che dà spettacolo, sia come la parola “fenomeno”, la quale, in biologia (fenotipo) come in filosofia (fenomeno), designa ciò che meramente e immediatamente appare alla vista: l’amore è fenomenale quando non è meramente fenomenico; mentre alcuni degli altri fenomeni possono bene essere fenomenali e fenomenici al contempo.

Proprio quando il sentimento è limpido e irrefutabilmente presente, l’amore si svela e si rivela. Vale a dire che ogni volta che appare (esce dal nascondimento), si rivela come amore, ma che per lo più, e quando c’è nella forma più alta, esso non si esteriorizza, non appare manifesto agli altri. Proprio quando non è più pura possibilità di essere, ma esserci puro, è allora che in esso la promiscuità di possibilità e attualità si fa indistinguibile. E questo non deve affatto stupire, perchè è così che l’amore si fa vita. Infatti la vita amorosa è proprio questa imprevedibilità che si attua di volta in volta su una possibilità fondamentale che è la relazione stessa. Ecco perché diciamo che l’amore è comprensibile solo dalla coppia che lo vive e che gli altri non ne possono sapere nulla dall’esterno.

 

Lorenzo Pampanini

Classe 1994. Laureato in Scienze Filosofiche all'Università La Sapienza di Roma.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.