Paragrafo 175: era questo il nome dell’articolo del codice penale tedesco istituito nel 1871 e che puniva con la reclusione le relazioni sessuali tra due uomini. Durante il periodo nazista era stato poi ampliato, agevolando la deportazione di massa nei campi di concentramento. A guerra finita la norma è rimasta indisturbata per molto tempo, con picchi di oltre 3.000 condanne annue, ma nel 1969 ha subito una forte limitazione nella Germania Ovest (sarebbe stata abrogata solo nel 1994, dopo l’unificazione).
Rosa von Praunheim (nome d’arte di Holger Mischwitzky che fa riferimento sia all’omonimo quartiere di Francoforte che al triangolo rosa che gli omosessuali portavano nei lager), allora alle prime armi con la regia e neanche trentenne, era colmo di rabbia non solo contro i governanti, ma anche contro gli omosessuali stessi:
All’inizio degli anni Sessanta la mia rabbia era rivolta contro i miei amici gay ansiosi: si arrendevano, non controbattevano, vivevano vite nascoste e piene di paura. Non potevo parlare con nessuno di politica e arte gay.
Così, in quello stesso anno, ha iniziato a lavorare a Non è l’omosessuale ad essere perverso, ma la situazione in cui vive per dare uno scossone a una comunità inerme ed ebbra della vuotezza borghese.
«Non è l’omosessuale ad essere perverso, ma la situazione in cui vive», un identikit della comunità gay tedesca
