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Il Trieste Film Festival, una finestra sull’Est Europa

Intervista ai direttori Fabrizio Grosoli e Nicoletta Romeo / dalla newsletter n. 15 - 3/2022 di Frammenti Rivista

12 minuti di lettura

Nato alla fine degli anni Ottanta, il Trieste Film Festival rappresenta un’importante finestra sull’Europa dell’Est dal punto di vista cinematografico e, più in generale, culturale. La peculiarità di questo appuntamento sta nel focus autoriale della sua accuratissima selezione, che permette al pubblico di conoscere personalità poco o per nulla note.

Dopo l’edizione completamente online del 2021, quest’anno il festival si è svolto in modalità ibrida, coinvolgendo nuovamente la città di Trieste. Per capire meglio questo rischioso (ma trionfale) ritorno in presenza in un periodo pandemico complicato, ma anche per parlare della storia del festival e del suo rapporto con la città che lo ospita, abbiamo intervistato i suoi due direttori: Fabrizio Grosoli e Nicoletta Romeo.

Intervista a Fabrizio Grosoli e Nicoletta Romeo, direttori del Trieste Film Festival

Foto di Francesca Bergamasco

Il festival si dispiega in maniera capillare per la città di Trieste, coinvolgendo, oltre ai cinema, anche musei, caffè e teatri. Come vengono vissuti quei giorni dai cittadini? Che aria si respira?

Nicoletta Romeo:
Trieste è abituata a ospitare eventi culturali grandi e piccoli. Abbiamo teatri lirici e di prosa e i caffè ospitano presentazioni di libri tutte le settimane. Il Trieste Film Festival non poteva non nascere qui, a fine anni Ottanta, per volere di Annamaria Percavassi, esperta di cinema che nel decennio precedente aveva creato, assieme al fratello e ad altri appassionati, la Cappella Underground, uno dei primi cineclub italiani che dava spazio a quel cinema indipendente che non arrivava qui da noi. Il suo è stato un colpo di genio, perché ha intercettato i bisogni di una cittadinanza multietnica e multiculturale e si è posta in dialogo con questa pluralità, col fine di rendere Trieste un punto di riferimento culturale della Mitteleuropa.

Inizialmente, il festival si occupava dei territori più vicini alla città; nel tempo, si è espanso in tutto l’Est Europa, dai Baltici ai Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, fino alle ex repubbliche sovietiche. Fatta eccezione per la ex Jugoslavia erano tutti Paesi oltrecortina, il cui ricchissimo e diversificato cinema era pressoché sconosciuto in Italia e in Occidente. Il merito del festival è stato forse anche quello di aver educato il pubblico, alfabetizzandolo a questo tipo di cinema. Oggi, cineasti come Kornél Mundruczó, Cristi Puiu e Srdan Golubović sono accolti come grandi autori, perché gli spettatori hanno imparato a conoscerli e ad apprezzarli.

Nei giorni del festival c’è allora un clima di festa, non solo per i film ma anche per la possibilità di incontrare gli autori nelle sale o nello storico Caffè San Marco, in cui si organizzano le conferenze stampa. …

Christian Montedoro

Classe 1999, pugliese fuorisede a Bologna per studiare al DAMS. Cose che amo: l’estetica neon di Refn, la discografia di Britney Spears e i dipinti di Munch. Cose che odio: il fatto che ci siano ancora persone nel mondo che non hanno visto Mean Girls.

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