Parlare di un investimento o di un acquisto spesso significa fare riferimento a una scelta razionale ed economica; una scelta che ci illudiamo di poter inserire in un rigido schema di regole matematiche e logiche. E se l’oggetto fosse un’opera d’arte contemporanea in che modo si può individuare un criterio assoluto da applicare per distinguere un mero investimento da un acquisto dettato dall’interesse e dalla passione?
Rispondere univocamente a tale domanda è impossibile: come in ogni altra scelta, anche per quanto concerne la scelta dell’acquisto è necessario considerare le componenti soggettive che spingono un individuo a completare un determinato acquisto. La scelta umana è sempre caratterizzata da un inestricabile legame tra aspetti oggettivi e soggettivi, tra aspetti razionali ed istintivi. In particolare, nel mercato dell’arte contemporanea, il “valore” delle cose, inteso come punto d’incontro tra domanda e offerta, appare particolarmente svincolato da nozioni e convinzioni tradizionali, pur non potendosi dire solamente “irrazionale”.
Pagare una somma esorbitante per uno squalo imbalsamato (The immortal, Damien Hirtst, venduto a 12 milioni di dollari), o per un oggetto di plastica raffigurante un cane gonfiabile (Balloon Dog, Jeff Koons, venduto a 58 milioni di dollari), può apparire una decisione illogica o, addirittura, dettata da follia. L’esperienza ha tuttavia dimostrato che spesso acquisti siffatti si sono rivelati buoni o anche ottimi investimenti. E allora il problema consiste nell’individuare quali fattori guidino le scelte; nel capire cosa essi hanno di razionale e prevedibile, tanto da poter formare un vero e proprio mercato.
L’acquisto di un’opera d’arte contemporanea, un investimento di passione?
La locuzione investimento di passione sintetizza l’apparente contraddizione tra i due poli delle scelte che caratterizzano quel particolare mercato, il quale si sviluppa al passo di uno spasmodico bisogno di distinzione sociale, in un periodo storico in cui le élite economiche acquisiscono sempre più fortuna. La locuzione “investimento di passione” pare essere, a prima vista, un ossimoro.
La passione evoca, infatti, l’idea di impulsività ed emotività, mentre l’investimento evoca l’idea di una scelta razionale. E invece, nel mercato dell’arte, e in particolare dell’arte contemporanea, l’ossimoro viene ricondotto a coerenza: le spinte all’acquisto delle opere, per irrazionali che possono apparire, sono diffuse quanto basta per dar vita ad un mercato idoneo a consentire, tendenzialmente, la possibilità di smobilizzare l’investimento.
L’acquisto di un’opera d’arte è un investimento differente da qualunque altro; il suo valore prescinde dal prezzo dei suoi materiali, dalla sua dimensione; dal tempo impiegato per realizzarlo, dall’utilità che può arrecare, ma risente dei luoghi e delle modalità di offerta. L’arte rappresenta, dunque, uno di quei settori merceologici in cui si manifestano in misura massima gli aspetti soggettivi legati alle scelte. Il mercato dell’arte contemporanea estremizza gli esiti del rapporto tra il sistema istintivo e riflessivo dell’uomo, dal cui rapporto nascono gli errori cognitivi, definiti bias.
Il valore sociale e culturale dell’arte
Nell’arte contemporanea ci si imbatte in una complessa dinamica filosofica, economica, sociale e psicologica; una dinamica che individua nell’opera d’arte contemporanea non solo un valore estetico, ma anche un valore sociale e culturale. Possiamo affermare che la ragione dell’uomo viene impiegata per ottenere un certo status sociale, una certa visibilità; una certa soddisfazione nell’essere il vincitore di un premio, anche se pagato a caro prezzo.
Colui che acquista è consapevole dell’apparato di marketing e di “brandizzazione” che si nasconde dietro le organizzazioni di aste, musei e gallerie, ma nonostante ciò è disposto a investire ingenti somme di denaro per ottenere un riconoscimento.
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In ogni società gli individui tendono ad individuare il loro ruolo, costruiscono relazioni sociali e le consolidano attraverso scambi commerciali. Le relazioni e gli scambi si sovrappongono, i beni che vengono prodotti ed acquistati sanciscono l’esistenza di due individui, che si riconoscono l’un l’altro grazie al senso attribuito ai loro possessi. La società è organizzata su sistemi di scambio il cui significato è ciò che caratterizza l’individuo.
Il capitale culturale
Questo mercato complesso e organizzato su rigide strutture economiche, rituali e simboliche è stato sponsorizzato sulla base di criteri razionali che ne mostrano i vantaggi, sia per i venditori che per gli acquirenti che per gli artisti, per questo motivo tutt’altro che irrazionale. Difatti, i vantaggi legati all’aumento di “capitale culturale” e dell’identificazione di un’azienda o un singolo con l’arte sono numerosi.
Comprendiamo, a questo punto, perché l’arte è attualmente divenuta un “luogo” di scambio finanziario di grande rilevanza: infatti, si prescinde oramai dal valore meramente estetico e ci si collega a una serie di fattori legati a questioni sociali e psicologiche, di cui l’acquisto di un’opera d’arte fa da tramite. Come afferma Thomas Hoving, ex direttore del Metropolitan Museum of Art di New York «l’arte è sexy! L’arte è soldi‐sexy, l’arte è soldi‐sexy-arrampicata‐sociale‐fantastica».
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Conclusione
Possiamo affermare che la ricompensa del mercato dell’arte contemporanea è come la ricompensa nel mercato del lusso: ci si allontana dalla passività dei consumatori manipolati e in balia delle loro pulsioni per diventare consumatori e commercianti allo stesso tempo. Si stimolano e ricompensano così le abilità commerciali.
«Il cliente del lusso non è né un concetto né una categoria, è un essere umano che sogna e compra del lusso per un numero incalcolabile di motivi, più o meno ammessi e mescolati fra di loro: status, ricompensa, seduzione, piacere; felicità, divertimento, libertà, relazioni con gli altri; accesso alla creazione e al buongusto, sorpresa, comfort, desiderio di essere e di comprare oggetti unici o diversi, e aspirazione a un supremo benessere».
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