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Papa Francesco: un messaggio senza eguali

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10 minuti di lettura

di Aurelio Lentini

Senza eguali, il messaggio di Papa Francesco nelle Americhe. Le chiacchiere, come si suol dire, stanno a zero: considerati in modo organico i discorsi che Papa Bergoglio ha pronunciato in America Latina e in America del Nord, sono i più all’avanguardia nell’ambito della tutela dell’ambiente, della difesa degli ultimi e dei giovani, della critica ai potenti.

Se consideriamo la portata e il magnetismo del soggetto in questione, non ce ne voglia, non esiste sulla faccia della terra un pari che porti avanti in maniera così caparbia e pregnante temi così cari al pensiero e alla cultura progressista.

Precisiamo una cosa, chi scrive è ateo convinto, ma con una profonda fede, spesso delusa, nell’essere umano. Però per onestà e umiltà certe cose bisogna ammetterle: il ruolo mediatico impersonato negli ultimi tempi da Papa Francesco è entusiasmante.

Non potevano essere spese parole migliori sull’ambiente che quelle cui, cosa inedita, è stata dedicata l’enciclica laudato sì; non poteva essere maggiore l’empatia trasmessa ai giovani riguardo le loro angosce di quella del discorso rivolto ai giovani cubani, o ancora al Congresso degli Stati Uniti; non poteva essere più tagliente la critica fatta ai potenti della terra proprio lì, nel congresso degli Stati Uniti, dove siedono alcuni tra i più potenti.

Ciò che stupisce, e che non ha appunto eguali, è la carica politica che la Chiesa e il Vescovo di Roma si stanno assumendo. Gettati come altri produttori di senso tra le macerie postmoderne, essi stanno cercando una via d’uscita che punta sulle basi del sentire. Mai come oggi il messaggio della chiesa è stato così empatico: si punta alle emozioni, al cuore, alle sensazioni vere.

La risposta a quella crisi di identità propria di tutte le dottrine, le ideologie, le culture, le strutture, i partiti e le associazioni di persone (quella per intenderci che ne mina le ragioni di esistenza) è fatta di parole d’ordine semplici e chiare, ripetute come un martello sbattuto sulla testa di chi fa di tutto per contraddirle: amore, speranza, solidarietà, tenerezza, rispetto, giustizia.

Non esiste uomo politico che abbia avuto il cuore di recarsi nel cuore politico degli Stati Uniti e dire «imitare l’odio e la violenza dei tiranni e degli assassini è il modo migliore di prendere il loro posto». È un giudizio senza appello quello che Papa Francesco poggia sulle spalle dei deputati del Congresso: egli ne critica il fanatismo, la condotta internazionale, la condotta interna. Senza mezzo sconto, sempre alludendo, mantenendo il rispetto, giocando sui paradossi. Recita la Dichiarazione di Indipendenza, quella degli uomini creati uguali, verità evidente, e con stessi diritti, e allude palesemente alla negazione di questo principio sacrosanto che si ripete ogni giorno nella terra degli uomini “liberi e valorosi”.

Qualcuno ha commentato che i suoi discorsi in America riscuotono tutto questo successo perché gli americani non li capiscono. A giudicare dalle reazioni più eclatanti di quell’assemblea pare ci abbia preso: lo speaker dimesso per annunciata crisi mistica – solo pettegolezzi suvvia – e il deputato e la moglie che bevono dallo stesso bicchiere del Santo Padre in preda a un delirio mistico. Eppure il messaggio era piuttosto chiaro, specialmente se paragonato ai discorsi tenuti precedentemente a Cuba. Qui il Santo Padre punta sulla rivoluzione della Tenerezza, su un incoraggiamento paterno, una bontà sconfinata: a Cuba, in mezzo ai comunisti, non dimentichiamolo. E non sorvoliamo sul benestare implicito alla rivoluzione cubana, per molti aspetti  liberatrice, alla critica che Francesco fa del dispotismo, ma alludendo a quelli di sopra, quelli che hanno fatto fuori Salvador Allende, come ricordavamo pochi giorni fa.

A questi il Santo Padre non dedica parole di conforto, ma di rimprovero. Sia al Congresso sia all’assemblea dell’Onu (dove l’occhio è puntato oltreoceano ai muri di Viktor Orban e le disumanità diffuse) il punto è lo stesso: non fate abbastanza per il bene e in determinate occasioni vi sforzate a fare il peggio.

È lecito a questo punto chiedersi quale sia la ragione di un così spiccato ritorno della Chiesa alla Politica, non solo in modo contrappositivo e negativo, reazionario insomma, ma attivo, costruttivo, produttore di una visione rinnovata d’insieme, profondamente umano e sotto molti aspetti laico. La risposta che sorge spontanea è il vuoto che si trova intorno, quella desolazione in cui davvero Papa Francesco sembra assurgere ad autentico paladino degli ultimi.

Valutate voi, se c’è qualcuno che coglie così bene il dissidio dei giovani, magari è solo una facciata, però… che bel vedere!

«Ma qual è la speranza di un giovane cubano in quest’epoca della storia? Né più né meno che quella di qualsiasi altro giovane di qualsiasi parte del mondo. Perché la speranza ci parla di una realtà che è radicata nel profondo dell’essere umano, indipendentemente dalle circostanze concrete e dai condizionamenti storici in cui vive. Ci parla di una sete, di un’aspirazione, di un anelito di pienezza, di vita realizzata, di un misurarsi con ciò che è grande, con ciò che riempie il cuore ed eleva lo spirito verso cose grandi, come la verità, la bontà e la bellezza, la giustizia e l’amore. Senza dubbio, questo comporta un rischio. Chiede di essere disposti a non lasciarsi sedurre da ciò che è passeggero e caduco, da false promesse di felicità vuota, di piacere immediato ed egoista, di una vita mediocre, centrata su se stessi, e che lascia nel cuore solo tanta tristezza e amarezza. No, la speranza è audace, sa guardare oltre la comodità personale, le piccole sicurezze e compensazioni  che restringono l’orizzonte, per aprirsi a grandi ideali che rendono la vita più bella e dignitosa. Io chiederei a ciascuno di voi: Cos’è che muove la tua vita? Cosa c’è nel tuo cuore, in cui abitano le tue aspirazioni? Sei disposto a rischiare sempre per qualcosa di più grande?
Qualcuno di voi potrebbe dirmi: “Sì, Padre, l’attrazione per questi ideali è grande. Sento il loro richiamo, la loro bellezza, lo splendore della loro luce nella mia anima. Ma, nello stesso tempo, la realtà della mia debolezza e delle mie poche forze è molto pesante perché io riesca a decidermi a percorrere il cammino della speranza. La meta è molto alta e le mie forze sono poche. Meglio accontentarsi di poco, di cose forse meno grandi però più realiste, più alla portata delle mie possibilità”. Comprendo questa reazione, è normale sentire il peso di quanto è arduo e difficile, tuttavia, attenti a non cadere nella tentazione della delusione, che paralizza l’intelligenza e la volontà, e a non lasciarci prendere dalla rassegnazione, che è un pessimismo radicale di fronte ad ogni possibilità di raggiungere i nostri sogni. Questi atteggiamenti alla fine sfociano o in una fuga dalla realtà verso paradisi artificiali o in un trincerarsi nell’egoismo personale, in una specie di cinismo, che non vuole ascoltare il grido di giustizia, di verità e di umanità che si leva intorno a noi e dentro di noi.
Ma che fare? Come trovare vie di speranza nella situazione in cui viviamo? Come fare perché questi sogni di pienezza, di vita autentica, di giustizia e verità, siano una realtà nella nostra vita personale, nel nostro paese e nel mondo? Penso che ci sono tre idee che possono essere utili per tenere viva la speranza: un cammino fatto di memoria e discernimento, un cammino accompagnato, un cammino solidale». 2

1. Discorso del Papa al congresso
2. Discorso ai Giovani a Cuba

Discorso all’Onu
Discorso\Omelia a Santiago di Cuba (rivoluzione della Tenerezza)

Redazione

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