Pasolini e il potere

Articolo della newsletter n. 55 - Novembre 2025
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Tra il 1968 e il 1978 l’Italia attraversa una stagione convulsa: fabbriche e università diventano epicentri di protesta, la richiesta di rinnovamento cresce, ma la politica non riesce a tenere a freno e governare il cambiamento. Il vuoto di potere che ne deriva viene sfruttato da forze estremiste, mentre si afferma un nuovo dominio più pervasivo: un modello di sviluppo che impone consumi, omologazione e perdita di tradizioni. In questo scenario Pier Paolo Pasolini si pone come intellettuale “disorganico”: rifiuta etichette, usa linguaggi diversi e fa della letteratura un laboratorio critico da cui osservare la “mutazione antropologica” del Paese.

Nei Scritti corsari Pasolini denuncia l’inadeguatezza della classe politica e della Chiesa, incapaci di offrire una cultura viva e di leggere la “rivoluzione conformista” in atto. Da comunista eterodosso evidenzia i limiti della sinistra, prigioniera di un moralismo senza progetto. Il suo è un appello a una testimonianza poetica capace di “agire”, spazzando via le idee ricevute e opponendosi alla standardizzazione che esploderà negli anni Ottanta.

Per descrivere il nuovo potere, Pasolini ricorre a immagini forti: un fascismo diverso da quello storico, più sottile, che agisce non tanto con la forza quanto con la seduzione dell’edonismo e dei consumi. È un potere neocapitalista, apparentemente tollerante, che sovrappone categorie opposte (destra/sinistra, progresso/autoritarismo) e, promettendo benessere, erode differenze culturali e lingue locali, riducendo la comunicazione a slogan. Ne nasce un’afasia: la lingua perde creatività, si appiattisce, mentre il soggetto smarrisce identità e storia.

Il nodo teorico si chiarisce in Petrolio, il grande cantiere narrativo che mescola saggio, cronaca, allegoria e sogno. Il petrolio è materia e metafora: simbolo di un capitalismo che trasforma l’uomo in merce e controlla cultura e rapporti di classe. La forma frammentaria non è un difetto ma uno specchio del reale: solo un ipertesto mobile può avvicinare una realtà divenuta irrapresentabile. Nelle visioni della sezione Il Merda, la gioventù percorre una personale “discesa agli inferi” lungo la via Tuscolana: a ogni tabernacolo—nuova “valenza” sociale imposta—corrisponde un passo nell’omologazione. La conversione è rovesciata: dalla purezza alla laidezza morale, dalla differenza alla conformità, fino alla perdita di ogni dialettica tra classi.

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Giovanni Fava

25 anni; filosofia, Antropocene, geologia. Perlopiù passeggio in montagna.

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