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Sessualità in carcere: l’umanità negata e le sue conseguenze

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5 minuti di lettura

Se la sessualità è di per sé un tabù, lo è ancora di più quando si parla di carcere. Quando si provvede ai beni di prima necessità dei carcerati, come cibo, acqua e assistenza sanitaria, raramente si pensa al bisogno sessuale di chi, per anni, viene emarginato dalla società, rimanendo solo in una bolla.

Prima di tutto, dobbiamo ricordare che il carcere non dovrebbe essere un mezzo per punire chi ha sbagliato, ma dovrebbe dare l’opportunità al detenuto di comprendere i suoi errori, iniziando un processo di rieducazione che lo farà rientrare nella società senza che altri crimini vengano commessi. Un detenuto rieducato e sensibilizzato verso alcune tematiche, una volta libero, sarà di certo meno pericoloso di uno che – dopo anni di galera e supplizi – tornerà ad essere parte della società senza che le problematiche iniziali che lo hanno spinto a sbagliare siano state risolte.

In Sorvegliare e punire, Michel Foucault ha sottolineato come la prigione moderna, priva di torture, non sia in realtà meno violenta di quella passata. Sono molti gli elementi che degradano il carcerato dal punto di vista umano: il sovraffollamento, la mancanza di igiene, la violenza, l’assenza di una buona assistenza sanitaria e, ultima ma non meno importante, la sessualità negata, uno degli elementi meno discussi seppur fondamentali nella vita di ogni uomo. Dato che le carceri erano in passato gestite da istituzioni religiose, l’astinenza sessuale forzata e l’ambiente unisessuale sono ancora oggi presenti nelle “prigioni moderne”.

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Dell’importanza della sessualità in carcere è convinto Patrizio Gonnella, presidente di Antigone, che si sta battendo affinché venga introdotto un nuovo modello di pena, senza violare la dignità dei detenuti. Come spiega Gonnella: «Siamo uno dei pochi paesi europei che non regolamenta tale diritto. Fino ad oggi abbiamo considerato la sessualità come un premio, ovvero al detenuto che si comporta bene viene concesso (dopo anni) il permesso-premio che gli permette di vivere, all’esterno, anche la sua affettività. Una vessazione ingiustificabile».

Infatti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) sottolinea che, così come la salute, anche la sessualità è un diritto innegabile. L’Art.8 della Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo decreta il «Diritto di stabilire relazioni diverse con altre persone, comprese le relazioni sessuali. Il comportamento sessuale è considerato un aspetto intimo della vita privata». E ancora, secondo le leggi europee: «Occorre farsi carico di un nuovo modello trattamentale fondato sul mantenimento delle relazioni affettive, la cui mancata coltivazione rappresenta la principale causa del disagio individuale e un grave motivo di rischio suicidario. Bisogna fare perno sulla valorizzazione dei momenti di affettività per rafforzare i percorsi trattamentali». Di conseguenza, il Consiglio dei Ministri europei permette ai detenuti di incontrare il proprio partner senza sorveglianza visiva.

In Italia però tutto questo non si è ancora concretizzato: sono giacenti in parlamento numerose proposte di legge sull’argomento, ma le norme in vigore continuano a ledere il principio secondo cui la pena non deve consistere in trattamenti contrari al senso di umanità, negando il diritto alla famiglia, alla salute fisica e sessuale. Questa problematica è stata evidenziata qualche anno fa anche dalla Chiesa: nel 2012 il cardinale Carlo Maria Martini nel suo libro Sulla giustizia ha spiegato che «il problema dell’affettività, difficilissimo, non può restare ignorato, irrisolto o addirittura esasperato o snaturato! È un problema reale e di grande valore».

Già negli anni Ottanta le direttive europee raccomandavano ai vari Stati di adottare le misure necessarie alla tutela della vita intima del carcerato. Sono molti i Paesi che si sono adeguati a questa richiesta: Olanda, Danimarca, Svizzera, Svezia, Norvegia, Finlandia, Belgio, Germania e, più recentemente, Austria, Francia, Portogallo, Albania e Spagna. Inoltre, nel caso in cui il detenuto sia solo e non possa quindi ricevere la propria moglie o compagna, nei paesi più avanzati viene data la possibilità di incontrare una prostituta. Tuttavia, i media raccolgono queste sperimentazioni con malizia, paragonando il carcere a una casa di appuntamenti e sottolineando come a una persona che ha commesso degli sbagli più o meno gravi non sia giusto “concedere il privilegio” della sessualità e, più in generale, dei rapporti umani.

Adriano Sofri al riguardo spiega che: «Quando si parla del sesso dei detenuti viene in luce la concezione che del sesso in generale ha una società. La sessualità non le appare come una dimensione naturale, necessaria e ineliminabile della persona, bensì come una concessione […]. Desiderio sessuale e amore, non sono un di più della vita umana, da far comparire e scomparire con misure regolamentari. Sono altrettanto incancellabili come il pensiero o il battito cardiaco».

La mancanza di sessualità – ma anche di affetto nel senso più romantico del termine – porta a gravi conseguenze, spesso irreversibili. Con il passare degli anni i detenuti subiscono alterazioni e mutilazioni per quanto riguarda la vista, il linguaggio, il movimento e il sesso. Ne derivano situazioni drammatiche, con alto tasso di suicidi o tentativi di suicidio e atti di autolesionismo, sintomo di una grande sofferenza. Ci sono poi disturbi della sessualità che si protraggono anche una volta in libertà: dall’apatia sessuale al narcisismo, alla sessualità fantasmatica.

File:Female prisoner shackled in her small cell.jpg - Wikimedia Commons

Tra le altre conseguenze, abbiamo la diffusione di pratiche omosessuali tra carcerati: se l’omosessualità di per sé non comporta nulla di male, quando questa è compensatoria, imposta dalla mancanza di donne e non da propensioni personali, diventa riprovevole e sbagliata. L’HIV è un altro grande problema dovuto alla mancanza di tutela sessuale: non essendoci contraccettivi, la malattia si espande a macchia d’olio a causa dei rapporti non protetti tra prigionieri. La prostituzione è poi un altro grave effetto, dato che molti carcerati si vendono in cambio di droga o sigarette. La privacy inoltre manca non solo nel rapporto con l’altro, ma anche per quanto riguarda la propria intimità: la masturbazione nelle docce, davanti agli occhi indiscreti dei compagni, è una pratica comunissima e non è un caso se i giornali più richiesti dal carcere sono quelli pornografici, con cui molti tappezzano la propria cella. Dal costruirsi un binocolo per poter vedere qualche donna passeggiare al di là delle mura, al creare fantasiosi metodi di masturbazione, la vita in carcere è un continuo cercare di ritrovare la propria umanità negata. Inoltre, a pagare le conseguenze di una mancata tutela della sessualità e dell’affettività sono anche le compagne dei detenuti, che non hanno commesso nessun reato se non quello di amare un carcerato.

Per quanto riguarda le donne detenute, le conseguenze sono molto simili, ma si aggiunge un forte moralismo religioso in quanto molte delle carceri erano gestite fino a poco tempo fa da gruppi di suore. Essendo il sesso femminile duramente represso, fino a qualche anno fa le carote, le salsicce e perfino i cocomeri venivano tagliati rigorosamente a fettine per non far cadere le carcerate in tentazione.

Se è vero che gli sbagli del singolo non possono essere impuniti, la pena dovrebbe essere, come già detto, un processo di sensibilizzazione sotto stretta sorveglianza, e non la violazione dei diritti dell’uomo. Anche in una prigione, l’identità sociale del singolo andrebbe preservata, soprattutto se consideriamo che il soggetto, un giorno o l’altro, dovrà reintegrarsi nella società. Regolamentare e tutelare la sessualità e l’affettività nelle carceri italiane può far sì che sia ridato al mondo un individuo migliore. Perché – forse colpevoli – ma pur sempre di individui, di persone si tratta.

La prigione è una struttura che si è evoluta nel tempo, ma ancora molto può essere fatto affinché la pena risulti umana e rieducativa. Come scrive Gérard Delteil: «Resta da capire se (le prigioni) non sono obbligate a scomparire come la ruota, il patibolo, le galere e la palla al piede dei forzati».

Ceraudo Francesco, La sessualità in carcere: aspetti psicologici, comportamentali ed ambientali http://www.ristretti.it/areestudio/affetti/documenti/ceraudo.htm

Gallo Ermanno, Il sesso recluso. Un’indagine sulle carceri francesi http://www.inventati.org/apm/abolizionismo/articoli.php?step=gallo

Re Lucia, La sessualità rimossa nelle carceri italiane

http://www.zeroviolenza.it/archivio-news/item/1217-la-sessualita-rimossa-nelle-carceri-italiane

3 Comments

  1. […] Nonostante proposte di legge presentate in Parlamento, continuano a persistere trattamenti contrari al senso di umanità e che negano il diritto alla famiglia, alla salute fisica e sessuale. Bisognerebbe valorizzare invece i momenti di affettività per rinforzare i percorsi trattamentali e restituire alla società un individuo migliore (Gonnella P. in https://www.frammentirivista.it/sessualita-in-carcere-lumanita-negata-e-le-sue-conseguenze/). […]

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