di Lorenzo Pampanini
Nel penultimo episodio della quinta stagione della serie televisiva firmata HBO, realizzata da D.B. Weiss e David Benioff, Game of Thrones assistiamo alla forma cultuale del rituale barbarico per eccellenza: il sacrificio umano. Tra i sacrifici umani più diffusi ricordiamo le forme rituali delle cosiddette popolazioni pre-colombiane; soprattuto i Maya dello Yucatàn erano soliti offrire in auspicio o in forma di espiazione il sangue umano alla divinità. Nella storia occidentale rintracciamo questo tipo di situazione per lo più nelle rappresentazioni (Vorstellungen) artistiche: esempio emblematico è la tragedia attica di Euripide nella sua Ifigenia in Aulide.
Le due situazioni che ci si prospettano sono mirabilmente ricche di affinità contenutistiche. Ifigenia stando alla narrazione epico-mitologica post-omerica (Le Ciprie), sarebbe la figlia di Agamennone (Omero infatti la cita solo nel momento in cui Agamennone parla della sua progenie e nomina il nome di Ifianassa, altro nome di Ifigenia – letteralmente «potentemente nata»), che è re legittimo di Micene e, per conquista, di tutta la Grecia dal Peloponneso alla regione della Tessaglia. La situazione delle tragedia euripidea è questa: Agamennone, il Re dei re, ha convocato l’intera flotta greca in Aulide, chiamando a combattere tutti i re per dare l’assalto alle coste di Troia. Tuttavia, quando il momento di salpare per i Dardanelli giunge, si presenta un impedimento naturale (sappiamo che per i Greci antichi il divino era il referente dei fenomeni naturali, prima di tutto): una tempesta. Questa tormenta in mare impedisce il reflusso favorevole dei venti per la navigazione.
Dal canto suo, la principessa Shireen Baratheon, una ragazzina intellettualmente precoce, la quale risulta essere poco più che una bocca in aggiunta da sfamare per la guarnigione di suo padre il re, durante la marcia nel freddo Nord (dal Castello Nero a Grande Inverno), si trova a diventare un simbolo incarnato: la Sacerdotessa (l’indovino Calcante della tragedia eurepidea) del Dio rosso (R’hllor) persuade il Re ad offrire in sacrificio la figlioletta per ottenere i favori del Dio, così che li aiuti ad arrivare a destinazione prima di una atroce morte di stenti e assideramento.
Ifigenia e Shireen scomparendo, da personaggi secondari che erano, divengono il simbolo della salvezza (Shireen) e la guida del senso (Ifigenia): questo è il leitmotiv di ogni escatologia sovversiva, la cessazione di una vita è anche il sorgere dell’evento salvifico.
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