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Taiwan: l’isola contesa

dalla newsletter n. 17 - Maggio 2022 di Frammenti Rivista

17 minuti di lettura

Cosa rappresenta l’isola di Taiwan in un contesto internazionale in cui la crisi ucraina ha segnato un punto di svolta? La guerra in Ucraina sta velocemente cambiando i paradigmi del pensiero occidentale, tanto nel suo carattere introspettivo, quanto nel riflesso di sé in relazione al mondo che ci circonda. Il conflitto in corso, brutale e vicino come non mai, ha giustamente catalizzato l’attenzione su di sé, spingendo analisti, osservatori e semplici curiosi a lanciarsi in previsioni rispetto a quello che accadrà domani, che però a livello globale si deciderà anche in Estremo Oriente.

Guardando a Oriente si vede Taiwan

Uno degli effetti primari della guerra europea è stato quello di oscurare eventi a prima vista minori che accadono in luoghi più o meno remoti nel mondo: tra questi vi è sicuramente il fatto che l’EPL (Esercito Popolare di Liberazione) ha ulteriormente intensificato gli sconfinamenti nello spazio aereo dell’isola di Formosa, antico nome di origine portoghese con cui i coloni europei ribattezzarono Taiwan intorno alla metà del XVI secolo. Non si tratta come detto di un fenomeno nuovo, ma l’esercito cinese ha intensificato via via i raid nell’area, di pari passo con l’ammodernamento e l’efficientamento delle sue forze.

A volte le minacce cinesi sono suonate come delle provocazioni, come avvenuto poco più di un mese fa mentre a Roma erano in corso i colloqui tra il direttore della Commissione Affari Esteri del Partito Comunista Cinese, Yang Jiechi, il diplomatico di più alto livello di Pechino, e il consigliere per la Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan. Altre volte le operazioni hanno seguito logiche più legate alle dinamiche interne del partito, in seguito per esempio alle tensioni legate ad Hong Kong od alle elezioni politiche in corso sull’isola.

Taiwan nel Novecento

Le tensioni tra gli Stati Uniti e la Cina, relativamente all’isola, hanno radici profonde e lontane nel tempo. La prima “crisi” risale al 1954, la seconda avvenne invece solo tre anni più tardi e in entrambe le occasioni la politica del braccio di ferro da parte statunitense servì ad impedire che Mao lanciasse l’assalto all’isola al tempo governata dai nazionalisti di Chiang Kai Sheek, che vi si erano rifugiati dopo essere stati sconfitti sella terra ferma dalle forze comuniste. Vi sono ragioni per credere che l’esercito statunitense fosse disposto a usare l’arma nucleare pur di salvaguardare l’alleato nazionalista, ma complessi giochi ed equilibri, dei quali ovviamente anche Mosca faceva parte, evitarono che la situazione degenerasse. Successivamente si aprì una stagione diversa nel rapporto tra Stati Uniti e Cina continentale, segnata soprattutto dalla famosa apertura voluta fortemente dall’allora segretario di stato Henry Kissinger e culminata con l’incontro tra Mao e Nixon nel 1972.

Mao Zedong e Richard Nixon, 1972

La questione di Taiwan rimase in secondo piano durante i colloqui: l’obiettivo americano era di creare una crepa nel già fragile rapporto tra la Cina ed URSS, che difficilmente, a causa del lungo confine che condividono, della natura opposta delle loro economie e demografie e di altri fattori faticano a trovare intesa e fiducia reciproca.

Questo periodo di distensione durò circa vent’anni, quando una terza crisi, che vide di nuovo con Taiwan al centro della contesa, incrinò di nuovo i rapporti tra i due paesi, condizionandone inevitabilmente le dinamiche fino ad oggi. Nel maggio 1995 infatti, l…

Michele Corti

Nato a Lecco nel 1996, studente di Scienze Politiche. Amo la montagna in ogni sua veste, il vento in faccia in bicicletta, la musica e provo a destreggiarmi nella politica internazionale, cosa fortunatamente più semplice rispetto a quella italiana."

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