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Famiglie divise, ritorni, speranze. Voci di ucraini tra l’Italia e Kiev

Dopo tre settimane dall’inizio dell’avanzata russa in Ucraina, le famiglie divise aumentano sempre di più: c'è chi non ha la possibilità di lasciare il Paese e chi invece vuole tornare per proteggerlo. Abbiamo raccolto alcune testimonianze.

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Il telefono nella sua tasca squilla con una certa frequenza. «Scusatemi» dice e poi si congeda per un momento, agitato, prima di essere tranquillizzato dal fatto che, ancora una volta, quella telefonata non annuncia una sventura. 

Padre Ihor Horinshnyy è sacerdote cattolico di rito bizantino-ucraino della chiesa di Sant’Agostino di Aversa. La chiesa, all’interno di un centro Caritas, è il luogo di raduno di una vasta comunità ucraina che, nelle ultime settimane, si ritrova qui per pregare, ma anche per raccogliere viveri e vestiti da inviare a chi ne ha bisogno. Alcuni, i più fortunati, sono stati già raggiunti dai loro parenti, arrivati dall’Ucraina con valigie stipate dei ricordi di una vita. Altri, come padre Ihor, sono ancora divisi dai propri cari

Mia moglie e i miei due figli sono in Ucraina, a Leopoli. Al momento la situazione lì è ancora tranquilla, ma non si sa per quanto ancora. Insieme a loro c’è mia madre di 82 anni che è impossibilitata a muoversi, figuriamoci a scappare. Li ho visti l’ultima volta a febbraio quando sono tornato in Ucraina per lavoro. Sarei dovuto tornare presto, ma poi tutto è cambiato. 

Padre Ihor Horinshnyy

Proprio nella scorsa notte, ci racconta, sono arrivati dall’Ucraina 25 bambini, accolti dalle comunità locali. Un esodo, quello dei civili ucraini, che al momento ha superato i 2 milioni di profughi, più di un milione dei quali nella sola Polonia dove sono in continuo allestimento hot-spot per l’accoglienza. In Italia, secondo i dati rilasciati dal Viminale il 13 marzo, i profughi sarebbero quasi 35mila. Alcuni lasciano il Paese da soli, altri insieme a tutta la loro famiglia. Molti, invece, restano lì, per scelta o perché costretti. In totale, sono circa 236.000 gli ucraini in Italia, il 77% dei quali con un permesso di soggiorno di lungo periodo. 236.000 persone che, nelle ultime settimane, sono in contatto con i loro parenti e amici, ascoltando le loro paure e, spesso, provando a convincerli a venire in Italia

Lo zio di mia madre, insieme a suo figlio, ha dovuto arruolarsi. Tutti gli uomini tra i 18 e i 60 anni, se non nella prima fase o per motivi importanti, non possono lasciare il Paese in quanto possono combattere. A Černivci, la città da cui vengo, è rimasta anche mia nonna. Non se la sente di lasciare casa sua, al momento. In molti preferiscono restare: lasciare la casa dove hanno vissuto una vita intera sembra una follia. 

Andrey, 23 anni, in Italia come rifugiato già da diversi anni

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La situazione in Ucraina

Alcune città e zone del Paese sono lontane dall’avanzata via terra dell’esercito russo, ma nessun luogo è completamente al riparo. Anche vicino Leopoli, distante solo 25 km dal confine con la Polonia e ritenuto fino a pochi giorni fa “luogo sicuro”, ci sono stati attacchi missilistici provenienti probabilmente dalla Bielorussia. Attacchi che fanno crescere costantemente il numero di vittime tanto militari quanto civili. A Mariupol, città oggetto di una violenta offensiva, le vittime sarebbero già più di 2.500 come riferito dal consigliere della presidenza di Kiev, Oleksiy Arestovych. Le violazioni del diritto internazionale sono ormai all’ordine del giornosecondo quanto affermato da Rosemary Di Carlo, sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli Affari politici, ci sarebbero rapporti circa l’utilizzo da parte dell’esercito russo di bombe a grappolo anche nelle aree popolate da civili, il che costituirebbe una violazione della Convenzione ONU del 2008 cui, però, né Ucraina né Russia hanno aderito.

Chi resta e chi torna

Se in molti sono bloccati in Ucraina senza possibilità di attraversare il confine, alcuni non vedono l’ora di tornare per impugnare un fucile e proteggere il proprio Paese. Al 5 marzo, secondo quanto dichiarato dal ministro della Difesa ucraino, Oleksii Reznikov, circa 66.224 uomini ucraini erano già tornati dall’estero per aiutare a combattere l’invasione russa. Secondo la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johansson, al 16 marzo, sarebbero 180.000 tra uomini e donne, provenienti dall’Unione Europea. A questi, si aggiungono volontari di altre nazionalità che, nelle ultime settimane, si stanno arruolando tra le file ucraine: provengono dai Paesi confinanti, ma anche dal Messico, dal Giappone e dall’India.

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Pavlo Kozhukhar fino a un mese fa viveva a Bologna con la moglie e le figlie. Prima della guerra era a capo del settore marketing di un’azienda, poi ha deciso di tornare in Ucraina per combattere al fianco dei suoi connazionali.

Quella di tornare in Ucraina e imbracciare le armi non è stata una decisione difficile. Si tratta del nostro Paese e del futuro dei miei figli. A tutte le persone che seguono quello che sta accadendo voglio dire: non importa dove siete, aiutate l’Ucraina! 

testimonianze ucraini guerra
Pavlo Kozhukhar

Da giorni, ci racconta da Kiev, vive circondato dal rumore degli allarmi e dei bombardamenti che colpiscono anche edifici civili nell’assedio di una città che resiste e che, secondo Pavlo, riuscirà a sconfiggere l’esercito russo. E mentre i colpi di artiglieria colpiscono anche i quartieri centrali e gli esiti dei negoziati sembrano allontanarsi a un tempo impreciso, mantiene la certezza che quello che sta accadendo sia “un genocidio” della popolazione ucraina cui bisogna rispondere con ogni mezzo.

Non è una guerra guidata da obiettivi territoriali, ma dalla volontà di attaccare la nostra cultura, la democrazia e la libertà. Io resto qui, a Kiev, in attesa che mi raggiungano mia moglie e le mie figlie quando vinceremo. Poi, spero di tornare in Italia, magari sulle Dolomiti e trovare lì un po’ di silenzio e pace.

Pavlo Kozhukhar

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Gianluca Grimaldi

Napoletano di nascita, milanese d'adozione, mi occupo prevalentemente di cinema e letteratura.
Laureato in giurisprudenza, amo viaggiare e annotare, ovunque sia, i dettagli che mi restano impressi.

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