fbpx

Uluç Alì, l’italiano che comandò le navi ottomane

Uluç Alì fu un abile comandante navale del Sedicesimo secolo, che scalò rapidamente i ranghi nella marina ottomana

12 minuti di lettura

Uluç Alì (anche detto Uluj Alì, Uccialì, Uluccialì o italianizzato Occhialì) fu un abile comandante navale del Sedicesimo secolo, che scalò rapidamente i ranghi nella marina ottomana, partendo da semplice rematore, arrivando a Raʾīs (comandante delle navi) sino a Kapudan Pascià (grande ammiraglio), trovandosi al comando dell’intera flotta ottomana. Fu l’unico ufficiale turco che non solo scampò alla battaglia di Lepanto, ma riportò il suo gruppo di navi tutto intero a Costantinopoli. Ed era un italiano.

Giovan Dionigi Galeni: l’uomo che divenne Uluç Alì

Sembrerà strano, il nome arabo trae in inganno, ma questo importante ufficiale della marina ottomana, probabilmente il più importante, era davvero italiano. Figlio del marinaio Birno Galeno (originario di Motta Sant’Agata) e di Pippa di Cicco (una contadina), Giovan Dionigi nacque in Calabria, a Le Castella, località della città di Isola Capo Rizzuto, in provincia di Crotone, verosimilmente nel 1525.

La statua dedicata a Occhialì nel suo luogo di nascita, in Calabria. Foto di Ggia – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=11193381

A soli undici anni, nel 1536, durante un’incursione turca del corsaro Khayr ad-Din, fu rapito, finendo a Costantinopoli come schiavo, dove venne messo al remo delle navi, come di solito si faceva con i prigionieri, specialmente se di fede diversa. Servì (da schiavo s’intende) sotto il corsaro Ja’far. Non sono ancora ben chiari i motivi che lo spinsero però, a un certo punto, a convertirsi all’Islam rinnegando la religione cristiana.

Le fonti sulla sua biografia sono piuttosto scarse. Secondo taluni per sfuggire a un’accusa di omicidio o a una condanna a morte, forse per aver ucciso un altro schiavo con cui litigò. Una volta convertitosi, non fu abbandonato dal suo ex padrone Ja’far, che evidentemente pare avesse nutrito una certa stima per le sue doti marinaresche. Uluç Alì (“Alì il convertito”) sposò persino la figlia di Ja’far.

Scontro tra navi turche e veneziane in una raffigurazione del 1499

Da schiavo convertito e liberato a comandante delle navi

Sotto Ja’far (pare anch’egli un “rinnegato” di origine italiana) il nostro Giovan Dionigi si distinse per abilità sulle navi e per spiccate doti di comando. Ben presto divenne appunto Raʾīs (comandante), conducendo le imbarcazioni ottomane per tutto il Mediterraneo, da corsaro vero e proprio, attaccando aree costiere e scontrandosi con la flotta spagnola. Molte furono le sue imprese piratesche, soprattutto nell’Italia meridionale e nei domini del Regno di Spagna.

Intorno al 1555, nei pressi di Favignana, catturò una galera spagnola, di Pietro Mendoza. Nel 1561 a Marettimo quelle di Luigi Osorio e Vincenzo Cicala (quest’ultimo corsaro italiano d’origine genovese). Ma ben presto le azioni piratesche, da corsaro, condotte da Galeni (o Uluç Alì), si trasformarono in missioni militari. Il suo ruolo, da comandante di singole navi o di imprese da predone, diventò quello di un vero e proprio condottiero agli ordini dell’Impero ottomano, distinguendosi in importanti battaglie e operazioni.

Uluccialì, questo sarà in avvenire il nome di lui che negò la fede, avanzandosi nell’arte marinaresca e militare, d’astutia e di prudenza, venne impiegato in varie cariche, in cui troppo portossi ben col suo valore.

Domenico Martire, 1634-1704 circa, La Calabria sacra e profana
Mappa di Gerba disegnata da Piri Re’is

La battaglia di Gerba, l’assedio di Malta, il governo di Tripoli, Algeri e Tunisi

A questo punto della sua vita, all’incirca dagli anni Sessanta del Cinquecento, l’impegno militare di Uluç Alì divenne, qualcosa di più, qualcosa di concreto e definito, di valore politico. La sua figura assunse un ruolo di assoluto rilievo strategico per gli interessi della Costantinopoli ottomana. Tra gli incarichi assunti dal Galeni, il comando della flotta di Alessandria d’Egitto, tanto per iniziare.

Statua dedicata a Turghud Alì, sull’isola turca di Bodrum. Foto di Osman Yaylali – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3709028

Nel 1560 partecipò alla difesa della città di Gerba (Djerba), isola del Nord Africa assediata dalla flotta spagnola. Nel 1565 fu tra i più noti protagonisti dell’assedio ottomano all’isola di Malta, sede dell’ordine degli Ospitalieri di San Giovanni. Durante l’assedio perse la vita Dragut (o Turghud Alì), ammiraglio ottomano, vicerè di Algeri e governatore di Tripoli. A questo punto Uluç Alì divenne proprio al suo posto governatore di Tripoli, poi di Algeri (nel 1568) e nel 1574 di Tunisi.

Ripetuti furono gli scontri con la marina spagnola. Contro gli stessi spagnoli Uluç Alì cercò di fomentare, insieme agli altri ufficiali ottomani, persino rivolte, come quella di Granada. Tra le sue operazioni navali riuscite, anche l’assedio di Cruzola, in Croazia, nell’estate del 1571.

Battaglia di Lepanto, Galleria delle Carte, Musei Vaticani

La “consacrazione” durante la battaglia di Lepanto, gli onori e la morte

A consacrare definitivamente la figura di Uluç Alì (Giovan Dionigi Galeni) nella storia ottomana e più in generale islamica, fu certamente la sua brillante condotta, nonostante la battaglia persa e le gravi perdite turche, nel corso della battaglia di Lepanto (1571). Il comandante Uccialì si scontrò con le navi genovesi dell’ammiraglio Gianandrea Doria, dando del filo da torcere alla flotta cristiana. Al termine del tremendo scontro navale, riuscì a rientrare a Costantinopoli riportando intere alcune decine di navi ottomane e come trofeo, pare, persino lo stendardo dei Cavalieri di Malta.

Nella capitale ottomana fu accolto con estremi onori e celebrato trionfalmente dall’allora sultano Selim II, che gli concesse l’appellativo d’onore di Kılıç Alì (Alì la spada). A questo punto Uccialì raggiunse l’apice della carriera militare, se così possiamo definirla, nella marina ottomana, con la nomina a Kapudan Pascià (grande ammiraglio o comandante in capo) e l’incarico, dal sultano, di ricostruire la flotta turca distrutta durante la battaglia di Lepanto.

Non ci sono notizie precise sulla morte di Uluç Alì, avvenuta per alcuni storici intorno al 1587, per altri intorno al 1595. Fu seppellito nella moschea sul colle Tophane, a Istanbul. A lui sono dedicate due statue: una in Calabria, a Le Castella, dove nacque, l’altra nella stessa Istanbul dove visse, fu celebrato e morì.

La battaglia di Lepanto, dipinto di artista sconosciuto

Ipotesi sulla sua vera fede e cronisti posteriori

Più volte, in base però a cronache non sempre confermate e supportate fa precise fonti, si è messa in discussione la sincera conversione all’Islam di Giovan Dionigi Galeni (Uluç Alì). Abbiamo visto, difatti, come alla base della conversione vi fosse, tuttavia, già inizialmente la necessità di fuggire a una qualche accusa o a un qualche pericolo per la sua vita. Per altri cambiò “bandiera” per opportunità. Non mancano, tuttavia, anche altre ipotesi, su un suo ipotetico autentico orientamento spirituale.

Secondo alcuni storici e cronisti posteriori, in realtà Galeni rimase segretamente e intimamente cristiano. Alcune leggende sul suo conto, forse frutto di miscugli con altre biografie di “convertiti”, citano anche un ipotetico suo incontro con la madre, nella terra d’origine, in Calabria, che lo avrebbe rinnegato a sua volta per la sua scelta di convertirsi all’Islam. Secondo taluni altri, Uluç Alì avrebbe più volte, in terra ottomana, protetto e difeso cristiani e comunità di cristiani, manifestando una certa tolleranza o forse un certo rispetto verso la sua fede d’origine.

Ancora alcuni cronisti raccontano di ipotetici episodi di magnanimità di Uluç Alì, divenuto ormai comandante arabo, nei confronti dei prigionieri cristiani finiti sulle sue navi. Tra gli autori che hanno riportato dettagli biografici sul conto di Uluç Alì, Japoco Martino e Domenico Martire (due ecclesiastici di età moderna), ma anche il benedettino Diego de Haedo, originario della Spagna, tra il Sedicesimo e il Diciassettesimo secolo, nonché il francese Francois Dan. Ad Uluç Alì l’Università della Calabria ha intitolato il proprio Laboratorio sul Mediterraneo Islamico.

Fortificazione angioino-aragonese a Le Castella, in Calabria, luogo di nascita di Occhialì

Non abbiamo grandi editori alle spalle. Gli unici nostri padroni sono i lettori. Sostieni la cultura giovane, libera e indipendente: iscriviti al FR Club!

Segui Frammenti Rivista anche su Facebook e Instagram, e iscriviti alla nostra newsletter!

RIFERIMENTI E SUGGERIMENTI:

  • Valentina Zecca, Una pagina delle relazioni tra Calabria e Nord Africa. Occhialì e il fenomeno dei rinnegati nel XVI e XVII secolo, in Occhialì – Rivista sul Mediterraneo islamico, n°1, 2017
  • Uluç Alì Pascià, Wikipedia
  • Vito Teti, Gian Giacomo Martini e Uluccialì alias Kilic Alì Pasha: aspetti della ricostruzione dell’identità calabrese tra XVI e XVII secolo, in La Calabria del Viceregno Spagnolo. Storia, arte e architettura, 2009
  • Pier Giovanni Donini, Il mondo islamico. Breve storia dal Cinquecento ad Oggi, 2015
  • Gustavo Valente, Vita di Occhialì, 1960
  • Bartolomé Bennasar, I Cristiani di Allah. La straordinaria epopea dei convertiti all’islamismo nei secoli XVI e XVII, 1991
  • Fernand Braudel, Civiltà e imperi nel Mediterraneo nell’età di Filippo II, 1953
  • Uccialì, Enciclopedia Treccani

Paolo Cristofaro

Nato nel 1994, si è laureato in Lettere e Beni Culturali all'Università della Calabria. Presso lo stesso ateneo ha conseguito poi la laurea magistrale in Scienze Storiche, con una tesi di ricerca sul Medioevo. Collaboratore di quotidiani e riviste, è iscritto all'albo dei giornalisti pubblicisti.

Lascia un commento

Your email address will not be published.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.